Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28388 del 20/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28388 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIANNI GIUSEPPE N. IL 18/03/1959
avverso la sentenza n. 4082/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott../;;;– ,e, P;
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che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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Data Udienza: 20/03/2013

GIANNI Giuseppe ricorre per Cassazione avverso la sentenza 7.2.2012 con
la quale la Corte d’Appello di Roma lo ha condannato alla pena di mesi
dieci, giorni 20 di reclusione e 300,00 £ di multa per la violazione dell’art.
648 cp.
La difesa richiede l’annullamento della decisione impugnata e deduce:
§1.) ex art. 606 I” comma lett. E) cpp, vizio di motivazione in ordine alla
mancata derubricazione del delitto in violazione dell’art. 624 cp. La difesa
sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto procedere ad una diversa
qualificazione giuridica del fatto, sulla base delle dichiarazioni rese
dall’imputato nella fase di cui all’art. 415 bis cpp. La difesa sostiene altresì
che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare l’esistenza dell’atto in
questione, essendo suo onere, in caso contrario dichiarare la nullità del
decreto di citazione a giudizio ex art.
§2.) ex art 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione perchè non è
stata riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui al Il” comma dell’art. 648 cp. A
tale proposito la difesa afferma che il valore del bene oggetto della
ricettazione, doveva essere considerato di particolare tenuità, dovendosi
tenere conto: a) delle condizioni di manutenzione del veicolo e dell’età di
fabbricazione; b) del carattere di offensività minima dell’illecito. La difesa
sostiene infine che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare il fatto
riconducibile alla fattispecie di cui al Il’ comma dell’art. 648 cp, in
coerenza con il fatto che al prevenuto erano già state riconosciute le
attenuanti generiche sul presupposto che il fatto doveva essere ritenuto
“modesto”.
§3.) ex art. 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione perchè la Corte
d’Appello ha ritenuto di determinare il trattamento sanzionatorio nei limiti
di cui all’art. 81 cpv. Cp.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato in tutti i suoi aspetti.
Con il primo motivo il ricorrente ripropone in questa sede quanto era già
stato oggetto di doglianza nel giudizio di appello. Sul punto la Corte
territoriale ha risposto in modo adeguato ponendo in evidenza come non
fosse nella sua disponibilità il verbale delle dichiarazioni rese dall’imputato
nella fase di cui all’art. 415 bis cpp.
Si tratta, nella specie di un atto che non rientra fra quelli oggetto di
produzione ex art. 431 cpp nè risulta essere stato allegato dalla difesa;
quest’ultima, prendendo spunto da un inciso contenuto nella sentenza in
ordine all’eventuale nullità del decreto ex art. 552 cpp, per il caso in cui
fosse stato omesso l’avviso di cui all’art. 415 bis cpp, sostiene che sarebbe
stato onere della Corte territoriale rilevare l’esistenza o meno dell’atto
processuale assumendo le consequenziali determinazioni.
La prospettazione difensiva è infondata; l’omissione dell’avviso di cui
all’art. 415 bis cpp è una ipotesi di nullità a c.d. regime intermedio, che
deve essere rilevata entro i termini previsti dall’art. 180 cpp. Trattandosi di

MOTIVI DELLA DECISIONE

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 20.3.2013

nullità che si realizza nel corso delle indagini preliminari essa doveva essere
dedotta entro la conclusione del giudizio di primo grado; la nullità in
questione non risulta essere stata dedotta entro i termini di legge, di qui
consegue che nessun onere incombeva al giudice dell’appello. Va peraltro
osservato che dalla lettura della sentenza della Corte d’Appello non si
evince alcuna omissione degli oneri connessi all’ari 415 bis cp, posto che il
Tribunale nell’ordinanza 5.4.2004 fa cenno proprio del verbale di
interrogatorio reso dall’imputato nella fase della conclusione delle indagini
preliminari. Di qui consegue che manca la prova che si sia verificata una
nullità, con conseguente infondatezza della doglianza. Per il resto il motivo
si risolve in censure di merito che non possono essere prese in
considerazione in sede di legittimità.
11 secondo motivo di ricorso è inammissibile. Il ricorrente, sostenendo che il
fatto ascritto all’imputato doveva essere considerato nei limiti di cui al II”
comma dell’ari 648 cp, induce a giudizi di merito attinenti al valore del
mezzo o alla sua vetustà e alla valenza dell’atto. Sul punto la Corte Romana
[v. Pag. 4] ha reso motivazione adeguata, fondando il proprio giudizio non
solo con riguardo al valore del mezzo oggetto di ricettazione, ma
considerando il “fatto” nella sua globalità, prendendo in considerazione
anche l’aspetto soggettivo dell’autore del reato e constatando che
quest’ultimo ha trentanove precedenti penali per reati contro il patrimonio;
la valutazione in termini negativi della pers onalità dell’agente, considerata
alla luce dei precedenti penali, costituisce motivazione adeguata e nel merito
non censurabile, nella valutazione del “fatto” secondo quanto previsto dal
secondo comma dell’art. 648 cp.
Con riferimento alla richiesta formulata dalla difesa di riconoscere
all’imputato la continuazione tra il reato di cui al presente procedimento
penale e quello del tentativo di furto per il quale l’imputato è stato arrestato
e separatamente processato, va osservato che la Corte territoriale ha reso
motivazione adeguata rilevando come la incertezza della data nella quale
l’imputato è venuto in possesso del ciclomotore non consente di ritenere che
la “ricettazione” dello stesso si collochi in un rapporto di collegamento
programmatico con i restanti delitti per i quali è stato sottoposto a giudizio
penale. La motivazione è ineccepibile e sfugge ad ogni censura in diritto.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese processuali

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