Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28368 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28368 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
BARI

nel procedimento a carico di
SGARRA MICHELE, nato a Andria il 4.2.1966

avverso la sentenza del 3/11/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Trani

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Di Stasi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale M.G. Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Data Udienza: 13/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, decidendo sulla
richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con sentenza del 3/11/2014,
assolveva perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ai sensi dell’art.
129 cod.proc.pen., Sgarra Michele, imputato del reato di cui all’art. 256, comma
1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, perché, in assenza di autorizzazione e senza
il F.I.R. (formulario identificativo dei rifiuti), conferiva alla ditta “Ecologia Figli

1.390.
In particolare, il Giudice riteneva che la mera attività di “conferimento” di
rifiuti, così come contestata nell’imputazione, non rientrasse tra le condotte
espressamente previste dalla fattispecie incriminatrice (“attività dì raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento ed intermediazione”), e che non fosse
consentita, in tal senso, una analogia in malam partem; inoltre, non avendo il P.M.
specificato l’autorizzazione in assenza della quale la condotta assumerebbe
rilevanza penale ai sensi dell’art. 256 d.lgs. 152 del 2006, il fatto contestato va
qualificato come trasporto di rifiuti in assenza del formulano, che – ai sensi dell’art.
258, comma 4, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo siano “le imprese
che raccolgono e trasportano propri rifiuti non pericolosi”, e, ai sensi dell’art. 260

bis, comma 7, d.lgs. 152/2006, nel caso in cui il soggetto attivo sia il trasportatore
– viene sanzionato come mero illecito amministrativo.
L’indicazione, nell’imputazione, del formulario neppure potrebbe implicare la
contestazione del trasporto – condotta per la quale ne è prevista la necessità -, in
quanto non provata.
Infine, mancando la prova di un’attività sistematica e professionale di raccolta
e trasporto dei rifiuti, va altresì esclusa l’integrazione dell’art. 256 d.lgs. 152/2006,
trattandosi di attività occasionale.

2. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte
di Appello di Bari, chiedendo l’annullamento della sentenza, e deducendo i vizi di
violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione.
Lamenta la qualificazione attribuita alla condotta di “conferimento”,
contraddittoriamente ritenuta non rientrante nella fattispecie di cui all’art. 256
d.lgs. 152/2006, ma nondimeno attratta nel paradigma normativo del trasporto in
assenza di formulario.
Deduce che la condotta accertata consiste nell’attività di trasporto di materiale
ferroso, rientrante nelle fasi di gestione dei rifiuti indicate dall’art. 256 T.U. amb.,

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Pellicani” di Pellicani Giovanni, con sede in Ruvo di Puglia, rifiuti metallici, per kg.

e, sebbene occasionale, e non professionale, deve essere sottoposta al regime
autorizzativo di cui agli artt. 212 e ss. d.lgs. 152 del 2006.

3. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha
chiesto l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata, ribadendo le censure proposte, ed evidenziando,
altresì, che in caso di prova insufficiente il Gip, richiesto dell’emissione di un
decreto penale di condanna, non può emettere sentenza di proscioglimento ai

degli atti al P.M.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato.
Giova, al riguardo, premettere che le questioni di diritto proposte coincidono,
pressochè totalmente, con quelle già affrontate da questa Corte nella decisione di
numerosi ricorsi presentati in altri procedimenti seriali originati presso il Tribunale
di Cuneo, e decisi all’udienza del 07/01/2016.
Va pertanto operato un espresso richiamo alle decisioni emesse, e, tra esse,
in particolare a Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, in quanto
già oggetto di massimazione.

