Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28354 del 23/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28354 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cottini Diego, nato a Fumane il 28/5/1957
avverso l’ordinanza del 10/9/2015 del Tribunale dì Verona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giulio Romano, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 settembre 2015 il Tribunale di Verona ha respinto la
richiesta di riesame presentata da Diego Cottini nei confronti del decreto di
sequestro preventivo del 7 agosto 2015 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Verona, avente ad oggetto bottiglie di vino ed etichette, sottoposte a
sequestro in relazione al reato di cui all’art. 517 ter cod. pen.
Ha evidenziato, in particolare, il Tribunale che dagli atti di indagine era
emerso che nelle bottiglie di vino sequestrate all’indagato, destinate al mercato
danese, non erano presenti i vitigni corvino, croatina e rondinella,
contrariamente a quanto risultante dalle indicazioni presenti sulle etichette
apposte sul retro delle bottiglie relativamente alla composizione del vino, in
guisa tale da indurre in inganno i consumatori sulle caratteristiche di provenienza

Data Udienza: 23/03/2016

dei vini, aventi una composizione non corrispondente a quella riportata sulle
etichette. Ciò violava la disposizione dell’art. 7 del regolamento del Ministero
delle Politiche agricole del 13 agosto 2012, attuativo del regolamento CE
1234/2007, che limita l’utilizzabilità dei vitigni corvina e croatina esclusivamente
alla produzione dì vini DOP e IGP del Veneto e della Lombardia.
Il Tribunale ha, inoltre, evidenziato che il fatto ascritto all’indagato avrebbe
comunque potuto rientrare nella previsione dell’art. 515 cod. pen., nella forma
tentata, essendo palese la diversità della composizione qualitativa del vino e
della sua provenienza rispetto alle indicazioni dei vitigni riportate nelle etichette

sulle bottiglie.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, mediante il suo
difensore, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale, in quanto
i fatti contestati non potevano rientrare nella previsione dell’art. 517 quater cod.
pen., non essendo, tra l’altro, state contestate contraffazione o alterazione dei
prodotti sequestrati e non potendo, comunque, indicazioni difformi rispetto
all’effettiva composizione del vino rientrare nella nozione di contraffazione della
denominazione.
Ha inoltre esposto che non esisteva un prodotto agroalimentare protetto
dalla indicazione geografica o dalla denominazione di origine, in quanto il vino
prodotto dalla società amministrata dal ricorrente, denominato 3airo – Vino del
Lago, è un prodotto privo dì IGP e DOC, come indicato anche nelle etichette
apposte sulle bottiglie sequestrate, con la conseguenza che non poteva neppure
astrattamente configurarsi il reato contestato, non essendosi verificata alcuna
contraffazione o alterazione di altri prodotti.
Ha aggiunto che la violazione dell’art. 7 d.M. politiche agricole alimentari e
forestali 13/8/2012, relativo alla etichettatura dei vini privi di denominazione o
indicazione, costituisce violazione amministrativa.
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato difetto di motivazione in ordine
alla dimostrazione dei gravi indizi del reato ipotizzato, per le incertezze, dovute
alla mancata esecuzione di analisi chimiche sul vino, in ordine alla effettiva
composizione dello stesso.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato mancanza di motivazione in ordine al
pericolo nel ritardo, evidenziando l’omessa considerazione della disponibilità del
ricorrente a procedere a nuova etichettatura delle bottiglie omettendo
l’indicazione delle uve.

3. Il Procuratore generale ha concluso nella sua requisitoria scritta per
l’inammissibilità del ricorso, evidenziando come il ricorrente avesse omesso di
2

L I,

L

considerare che il Tribunale aveva prospettato la possibile qualificazione del fatto
come violazione dell’art. 515 cod. pen. e l’inammissibilità della deduzione di vizi
di motivazione nella materia della impugnazione di provvedimenti relativi a
misure cautelari reali, avendo comunque il Tribunale dato atto del pericolo nel
ritardo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata
violazione di legge penale, per l’errata configurazione del reato di cui all’art. 517
quater cod. pen., giova ricordare che il delitto previsto da tale disposizione
configura il nuovo reato di contraffazione di indicazioni geografiche o
denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Si tratta di un delitto doloso procedibile d’ufficio e punito con la reclusione
fino a due anni e con la multa fino ad euro 20.000. Il reato è integrato dalle
condotte di contraffazione od alterazione dei segni distintivi (indicazioni e
denominazioni) di origine geografica e da quelle di introduzione nel territorio
dello Stato, detenzione per la vendita, offerta in vendita diretta ai consumatori e
messa in circolazione dei prodotti con i segni mendaci.
Tale nuova figura di reato afferma in maniera esplicita la rilevanza penale
della contraffazione e dell’alterazione delle indicazioni geografiche e delle
denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, fornendo una tutela anche
più ampia di quella riconducibile all’art. 517 cod. pen., perché l’art. 517 quater
cod. pen. non richiede l’idoneità delle indicazioni fallaci ad ingannare il pubblico
dei consumatori, orientando la tutela verso gli interessi economici dei produttori
Molati ad utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni d’origine.
Per la sussistenza del reato non è richiesto che l’origine del prodotto
agroalimentare sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 digs. 30/2005 (codice della
proprietà industriale), attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui
contraffazione potrà dunque integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474
,
s’
cod. pen., attesa la diversità dei beni giuridici tutelati e la mancata previsione
nell’art. 517 quater cod. pen. di clausole di riserva.
La punibilità del reato è comunque condizionata dal quarto comma della
disposizione al rispetto della normativa interna, comunitaria ed internazionale,
posta a tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei
prodotti agroalimentari.
Ora, nella vicenda in esame, è stata prospettata la violazione dell’art. 517
quater cod. pen. in relazione alla detenzione per la messa in commercio dì

