Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28345 del 23/04/2018

Penale Sent. Sez. 1 Num. 28345 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
LIVORNO
nel procedimento a carico di:
A.A.

avverso l’ordinanza del 17/10/2017 del TRIBUNALE di LIVORNO
sentita la relazione svolta dal Consiix GkUSEPPE SANTtLU
lette/sentite le conclusio i del PG

Data Udienza: 23/04/2018

Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Livorno, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la temporanea
inefficacia dell’ordine di esecuzione emesso nei confronti di A.A. per l’espiazione di una
pena residua di anni 3 e mesi 8 di reclusione, rilevando che il condannato aveva proposto
istanza di affidamento in prova ex articolo 47, comma 3-bis, ord. pen., che per l’accesso al
beneficio ha riguardo a pene detentive da espiare non superiori a quattro anni. Ha quindi
ritenuto che l’articolo 656, comma 5, c.p.p. debba essere interpretato in stretto raccordo con

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Livorno, che ha dedotto il vizio di violazione di legge. L’articolo 656, comma 5,
c.p.p. impedisce interpretazioni dirette a consentire la sospensione dell’ordine di esecuzione
per pene da espiare superiori a tre anni di pena detentiva.
Il procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Il pubblico ministero ricorrente ha fatto leva sulla giurisprudenza di questa Corte
antecedente alla pronuncia con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 656, comma 5, c.p.p.
L’orientamento interpretativo a cui si fa riferimento era nel senso che “ai fini della
sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in prova ai servizi
sociali ai sensi dell’art. 47, comma 3-bis, ord. pen., il limite edittale cui il pubblico ministero
deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione

ex art. 656, commi 5 e 10,

c.p.p. è quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa
l’istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad
anni quattro” – Sez. I, 21 settembre 2017, n. 46562, G., C.E.D. Cass., n. 270923 -.
Si era poi detto – Sez. I, 26 settembre 2017, n. 54128, M., n.m. – che la concessione
dell’affidamento in prova al servizio sociale per pene da eseguire non superiori a quattro anni
non poteva avere applicazione automatica, implicando una valutazione di merito del tribunale
di sorveglianza, a differenza di quel che attiene alla sospensione dell’ordine di esecuzione,
disciplinata dall’articolo 656 comma 5 c.p.p. in termini automatici.
Da qui l’affermazione dell’impossibilità di attribuzione al pubblico ministero di un potere
sostitutivo, neppure in via preliminare e provvisoria, tenuto conto che il potere di sospensione
dell’ordine di esecuzione è di stretta interpretazione, e quindi la conclusione, qui condivisa, che
“ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in
prova ai servizi sociali ai sensi dell’art. 47, comma 3-bis, ord. pen., il limite edittale cui il
pubblico ministero deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione ex art. 656,
commi 5 e 10, c.p.p. è quello di tre anni, essendo rimessa al tribunale di sorveglianza ogni

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l’articolo 47, comma 3-bis, ord. pen.

valutazione circa l’istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua,
non superiore ad anni quattro”.
Come si è ricordato in premessa, la Corte costituzionale – sentenza n. 41 del 2018 – ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, del codice di procedura penale,
nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospende l’esecuzione della pena
detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a
quattro anni.

l’ordine di esecuzione della pena detentiva, così da renderlo corrispondente al termine di
concessione dell’affidamento in prova allargato, il legislatore non è incorso in un mero difetto
di coordinamento, ma ha leso l’art. 3 Cost. Si è infatti derogato al principio del parallelismo
senza adeguata ragione giustificatrice, dando luogo a un trattamento normativo differenziato di
situazioni da reputarsi uguali, quanto alla finalità intrinseca alla sospensione dell’ordine di
esecuzione della pena detentiva e alle garanzie apprestate in ordine alle modalità di incisione
della libertà personale del condannato”.
Il ricorso pertanto deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 23 aprile 2018

Ha rilevato a tal fine che “mancando di elevare il termine previsto per sospendere

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