Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 284 del 12/12/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 284 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MACRI’ UBALDA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Bilello Laura, nata a Palermo il 27.4.1960,
avverso l’ordinanza in data 20.6.2017 del Tribunale del riesame di Palermo,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso,
udito per il ricorrente l’avv. Sciullo Salvatore, quale sostituto processuale
dell’avv. Mangione Angelo del foro di Catania che ha concluso riportandosi al
ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 20.6.2017 il Tribunale del riesame di Palermo ha
parzialmente accolto l’istanza con cui Bilello Laura ha chiesto il riesame
dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari della stessa città in data
5.5.2017 che aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente dei suoi
beni, ritenuti il profitto del delitto di cui all’art. 2 d. Lgs. 74/2000 (capi I, L, M ed
N) fino alla concorrenza della somma di C 511.516,00, riducendo la somma di C
41.897,00.

Data Udienza: 12/12/2017

2. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 606,
comma 1, lett. b), c.p.p., in relazione agli art. 1, lett. a), 2 ed 8, d. Lgs.
74/2000, 125, 321 c.p.p., 1, comma 143, L. 244/2007, 322 ter c.p.p.
Premette che in materia di reati fiscali, le presunzioni tributarie possono
concorrere a corroborare il fumus commissi delicti nella fase incidentale della
cautela reale a condizione che, però, non trovino smentita nelle contrarie
allegazioni difensive. Nella specie, le era stato contestato, in qualità di legale
rappresentante del Olimpo Service S.r.l., che aveva annotato ed utilizzato nelle

ditte Persico Cristina e Studio P. S.r.l., così consentendo al Consorzio di evadere
le imposte di cui ai valori in sequestro, anche se il Tribunale del riesame aveva
ridotto parzialmente l’entità del sequestro. Afferma che la Olimpo Service S.r.l.,
costituita nel 2007, aveva stipulato un contratto di partnership con il colosso
olandese TNT Post Italia S.p.A. (oggi Nexive), per conto del quale si impegnava
ad eseguire, sull’intero territorio siciliano, i servizi postali “privati”.
Come già descritto diffusamente nella memoria del 16.6.2017, l’Olimpo
Service espletava il servizio attraverso una piattaforma informatica di esclusiva
proprietà e controllo della TNT con accesso a mezzo credenziali. Dopo aver
ripercorso e spiegato tutte le fasi del servizio, precisa che solo il ritiro delle
cartelle dal centro di smistamento di Catania e la preparazione, iscatolamento, e
facchinaggio della corrispondenza nonché rientro presso il centro di smistamento
di Catania erano state eseguite dalla sua società che provvedeva alla
rendicontazione alla TNT con cadenza mensile. Tutto il processo era sottoposto a
controllo, anche a mezzo GPS, sicché l’attività era stata espletata certamente.
Per questo motivo, la Commissione tributaria provinciale di Palermo con la
sentenza n. 3408/05/16 aveva annullato l’avviso di accertamento fondato sugli
accertamenti della Guardia di Finanza, perché vi era la prova dell’esecuzione
materiale della prestazione e del suo pagamento da parte del Consorzio. Alle
medesime conclusioni era giunto il Tribunale del riesame di Palermo, nel
connesso procedimento penale n. 151189/15, nascente dalla medesima verifica
fiscale e relativo alla Lampo Service S.r.l., anch’essa aderente al Consorzio
Stabile Olimpo. La Persico, inoltre, aveva ammesso che per l’esecuzione delle
prestazioni di trasporto dei colli le ditte Persico e Studio P si erano avvalse di
personale e mezzi “in nero”.
Conclude che non v’era il fumus del reato contestato, perché le eventuali
irregolarità delle operazioni non erano sintomatiche della loro inesistenza.

3. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett.
b), c.p.p. in relazione agli art. 125, comma 3, 321 c.p.p.

