Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28343 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28343 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE MICHELE CARLO N. IL 13/07/1967
nei confronti di:
D’ARCANGELO LORENZO N. IL 06/10/1965
avverso la sentenza n. 571/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
21/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 08/04/2014

1. Con sentenza in data 21/11/2012, la Corte di Appello di
L’Aquila confermava la sentenza pronunciata in data 23/09/2010 con la
quale il tribunale di Chieti aveva assolto D’Arcangelo Lorenzo dal reato
di appropriazione indebita nei confronti di De Michele Carlo, perché il

2. Avverso la suddetta sentenza, la parte civile DE MICHELE
Carlo, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
deducendo la manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte
territoriale assolto l’imputato senza neppure disporre una CTU contabile
e basandosi solo sulla poco attendibile testimonianza della teste
Giannetti.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La censura, infatti, riproposta con il presente ricorso, va ritenuta
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
LA Corte, infatti, ha spiegato le ragioni per cui: a) la richiesta
perizia «dal momento che la deposizione della teste Giannetti è idonea a
rendere dubbia anche un’eventuale perizia favorevole alla parte civile,
sicchè la stessa non può ritenersi dirimente, e, dunque, indispensabile»;
b) la teste Giannetti era da ritenersi attendibile; c) le circostanze
dedotte dall’imputato aveva trovato conferma anche nelle dichiarazioni
rese dai testi D’Arcangelo Vera e D’Arcangelo Anna.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità,
carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata
tutta su una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e,
quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna

1

fatto non sussiste.

It

del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.

DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.

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