Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28353 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28353 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI ROCCO ITALO N. IL 06/07/1981
CIARELLI ARMANDO N. IL 04/05/1963
avverso la sentenza n. 1704/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 05/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 08/04/2014

1. Con sentenza in data 05/12/2012, la Corte di Appello di
L’Aquila confermava la sentenza pronunciata in data 09/12/2010 con la
quale il tribunale di Teramo aveva ritenuto DI ROCCO Italo e CIARELLI
Armando responsabili dei delitti di usura ed estorsione ai danni di

2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, con
separati ricorsi, hanno proposto ricorso per cassazione.

3. DI ROCCO Italo, in proprio difensore, ha dedotto:
3.1. ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE per avere la Corte territoriale
confermato la sentenza di primo grado nonostante non fosse stato
provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sua penale responsabilità
atteso che la persona offesa non era attendibile. Inoltre la Corte non
aveva motivato sia sull’elemento psicologico che sugli elementi materiali
del reato;
3.2. quanto al reato di estorsione, la Corte lo aveva
erroneamente riferito alla persona di esso ricorrente;
3.3. immotivata era, infine, la dosimetria della pena.

4. CIARELLI Armando, in proprio, ha dedotto l’eccessività della
pena inflittagli.

5. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati.
Quanto al ricorso del Di Rocco, la censura di cui al § 3.1., va
ritenuta null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede
di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o
contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di
mero merito, va dichiarata inammissibile.

1

Laurantoni Anacreonte.

La censura di cui al § 3.2., è così generica da non consentirne
neppure lo scrutinio.
Infine, le censura dedotte da entrambi i ricorrenti in ordine alla
dosimetria della pena, sono manifestamente infondate in quanto la

deve ritenersi congrua ed adeguata e, quindi, non censurabile in questa
sede di legittimità, essendo stato correttamente esercitato il potere
discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento
sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche.
In conclusione, entrambe le impugnazioni sono inammissibili a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibili i ricorsi e
CONDANNA
i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma
di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

motivazione addotta dalla Corte territoriale a pag. 3 della sentenza,

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