Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28355 del 21/05/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28355 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Balla Ka, n. a Touba (Senegal) il 08/04/1976;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari in data 24/07/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale T. Baglione, che ha concluso per l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24/07/2012 la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la
sentenza del Tribunale di Cagliari di condanna di Balla Ka per il reato di cui
all’art. 171 ter della I. n. 633 del 1941 in relazione alla detenzione per la vendita
di 47 CD musicali, 16 CD PlayStation e 28 DVD contraffatti e privi del
contrassegno Siae.

Data Udienza: 21/05/2013

2. Ha proposto ricorso l’imputato che con un primo motivo lamenta la violazione
degli artt. 581 e 585 c.p.p. in relazione all’art. 117 Cost. avendo la Corte
dichiarato inammissibili i motivi nuovi di impugnazione, riguardanti la
configurabilità del reato contestato, in quanto non riguardanti i capi e i punti
della decisione impugnata con l’originario atto d’appello, unicamente coinvolgenti
il solo trattamento sanzionatorio; deduce infatti, in proposito, che la causa di
assolutoria discendente dalla inapplicabilità di disposizioni interne ritenute
incompatibili con la normativa europea a seguito di sentenza della Corte di
giustizia; nella specie, quindi, anche a prescindere da uno specifico motivo di
gravame, sarebbe stato obbligo della Corte territoriale quello di verificare la
conformità della pronuncia di condanna alla normativa europea, e, in caso di
ravvisata difformità, di disapplicare la disciplina interna.

3. Con un secondo motivo lamenta l’inosservanza di norme stabilite a pena di
inutilizzabilità e di inammissibilità in relazione all’inopponibilità del contrassegno
Slae per fatti anteriori al 21 aprile 2009; deduce che, nonostante la formale
dichiarazione di inammissibilità dell’appello, la Corte ha comunque esaminato la
questione della inapplicabilità delle disposizioni relative al contrassegno Siae,
ritenendo infondata la doglianza con motivazione tuttavia errata e illogica,
avendo attribuito, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, alla mancanza
del contrassegno il valore di indizio ai fini dell’accertamento dell’abusiva
duplicazione; tale valore Indiziante avrebbe anzi rivestito nell’economia
motivazionale del provvedimento un ruolo decisivo attesa l’ inidoneità degli altri
elementi, ovvero la diversità dagli originali delle custodie utilizzate e la natura di
fotocopie delle copertine, indicati nella motivazione.

4. Con un terzo motivo lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione laddove, una volta venuta meno la legittima utilizzazione in chiave
indiziaria della mancanza del contrassegno, l’accertamento della abusiva
duplicazione è stato fondato esclusivamente sulla presentazione esterna dei
supporti desumibili dalla semplice percezione visiva, senza verificare il contenuto
degli stessi (per potere accertare la non genuinità di un prodotto, si osserva, è
necessario che si conosca il prodotto originale per poterlo confrontare con quello
ritenuto abusivo); in altri termini si sarebbe ritenuta sussistente una abusiva
duplicazione senza sapere se e cosa sia stato effettivamente duplicato.

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inammissibilità dell’impugnazione non potrebbe impedire una pronuncia

5. Con un ultimo motivo di manifesta illogicità della motivazione ci si duole della
sentenza impugnata ove, con motivazione meramente apodittica, si è ritenuta la
pena pecuniaria del tutto congrua e proporzionata a fronte dell’adozione di una
pena base calcolata a partire da euro 2.700,00 in luogo del minimo edittale di
euro 2.582,00.

7. Il ricorso è inammissibile.

La Corte d’appello di Cagliari, dopo avere osservato che l’atto di gravame
originariamente proposto conteneva unicamente censure in merito alla
determinazione del trattamento sanzionatorio, ha ritenuto inammissibili i motivi
nuovi successivamente sollevati dal Difensore dell’imputato con i quali ci si
doleva, nel merito, della ritenuta sussistenza del reato contestato. Tale
decisione, contestata dal ricorrente con il primo motivo di ricorso, è legittima.
Va anzitutto rammentato che, come più volte affermato da questa Corte, i motivi
nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di
inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati
nell’originario atto di gravame, ai sensi dell’art. 581, comma 1, lett. a), c.p.p.
(tre le altre, Sez. 6, n. 27325 del 20/05/2008, Rv. 240367; Sez. U. n. 4683 del
25/02/1998, Rv. 210259); si è sostenuto, e va qui ribadito, che ove si
addivenisse ad una diversa conclusione, dovrebbe innanzitutto ammettersi che il
sistema delle impugnazioni creato dal legislatore del 1988 al fine di concentrare
Il gravame in unico atto onde rendere più rigido e snello il sistema stesso, ne
verrebbe sostanzialmente sconvolto, determinandosi una non consentita elusione
del termine iniziale di cui all’art. 585 c.p.p. stabilito a pena di inammissibilità; e
ne conseguirebbe altresì la necessità di una diversa interpretazione del termine
“motivi” in quanto, mentre nell’art. 581 lett. c) c.p.p., sarebbero stati usati come
argomenti a sostegno della impugnazione contro i punti o i capi
obbligatoriamente indicati, nell’art. 585, comma 4, c.p.p., avrebbero il senso di
doglianze mosse genericamente avverso il provvedimento e, quindi, contro punti
o capi diversi da quelli originariamente indicati. Ma, in tal modo, verrebbe
completamente alterato lo schema fissato dall’art. 581 c.p.p. in cui la indicazione
dei punti o capi rappresenta elemento avente la specifica funzione di delimitare il
devolutum. Ove si ammettesse l’applicabilità del principio secondo cui i motivi