2

relative dichiarazioni annuali le fatture per operazioni inesistenti emesse dalle

Il Tribunale a) non aveva compreso la natura e dimensione dell’attività
oggetto di fatturazione, sovrapponendola a quella del Consorzio e delle società
consorziate, laddove si trattava di attività di facchinaggio e trasporto dei colli,
semplici e rudimentali; b) non aveva tenuto conto della sentenza della
Commissione tributaria provinciale e della decisione del Tribunale del riesame nel
procedimento collegato; c) non aveva risposto alla doglianza difensiva di natura
logica e giuridica, secondo la quale il pagamento delle fatture a favore delle due
ditte, in assenza della prova anche indiziaria della retrocessione delle somme ad

Consorzio per effettuare l’evasione avrebbe dovuto pagare molto di più; d) aveva
valorizzato l’assenza di forma scritta del contratto, circostanza del tutto
irrilevante; e) aveva immotivatamente escluso la residuale e subordinata ipotesi
d’inesistenza soggettiva delle prestazioni con ogni differenza consequenziale
nell’applicazione dell’IVA e dell’IRES; f) aveva valorizzato la presunta inidoneità
imprenditoriale della Persico e l’irreperibilità del Faillla, quando era certo che le
ditte Persico Cristina e studio P. erano amministrate di fatto da Pecora Giacomo,
ossia dal commercialista cui si erano rivolte la Olimpo Service S.r.l. ed il
Consorzio Stabile Olimpo per l’individuazione delle ditte disponibili a curare il
trasporto dei colli postali.

4. Con il terzo motivo, denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett.
b), c.p.p., in relazione all’art. 1 d. P.R. n. 180/1950, 125, comma 3, 321 c.p.p.,
1, comma 143 L. n. 244/2007, 322 ter c.p.p. All’udienza del riesame in data
19.6.2017 aveva prodotto la documentazione fiscale, modelli 770 e CUD degli
ultimi dieci anni da cui era emerso che era stata stipendiata ininterrottamente
dall’Olimpo Service S.r.l. e dalla Lampo Service S.r.l., che tale trattamento
retributivo rappresentava la sua unica fonte di reddito e che l’importo degli
emolumenti era tale da giustificare il possesso delle somme e dei risparmi
sequestrati. Il Tribunale aveva ritenuto indimostrata la provenienza delle somme
e dei valori appresi dal vincolo reale, mentre avrebbe dovuto spiegare per quale
motivo tali atti non erano sufficienti a dimostrare i presupposti richiesti dall’art. 1
d.P.R. n. 180/1950. Inoltre, aveva ritenuto che la norma attenesse alla fase
esecutiva dell’individuazione dei beni da cautelare, di esclusivo dominio del
Pubblico ministero. La ricorrente censura tale asserto anche per violazione degli
art. 2 e 24 Cost., nonché della Convenzione europea. Chiede pertanto
l’annullamento dell’ordinanza impugnata perché affetta da errores in procedendo
ed in iudicando.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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esso ricorrente, non avrebbe prodotto alcun vantaggio ma solo danni perché il

4. Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di
sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei
vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così, tra le più recenti, Sez.
2, n. 18951 del 14.3.2017, Napoli e altro, Rv 269656; Sez. 6, n. 6589 del

Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13/2/2004, P.C.
Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre rientra nel
sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una
motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità
manifesta). Infatti il controllo operato dai giudici di legittimità investe la
congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento
(in tal senso, Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv.
242916; Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050
del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).
4.1. La ricorrente sostanzialmente contesta il fumus dei reati contestati,
dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui
all’art. 2 d. Lgs. 74/2000, commessi con la presentazione delle dichiarazioni
annuali ai fini IRES ed IVA dell’ Olimpo Service S.r.l. in relazione agli anni 2009,
2010, 2011 e 2012, chiedendo che questa Corte ripercorra tutto il ragionamento
del Tribunale del riesame nella valutazione degli indizi.
4.2. Tale valutazione, come spiegato, non è possibile in questa sede in cui
la Corte si limita a verificare l’integrazione della violazione di legge che
certamente non ricorre perché l’ordinanza impugnata ha ripercorso tutti gli
argomenti difensivi ed ha motivato le ragioni del diniego, non trascurando di
osservare che le questioni relative alle somme sequestrabili esulano dalla sua
cognizione per investire la fase esecutiva di spettanza del Pubblico ministero.
4.3. In definitiva, la motivazione del Tribunale di Palermo è ampia e solida
con riferimento al

fumus,

anche considerata la riduzione dell’entità del

sequestro, e va in questa sede confermata, siccome il ricorso non ha evidenziato
elementi eclatanti che escludano in radice il presupposto della misura adottata.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto
che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del
procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in
data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
4

10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893, SSUU., n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov,

causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende

Il Consigliere estensore
Ubalda iMactrì
I i

sidente
P ro Savani

Così deciso, il 12 dicembre 2017.

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