2. Quanto alla ritenuta lacunosità del compendio probatorio posto a
fondamento della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con
particolare riferimento alla integrazione della condotta di “trasporto”, è pacifico
che il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui
confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di
condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 cod. proc.
pen., e non anche perchè la prova risulti mancante, insufficiente o contraddittoria
ai sensi dell’art. 530, comma secondo, stesso codice, posto che queste categorie,
in quanto non richiamate dall’art. 129 citato, possono acquisire rilievo soltanto
quando le parti, compreso il P.M., abbiano potuto esercitare compiutamente, nella
sede a ciò destinata, il diritto alla prova (Sez. 3, n.45934 del 09/10/2014, Fusco,
Rv.260941; ex multis, Sez. U, n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375, che a loro
volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data,
rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi; conf. sez. 5, n.
18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849).
2.1. Nel caso in esame non soltanto non ricorre la mancanza assoluta della
prova non integrabile nelle fasi successive, cui pure fa riferimento la citata

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sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., dovendo al contrario disporre la restituzione

pronuncia delle S.U. n. 18 del 1995, unico requisito legittimante un
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. dal G.i.p. investito della richiesta ex
art. 459 cod. proc. pen., ma in realtà la decisione fonda sulla ritenuta carenza
probatoria concernente l’attività di trasporto del materiale conferito un
ragionamento congetturale, per desumerne una carenza di professionalità ed una
occasionalità della condotta dalla quale trarre, a sua volta, elemento per affermare
la carenza di tipicità.
Tuttavia, la pretesa incompletezza probatoria avrebbe dovuto imporre,

pubblico ministero procedente.

3. La ratio decidendi della sentenza impugnata è incentrata sulla pretesa
mancanza di tipicità della condotta accertata e contestata.
Al riguardo, va innanzitutto rilevata l’erroneità dell’affermazione di diritto
contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il “conferimento” di rifiuti
non rientra nella fattispecie di gestione abusiva di rifiuti di cui all’art. 256, comma
1, lett. a, d.lgs. 152 del 2006; sia sufficiente osservare che il “conferimento”
allude, con linguaggio `gergale’ (sebbene recepito anche dalla legislazione
settoriale, ad es. nell’art. 188, comma 3, T.U. amb.), alla condotta di commercio
di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto; è altresì evidente
che la formulazione dell’imputazione è funzionale alla descrizione del fatto storico,
la cui qualificazione giuridica è rimessa, nel solco dell’indicazione delle norme di
legge violate, al giudice; escludere la condotta di “conferimento” dall’area di
tipicità della fattispecie di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, d.lgs. 152/2006, sol
perché non riproduce lessicalmente una delle condotte – pur materialmente
integrate – descritte dalla classica ‘norma a più fattispecie’, la cui latitudine
ermeneutica ed applicativa si estende pacificamente a tutte le fasi di gestione dei
rifiuti, sarebbe analogo all’esito ermeneutico di un proscioglimento dal reato di
omicidio, sol perché l’imputazione descrive il fatto storico di “ammazzare” un
uomo, anziché “cagionare la morte” di un uomo.
Altrettanto erronea appare la qualificazione della condotta accertata in termini
di mero trasporto senza il formulario identificativo dei rifiuti, in ragione del
richiamo contenuto nell’imputazione; trattandosi dì fatto diverso, ed ulteriore
rispetto al trasporto e commercio abusivo, il relativo illecito può essere suscettibile
di autonoma sanzione amministrativa, ma non può ritenersi assorbente del
disvalore penale della gestione abusiva.
Anche il rilievo attribuito dalla sentenza alla omessa specificazione delle
“prescritte autorizzazioni” è erroneo, in quanto, all’evidenza, l’autorizzazione

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nell’ambito del procedimento ‘monitorio’ attivato, la restituzione degli atti al

necessaria per la gestione di rifiuti è quella, richiamata dalla norma incriminatrice
di cui all’art. 256, comma 1, lett. a, disciplinata dall’art. 212 cligs. 152 del 2006.

