Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28341 del 08/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28341 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI RONZA FRANCO N. IL 08/07/1947
avverso la sentenza n. 11426/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
26/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 08/04/2014

1. Con sentenza in data 26/06/2013, la Corte di Appello di Roma
confermava la sentenza pronunciata in data 13/01/2011 dal tribunale
della medesima città nella parte in cui aveva ritenuto DI RONZA Franco
colpevole dei delitti di riciclaggio ex art. 648 bis cod. pen. (per avere
compiuto operazioni finalizzate ad ostacolare la provenienza delittuosa

di una società gestita dall’imputato, quindi ad emettere un bonifico su
un c/c acceso da tale Maggiorino dal quale veniva prelevato sia dal Di
Ronza che dallo stesso Maggiorino) e di ricettazione di due moduli di
carta d’identità.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha
proposto ricorso per cassazione deducendo:
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 BIS cod. pen.

in quanto il fatto

addebitatogli non era sussumibile nella suddetta fattispecie essendosi
esso ricorrente limitato a girare il denaro ad un terzo;
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 648 COD. PEN. perché esso ricorrente era
inconsapevole della provenienza delittuosa dei moduli.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La censura, di cui al § 2.1., è manifestamente infondata in diritto
in quanto, incontestate le modalità dei fatti, correttamente la Corte
territoriale ha applicato il principio di diritto enunciato da questa Corte di
legittimità secondo il quale «Integra il delitto di riciclaggio il compimento
di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a
rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o
delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista
nell’aggirare la libera e normale esecuzione dell’attività posta in essere.
(Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di reato in
relazione ad una condotta consistita nella ricezione di somme di
provenienza illecita su conti correnti personali e nella successiva
effettuazione di operazioni bancarie comportanti ripetuti passaggi di
denaro di importo corrispondente su conti di diverse società,
oggettivamente finalizzate alla “schermatura” dell’origine delle

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del denaro provento di una truffa provvedendo ad accreditarlo su un c/c

disponibilità)» Cass. 3397/2012 riv 254314; Cass. 47375/2009 Rv.
246434; Cass. 43534/2012 Rv. 253795; Cass. 24548/2013 Rv. 256815.
La censura di cui al § 2.2., va ritenuta null’altro che un modo
surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova
valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame

del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente
disatteso la tesi difensiva confutando, uno per uno, tutti quegli stessi
motivi riproposti, in modo tralaticio, con il presente ricorso. Pertanto,
non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o
contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di
mero merito, va dichiarata inammissibile.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e

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