Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28356 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28356 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Pierpaoli Francesca, nata a Osimo (AN), il 30/03/1969,

avverso l’ordinanza del 11/05/2015 della Corte di appello di L’Aquila;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’annullamento
senza rinvio dell’ordinanza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di
appello di Campobasso.

RITENUTO IN FATTO

1.La sig.ra Francesca Pierpaoli ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del
11/05/2015 della Corte di appello di L’Aquila che ha dichiarato inammissibile la
richiesta di revisione del decreto penale di condanna pronunciato nei suoi
confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quel capoluogo il
10/03/2011, esecutivo il 11/03/2013, per il reato di cui agli artt. 81, cpv., cod.

Data Udienza: 30/03/2016

pen., 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con
modificazioni dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 (omesso versamento delle
ritenute operate a titolo previdenziale e assistenziale sulle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori dipendenti nel periodo che va dal mese di novembre
2008 a quello di ottobre 2009).
1.1.Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., la violazione dell’art. 634, cod. proc. pen. (in relazione agli artt. 630,
648 e 631, codice di rito) e travisamento della prova.

medesimo reato perché estinto a seguito di integrale pagamento della somma
dovuta non è una sentenza di non luogo a procedere emessa all’esito di udienza
preliminare (come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello), bensì una
sentenza resa ai sensi dell’art. 129, cod. proc. pen., a seguito di opposizione ad
altro decreto penale di condanna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.11 ricorso è fondato.

3.In effetti, la sentenza che ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti della ricorrente, perché i medesimi reati oggetto del revocando decreto
penale sono estinti a seguito dell’integrale pagamento, ai sensi dell’art. 2,
comma 1-bis, d.l. n. 463, cit., delle somme non versate, è stata emessa dal
giudice per le indagini preliminari il 27/08/2013 a seguito di opposizione ad altro
decreto penale di condanna. Ancorché irritualmente (ma ormai irrevocabilmente)
adottata in una fase che non lo consente (Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010,
Zedda, Rv. 246910), la sentenza in questione non è stata emessa all’esito
dell’udienza preliminare, come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, e
fissa in modo irreversibile l’accertamento di un fatto inconciliabile con quello
posto a fondamento del decreto penale del 10/03/2011.
Peraltro, come correttamente evidenziato dal PG nella sua requisitoria
scritta, la sentenza del 27/08/2013 ha anche una valenza processuale diversa da
quella attribuitale dall’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., poiché essa
documenta la sopravvenienza di prove (l’integrale, tempestivo pagamento della
somma non versata) di per sé sufficiente a rendere quantomeno non
inammissibile la richiesta di revisione.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla
Corte di appello di Perugia per le ragioni di seguito indicate.

Deduce, al riguardo, che la sentenza (“di confronto”) che lo ha assolto dal

4

4.Con legge n. 167 del 2014, il Governo è stato delegato, tra l’altro, a
«trasformare in illecito amministrativo il reato di cui all’articolo 2, comma 1bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 , convertito, con modificazioni,
dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 , purché l’omesso versamento non ecceda
il limite complessivo di 10.000 euro annui e preservando comunque il principio
per cui il datore di lavoro non risponde a titolo di illecito amministrativo, se
provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla
notifica dell’avvenuto accertamento della violazione»,

stato previsto che l’omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali e
assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti costituisce illecito
amministrativo se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui,
applicandosi, in tal caso, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a
euro 50.000 (art. 3, comma 6).
Secondo quanto dispone l’art. 8, comma 1, le disposizioni del d.lgs. n. 8 del
2016 che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano
anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del
decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con
sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.
Nel caso in esame l’importo delle somme non versate è palesemente
inferiore alla soglia dei 10.000 euro annui, ma il decreto penale di condanna
resta, fin quando (e se) non sarà deciso il contrario, irrevocabile. Sicché delle
due l’una: o esso, in caso di accoglimento della richiesta, verrà revocato (perché
il reato è stato effettivamente estinto ben prima della sua depenalizzazione), ed
allora resterà la sentenza irrevocabile di proscioglimento; oppure non lo sarà, ed
in tal caso resterà l’irrevocabilità del decreto che impedisce al ricorrente di
giovarsi della sopravvenuta depenalizzazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso il 30/03/2016.

Il Governo ha attuato la delega con d.lgs, 15 gennaio 2016, n. 8, con cui è

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