4. In ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta in ragione della
occasionalità, va ribadito che, trattandosi di illecito istantaneo, ai fini della
configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs 152 del 2006,
è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative
tipizzate dalla fattispecie penale (Sez. 3, n. 8979 del 2/10/2014, dep. 2015,
Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631;
Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del
13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605), purchè costituisca una “attività” e non sia
assolutamente occasionale.
La nozione di assoluta occasionalità è stata al riguardo approfondita da Sez.
3, n. 29992 del 24/06/2014, Lazzaro, Rv. 260266, che ha chiarito che la fattispecie
di cui all’art. 256, comma primo, d.lgs. n. 152 del 2006, la quale sanziona le
attività di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione
o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del
medesimo d.lgs., è configurabile anche con riferimento alle condotte di raccolta e
di trasporto esercitate in forma ambulante e con una minima organizzazione, salva
l’applicabilità della deroga di cui al comma quinto dell’art. 266 del d.lgs. 152 del
2006, per la cui operatività occorre che il soggetto sia in possesso del titolo
abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del
d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo
commercio.
Al riguardo, l’orientamento è stato ribadito dalla già richiamata Sez. 3, n. 5716
del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836, alla quale è possibile rinviare quanto
all’apparato argomentativo, che ha, altresì, affermato: “Ai fini della configurabilità
del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del
soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti
titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché
non sia caratterizzata da assoluta occasionalista (Nella specie il carattere non
occasionale della condotta è stato desunto dall’esistenza di una minima
organizzazione dell’attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione
di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre
distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e
cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito
dall’imputato)”).
Pertanto, l’assoluta occasionalità non può essere desunta esclusivamente
dalla natura giuridica del soggetto agente (privato, imprenditore, ecc.), dovendo

invece ritenersi non integrata in presenza di una serie di indici dai quali poter
desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente
solipsistica della condotta (ad es., dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione,
necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, fine di profitto
perseguito). In altri termini, se un soggetto – anche, come nel caso di specie,
mero “detentore” di rifiuti – appresta una serie di condotte finalizzate alla gestione
di rifiuti, mediante preliminare raccolta, raggruppamento, trasporto e vendita di
rifiuti, pur non esercitando in forma imprenditoriale, pone in essere una “attività”

abilitativi.
Evidentemente il profilo della assoluta occasionalità sarà oggetto precipuo
della valutazione di fatto rimessa al giudice del merito, e dunque questione
essenzialmente probatoria, e, ove congruamente motivata, non sarà suscettibile
di censura in sede di legittimità.
Va, infine, evidenziato che l’art. 30 della I. 28/12/2015, n. 221 (c.d. legge
sulla Green Economy) ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 188 d.lgs. 152 del
2006, secondo cui: “Il produttore iniziale o altro detentore dei rifiuti di rame o di
metalli ferrosi e non ferrosi che non provvede direttamente al loro trattamento
deve consegnarli unicamente ad imprese autorizzate alle attività di trasporto e
raccolta di rifiuti o di bonifica dei siti o alle attività di commercio o di
intermediazione senza detenzione dei rifiuti, ovvero a un ente o impresa che
effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti o ad un soggetto pubblico o privato
addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità all’art. 212, comma 5, ovvero al
recupero o smaltimento dei rifiuti, autorizzati ai sensi delle disposizioni della parte
quarta del presente decreto. Alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di
metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all’art. 266, comma
5,,.
4.2. Nel caso di specie, e limitandosi alla condotta che risulta contestata
nell’imputazione, risulta che il trasporto ed il conseguente commercio di rifiuti
ferrosi, !ungi dall’essere connotato da assoluta occasionalità, denota un minimum
dì organizzazione, atteso che la raccolta di ben 1.390 kg. di rifiuti metallici implica
una preliminare fase di raggruppamento e cernita dei soli metalli, il trasporto di
un tale consistente quantitativo di rifiuti necessita di un apposito veicolo, adeguato
e funzionale al contenimento degli stessi, ed il commercio è evidentemente
finalizzato all’ottenimento di un profitto.

5. La sentenza impugnata va dunque annullata con trasmissione al Tribunale
di Trani, per l’ulteriore corso.
P.Q.M.

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di gestione di rifiuti per la quale occorre preliminarmente ottenere i necessari titoli

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli atti
al Tribunale di Trani.

Così deciso in Roma il 13/04/2016

Il Consigliere estensore

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