Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28340 del 31/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28340 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
Argento Angelo, n. a Sommatino il 09/09/1954;
Argento Nunzio Salvatore, n. in Francia il 06/10/1983;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma in data 24/06/2014;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale S. Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Argento Angelo e Argento Nunzio Salvatore hanno proposto ricorso avverso
la sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha confermato la sentenza del
Tribunale di Roma di condanna per il reato di cui agli artt. 40, comma 1, lett. b),
e comma 4, nonché 61 del d. Igs. n. 504 del 1995 in relazione alla sottrazione,
per conto della Arlub International s.r.I., di ohi lubrificanti al pagamento
dell’imposta di consumo e dell’Iva nell’arco temporale dal 03/08/2004 al
07/11/2006 attuata mediante l’acquisto degli olii da diverse società francesi e
belghe e la rivendita degli stessi a diverse società scortata da XAB
rappresentativa del pagamento in realtà mai avvenuto.

Data Udienza: 31/03/2016

2. Con un unico motivo si lamentano della mancanza fisica della motivazione e
della manifesta illogicità e violazione di legge in relazione alle doglianze difensive
contenute nell’atto di appello. In particolare evidenziano come la sentenza
una

contenga esclusivamente

motivazione che richiama integralmente le

deduzioni del giudice di primo grado omettendo di motivare sulle ragioni volte a

critica rispetto agli argomenti esposti nell’atto richiamato, in tal modo venendo
reso impossibile il controllo seguito sull’iter argomentativo seguito dal giudice per
disattendere i rilievi effettuati con l’atto d’impugnazione; ìn particolare la dìfesa
aveva prospettato l’individuazione del momento generatore dell’obbligo del
pagamento dell’accisa in quello dell’immissione in consumo e non in quello della
fabbricazione o della importazione. Prima dell’immissione al consumo l’onere
tributario si trova infatti in regime di sospensione per chi si limiti a trasportare il
prodotto dal fornitore al soggetto che in ragione dell’attività svolta sia in
condizione di metterlo in consumo. Tale rilievo è stato completamente eluso
dalla sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.
Le censure sollevate, invero, per gran parte risolventisi in astratte petizioni di
principio, appaiono inconferenti rispetto alle argomentazioni della sentenza
impugnata da leggersi, peraltro, unitariamente al contenuto della sentenza di
primo grado, espressamente richiamato dai giudici di appello.
In particolare, la sentenza impugnata ha ribadito che il soggetto che ha
effettuato la prima immissione sul territorio nazionale dei quantitativi di
provenienza comunitaria è stata appunto, nel periodo 2004 – 2006, la Arlub
s.r.I., riconducibile, senza contestazioni sul punto, agli odierni ricorrenti, che ha
infatti incontestatamente proceduto all’acquisto degli stessi dalla società francese
S.a.r.1. Alpi (presso la quale Argento Angelo era responsabile delle vendite); detti
quantitativi venivano poi rivenduti a società italiane facendo figurare l’avvenuto
pagamento delle accise.
Ciò posto, i ricorrenti si limitano a lamentare che l’immissione in consumo, quale
momento generatore del pagamento dell’imposta, sarebbe concretamente
avvenuta, per quanto è dato comprendere, in capo alla Feraboli S.r.l., ovvero la
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confutare i motivi promossi dalla difesa. È mancata dunque ogni valutazione

società destinataria finale, senza però considerare che per i prodotti di
provenienza comunitaria l’immissione in consumo si verifica all’atto del
ricevimento della merce da parte del soggetto acquirente (art. 61, comma 1,
lett. c), n.2 del d.lgs. cit.).
Ne consegue dunque, come anticipato, l’inammissibilità del ricorso, di per sé
ostativa della possibilità di prendere atto della prescrizione del reato, specie se,

(Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266), con conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di
denaro di euro 1.500 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 31 marzo 2016

Il Con

estensore

Il Presidente

come nel giudizio in esame, maturata successivamente alla sentenza impugnata

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