Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28336 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28336 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCALERA ITALO N. IL 07/11/1933
avverso l’ordinanza n. 613/2012 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
14/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 07/05/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

t Con ordinanza in data 14.11.2012 il Tribunale per il riesame di Roma rigettava
l’appello proposto dalla difesa di Scalera Italo avverso l’ordinanza dell’11 giugno
ricorrente, concesso in locazione alla Genesys s.r.l. ed oggetto di decreto di
sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente, emesso dal G.I.P. presso
Il Tribunale di Roma il 7 febbraio 2012, in relazione al reati di cui all’articolo 2634,
comma 1, e 2638 commi 1 e 2 c.c..
Premetteva il Tribunale che, con l’atto di appello, la difesa lamentava l’illegittimità
del sequestro, perché avente ad oggetto un bene immobile acquistato 38 anni
prima della consumazione dei fatti oggetto di imputazione, come tale privo di
qualsiasi nesso di causalità con i reati contestati.
Inoltre la decisione del G.I.P. era censurata anche con riferimento al rigetto
dell’Istanza di autorizzazione a percepire direttamente II canone di locazione
dell’immobile, formulata in via subordinata, disconoscendo la sussistenza in capo
all’amministratore giudiziario del diritto di incamerare i proventi derivanti dall’affitto
dell’immobile; si evidenziava, in proposito, che gli oneri legati alla proprietà
dell’immobile ricadono sempre sul ricorrente e che l’obbligo imposto al conduttore
di corrispondere il canone di locazione all’amministratore giudiziario, anziché al
ricorrente, causava un pregiudizio all’immagine del medesimo, ellminabile mediante
l’autorizzazione richiesta.
Il Tribunale di Roma rigettava l’appello, osservando, quanto al primo motivo, che
nelle ipotesi in cui la misura cautelare reale sia funzionale alla confisca per
equivalente non è richiesto alcun rapporto pertinenziale tra reato e beni
assoggettati al vincolo cautelare, per cui risulta irrilevante la data di acquisto di un
Immobile sequestrato (Sez. 5, n. 13277 del 24/01/2011, Farioli, Rv. 249839);
quanto al secondo motivo, rilevava che in base all’articolo 104 bis disp. att. c.p.p.,
qualora il sequestro preventivo abbia ad oggetto aziende, società o beni di cui sia
necessario assicurare l’amministrazione, l’autorità giudiziaria nomina un
amministratore, il quale ha gli stessi poteri del proprietario, comprensivi del diritto
di riscuotere i frutti, destinati a subire la sorte del bene principale fino alla
concorrenza della soglia del profitto confiscabile.
Con l’odierno ricorso vengono dedotti quattro motivi di impugnazione:
a) Inosservanza erronea applicazione la legge penale, con riferimento all’articolo
2641 c.c.. Il ricorrente ricorda di aver acquistato l’immobile nel dicembre 1974 e di

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2012, reiettiva dell’istanza di dissequestro di un immobile di proprietà del

averlo locato alla Genesys s.r.l. allo scopo di percepire una somma per pagare a
sua volta il canone di locazione di altro immobile, adibito ad uso di studio; ribadisce
che a norma dell’articolo 2641 c.c il sequestro preventivo può avere ad oggetto
solamente beni pertinenti il reato e che tale caratteristica è sicuramente da
escludere con riferimento all’immobile;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento
all’articolo 104 bis disp. att. c.p.p., perché la richiesta di percepire direttamente i
dissequestro, non contrasta con la misura adottata né con la disposta
amministrazione giudiziaria, che tende alla migliore conservazione del bene e non
già ad un suo sfruttamento di carattere economico;
c) inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento
all’articolo 321 c.p.p., perché la misura cautelare reale richiedeva la libera
disponibilità del bene da parte dell’indagato, che nel caso concreto doveva essere
esclusa, perché egli non ne aveva né il possesso, né la detenzione qualificata, per
averla trasferita alla società locataria, e perché il bene era conferito in un fondo
patrimoniale costituito con il coniuge, a norma dell’articolo 167 e ss. c.c.;
d) inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento
all’articolo 369 c.p.p., perché il sequestro preventivo è stato eseguito prima della
notifica dell’informazione di garanzia, con conseguente nullità per violazione del
diritto di difesa dell’imputato, a norma dell’articolo 178, comma 1, lettera C, c.p.p.,
nullità assoluta ed insanabile e dunque rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del
procedimento, a prescindere dalla mancata deduzione da parte della difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da Scalera Italo va rigettato.
1. Il primo motivo è infondato, perché il sequestro preventivo è stato disposto a
norma dell’articolo 2641, comma 2, c.c. e dunque può avere ad oggetto “una
somma di denaro o beni di valore equivalente”, in quanto tali privi di vincolo di
pertinenzialltà con il reato. è dunque corretta l’affermazione del giudice a quo in
ordine alla sufficienza del requisito del fumus commissi delicti, trattandosi di misura
cautelare funzionale a confisca per equivalente, rispetto alla quale la sola
condizione richiesta è che la misura riguardi beni od altre utilità, di cui il reo abbia
la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore
corrispondente al prodotto, profitto o prezzo del reato. Non essendo richiesto alcun
rapporto pertinenziale con il reato, è irrilevante l’epoca di acquisto dell’immobile
sequestrato ne’ le modalità di acquisto con mutuo bancario, al cui ammortamento si
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canoni di locazione, formulata originariamente in subordine alla richiesta di