nuovi possano prescindere dai capi o punti originariamente specificati,
risulterebbe completamente frustrata la formulazione dell’art. 581 c.p.p. che
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CONSIDERATO IN DIRITTO

rappresenta un principio fondamentale di delimitazione dell’ambito di operatività
della impugnazione.
Ciò posto, e riaffermato pertanto in tal modo un principio che neppure il
ricorrente pone in discussione, bene ha fatto altresì la Corte a ritenere che le
fosse conseguentemente preclusa, in ragione appunto della inammissibilità,
sostanzialmente ricollegabile alla tardiva presentazione, dei motivi di gravame
alla decisione di primo grado (pur avendo poi, per tuziorismo, ritenuto di dover
ribadire la idoneità degli elementi di prova acquisiti a far ritenere integrata la
contestata condotta di contraffazione dei supporti audio – video). Tale
conclusione è stata però, come già riepilogato sopra, contestata dal ricorrente
sul presupposto della rilevabilità, sempre e comunque, da parte del giudice, e
dunque anche a fronte di un ricorso inammissibile, della incompatibilità della
disposizione incriminatrice con la normativa comunitaria. In particolare il
ricorrente ha ricordato quegli arresti giurisprudenziali che, facendo leva sulla
sostanziale equiparabilità tra norma da disapplicare perché incompatibile con la
disciplina comunitaria e norma inapplicabile perché abrogata o dichiarata
costituzionalmente Illegittima, ha applicato anche alla prima ipotesi il principio di
prevalenza, ex art. 129 c.p.p., sulla declaratoria di inammissibilità per manifesta
infondatezza del ricorso, della statuizione assolutoria nel merito (Sez. 7, n.
48054 del 16/11/2011, Mogio, Rv. 251588; Sez. 1, n. 39566 del 05/10/2011,
Rv. 251176; Sez. 3, n. 38033 del 03/07/2008, Mollica, Rv. 241280; Sez. 7, n.
21579 del 06/03/2008, Boujilaib, Rv. 239960; contra, però : Sez. 3, n. 29895
del 08/06/2011, Mbay, Rv. 251080).
E tuttavia, ove anche si trascurasse di considerare che, nella specie, la Corte
d’appello cagliaritana ha dichiarato inammissibili i motivi di appello aggiunti non
perché manifestamente infondati, bensì perché, sostanzialmente, tardivi e, si
prescindesse, dunque, dal considerare che alcune delle pronunce appena
ricordate hanno espressamente escluso la valenza del principio affermato proprio
con riguardo all’impugnazione inammissibile in quanto tardiva (cfr.,
segnatamente, Sez. 3, n. 38033 del 03/07/2008, Mollica, Ry. 241280), va
pregiudizialmente rilevato che l’incompatibilità che, secondo il ricorrente,
consentirebbe il travalicamento dei limiti di ammissibilità del ricorso, appare
riguardare, per effetto della sentenza 8 novembre 2007, Schwibbert, della Corte
di Giustizia CE, una disciplina, ovvero quella, vigente al momento dei fatti,
relativa alla apposizione del contrassegna Siae ai supporti audio-video, a ben
vedere non rilevante nella specie, posto che a tale incompatibilità non potrebbe
mai conseguire una declaratoria di liceità penale della condotta che, sola,
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aggiunti, ogni valutazione circa il merito dell’affermazione di responsabilità di cui

appunto, potrebbe superare il dato della inammissibilità del ricorso; ed infatti,
premesso che a Balla è stato contestato il reato di cui all’art. 171 ter, comma 1,
lett. c) I. n. 633 del 1941, ovvero la detenzione per la vendita di cd e dvd
contraffatti, essendo stata, invece, la mancanza del contrassegno unicamente
valutata come indizio della contraffazione o duplicazione, l’inapplicabilità della
disciplina ritenuta incompatibile con la normativa comunitaria potrebbe, al più,
contrassegno non ricollega neppure il valore di mero indizio (tra le altre, Sez.
3, n. 45955 del 15/11/2012, Celentano, Rv. 253880; Sez.3, n. 24823 del
05/05/2011, Abdou, Rv. 250653; Sez. 3, n. 44892 del 22/10/2009, Sambee, Rv.
245273), mancante la prova della sussistenza del reato ma giammai non
previsto, lo stesso, come illecito penale.
Consegue, dunque, a quanto sin qui enunciato, l’inammissibilità dei primi tre
motivi del ricorso, tutti fondati su un presupposto giuridico che, come appena
visto, deve ritenersi nella specie inapplicabile.
8. Anche il quarto motivo, volto a censurare la determinazione del trattamento
sanzionatorio, è inammissibile.
Va ricordato che, come da costante affermazione di questa Corte, allorquando la
pena venga compresa nel minimo o in prossimità del minimo, la motivazione non
deve necessariamente svilupparsi in un esame dei singoli criteri elencati nell’art.
133 c. p., essendo sufficiente il riferimento alla necessità di adeguamento al caso
concreto (tra le tante, Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, Iunco, Rv. 227685);
nella specie la Corte territoriale ha già posto in rilievo il limitato scostamento
della pena dal minimo edittale (euro 2.700 in luogo di auto 2.582) del tutto
congruo e proporzionato con riferimento all’art. 133 c.p.
9. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. L’inammissibilità
del ricorso preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa
l’estinzione del reato per prescrizione, maturata in data 27/08/2012 e dunque
successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo detto ricorso
inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione (cfr., per tutte,
Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
10. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta
equa, In favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.

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portare a ritenere, a fortiori seguendo la giurisprudenza che alla mancanza del

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deciso, in Roma il 21 maggio 2013

Il Presidente

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