Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28381 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28381 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: VERGA GIOVANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAPUCCI FILIPPO N. IL 09/09/1974
avverso la sentenza n. 6272/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;

Data Udienza: 08/04/2014

Il ricorso di Capucci Filippo è inammissibile perché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente
denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed
ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione,
esaurientemente argomentando circa la pronuncia di responsabilità e la qualificazione giuridica
dei fatti. Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano
interpretate nel pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con
esattezza le regole giuridiche e della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno
giustificato la conferma delle conclusioni di colpevolezza in ordine a tutti i reati.
Deve aggiungersi che il ricorrente sotto il profilo del vizio di motivazione, sollecita alla Corte
una diversa lettura dei dati di fatto non consentita in questa sede. Il giudizio di cassazione,
rimane infatti sempre un giudizio di legittimità, nel quale rimane esclusa la possibilità che la
verifica sulla correttezza e completezza della motivazione (cui deve limitarsi la corte di
cassazione) possa essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito.
Nel caso di specie va anche ricordato che ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè
doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso, di assoluzione) per cui il vizio di
travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione
del provvedimento di secondo grado.
Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento
della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non
esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere
fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non
potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutimi” con recuperi in
sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi
di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice
(Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130).
Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio
già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante è giunto alla
medesima conclusione in punto di responsabilità.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di
colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle spese del
procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1.000,00 (mille) euro

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di 1.000,00 euro.
l

OSSERVA

Così deliberato in Roma 1’8.4.2014

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