3

Il ricorso è fondato solo in relazione al terzo motivo.

bottiglie di vino, denominato “Jairo Vino del Lago”, pacificamente privo dì
denominazione di origine protetta e di indicazione geografica protetta, nella cui
composizione non sono presenti i vitigni corvina, croatina e rondinella,
contrariamente a quanto riportato nelle etichette, apposte sul retro delle
bottiglie.
Non si versa, dunque, in una ipotesi di riproduzione o imitazione di una
denominazione di origine o di una indicazione geografica protette, posto che il
nome del vino sequestrato non è protetto da alcuna privativa e non reca la

protetta; neppure la indicazione contraria al vero della presenza dei vitigni
croatina e corvina consente di ravvisare la contraffazione o alterazione di
denominazione di origine o indicazione di origine protette, non essendo i vitigni
l’oggetto della protezione bensì i vini prodotti mediante l’impiego degli stessi.
Tale indicazione determina, però, come inizialmente ipotizzato dal Pubblico
Ministero ed indicato anche dal Tribunale di Verona nella ordinanza impugnata
quale ipotesi alternativa, la possibile configurabilità del tentativo di frode
nell’esercizio del commercio di cui all’art. 515 cod. pen., in ragione della diversa
composizione del vino detenuto per il commercio dall’imputato rispetto a quanto
indicato nelle etichette apposte sul resto delle bottiglie, con la conseguente
sussistenza dei gravi indizi di tale reato, che comportano l’infondatezza del
motivo dì ricorso in esame, potendo la condotta contestata al ricorrente essere
qualificata come violazione tentata di detta disposizione ed essendo il relativo
potere sempre attribuito al giudice della cautela, sia pure limitatamente a tale
fase incidentale.

2. Il secondo motivo, mediante il quale è stato denunciato vizio di
motivazione, per la sua contraddittorietà, in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di responsabilità, è inammissibile, in quanto il ricorso per cassazione contro
ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso
solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli
“errores in iudicandou o In procedendo”, sia quei vizi della motivazione così
radicali da rendere il complesso argomentativo posto a sostegno del
provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile

il

percorso logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua,
Rv. 226710. V. anche Sez. 3, Sentenza n. 29084 del 2015, Favazzo, Rv.
264121; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baroni°, Rv. 264011; Sez. 6, n. 6589
del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini,
Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916; Sez. 5, n.
8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255).
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menzione di prodotti con denominazione di origine o indicazione geografica

Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale di Verona, nel respingere l’istanza di
riesame presentata dall’indagato, ha affermato l’esistenza dei gravi indizi di
responsabilità sulla base di quanto emergente dalle etichette apposte sulle
bottiglie in sequestro, pur in assenza di indagini chimiche sulla composizione del
vino, di cui ha affermato la necessità, e tale motivazione non risulta né
mancante né irragionevole, ben potendo nella fase delle indagini desumersi i
gravi indizi di responsabilità in ordine alle caratteristiche di un prodotto dalle
etichette apposte sullo stesso dal medesimo produttore.

3. Il terzo motivo, mediante il quale è stata denunciata l’insufficienza della
motivazione in ordine alla esistenza del pericolo nel ritardo, soprattutto tenendo
conto della disponibilità manifestata dall’imputato a modificare le etichette
apposte sulle bottiglie di vino in sequestro, eliminando dalle stesse l’indicazione
delle uve impiegate per la produzione del vino, è fondato, in quanto al riguardo il
Tribunale, pur dando della disponibilità manifestata dall’imputato, ha ritenuto
comunque esistente il pericolo, senza, tuttavia, illustrare il pregiudizio derivante
dalla messa in commercio di vino che non abbia alterato o contraffatto
denominazioni di origine o indicazioni geografiche protette e non presenti
neppure indicazioni mendaci circa la sua composizione.
Ne consegue la necessità di annullare l’ordinanza impugnata sui punto, con
rinvio al Tribunale di Verona per nuovo esame riguardo alla esistenza delle
esigenze cautelari, anche tenendo conto della disponibilità manifestata dal
ricorrente a modificare le etichette apposte sul retro delle bottiglie di vino, ed il
rigetto del ricorso nel resto.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato limitatamente alle esigenze cautelari con
rinvio al Tribunale di Verona.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/3/2016

Ne consegue l’inammissibilità della censura.

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