sarebbe provveduto con proventi di attività lecita (Sez. 5, n. 13277 del
24/01/2011, Farla, Rv. 249839).
Invero, proprio perché ha ad oggetto l’equivalente del profitto del reato, il
sequestro, a differenza del sequestro preventivo di cui dell’art. 321 c.p.p., comma
2, può avere ad oggetto anche cose che, oltre a non avere alcun rapporto con la
pericolosità individuale del soggetto, non hanno neanche un collegamento diretto
con il singolo reato. Nel decreto di sequestro per equivalente non vi è neppure
Indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito.
Nel caso i beni sequestrati eccedano il valore per il quale il sequestro è stato
eseguito, il soggetto interessato può sempre contestare la non corrispondenza fra il
valore dei beni sequestrati e la somma rispetto alla quale è stato disposto il
sequestro per equivalente (Sez. 2, n. 6459 del 16/12/2010, Morello, Rv. 249403).
2. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si contestano i poteri
dell’amministratore giudiziario, essendo sufficiente un semplice custode, è
infondato.
L’esecuzione del sequestro, al di là del dato testuale, che allude ad attività di mera
attuazione, implica necessariamente anche l’adozione di tutti quei provvedimenti
funzionali a porre in essere e a rendere operativo il vincolo cautelare, tra cui la
nomina del custode giudiziario, tra l’altro espressamente prevista dall’art. 259
c.p.p., applicabile al sequestro preventivo in ragione del rinvio contenuto nell’art.
104 dea.. Alla nomina consegue, come indicato dall’art. 259 c.p.p., comma 2, il
conferimento di compiti di gestione, che di solito sono di mera conservazione, ma
possono essere, come nel caso in esame, di amministrazione, alla stregua dell’alt
259 c.p.p.; l’attribuzione al custode dei pertinenti poteri o la nomina di un
amministratore giudiziario rientrano quindi certamente nella sfera della mera
discrezionalità del giudice (Sez. 5, n. 30596 del 17/04/2009 – dep. 23/07/2009,
Cecchi Gori, Rv. 244478).
3.

Il terzo motivo va dichiarato inammissibile, perché in contrasto con

l’orientamento costante di questa Corte (Sez. 3, n. 21920 del 16/05/2012,
Hajmohamed, Rv. 252773) secondo cui la denuncia di violazioni di legge non
dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria
dell’impugnazione. Il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è
delineato dall’art. 609, primo comma cod. proc. pen., il quale ribadisce in forma
esplicita un principio già enucleabile dal sistema, e cioè la commisurazione della
cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli
elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (artt. 581, 1° co, lett.
e) e 591, 1° co., lett. c) cod. proc. pen.) – sono funzionali alla delimitazione
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l’onere di indicare specificamente i beni da sequestrare, bensì soltanto quello di

dell’oggetto della decisione impugnata ed all’indicazione delle relative questioni, con
modalità specifiche al ricorso per cessazione.
La disposizione in esame deve Infatti essere letta in correlazione con quella dell’art.
606, comma 3, nella parte In cui prevede la non deducibilità in cessazione delle
questioni non prospettate nei motivi di appello. Il combinato disposto delle due
norme impedisce la proponibilità in cessazione di qualsiasi questione non
prospettata in appello, e, come rileva la più recente dottrina, costituisce un rimedio
provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla
cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile
in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo
al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica
giurisdizionale.
In ogni caso il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, può
avere ad oggetto anche beni inclusi nel fondo patrimoniale familiare, in quanto
appartenenti al soggetto che ve li ha conferiti (Sez. 3, n. 40364 del 19/09/2012,
Chiodini, Rv. 253681); i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono infatti
nella disponibilità del proprietario o dei rispettivi proprietari, ma hanno solo un
vincolo di destinazione. Da ciò consegue che i beni immobili conferiti dal ricorrente
non possono che appartenere a lui e pertanto resta soddisfatto il criterio
dell’appartenenza della cosa al reo, che ne giustifica la confisca e il preventivo
sequestro.
4. Inammissibile è infine anche il quarto motivo.
In primo luogo anche questa violazione di legge non è stata dedotta con i motivi di
appello.
Inoltre occorre ribadire che il sequestro preventivo di beni di cui è consentita la
confisca non deve essere preceduto, a pena di nullità, dalla informazione sul diritto
di difesa prevista dall’art. 369 bis c.p.p., in quanto si tratta di atto “a sorpresa”
(Sez. 2, Sentenza n. 13678 del 17/03/2009, Zaccaria, Rv. 244253); ciò risponde
alla stessa logica delle misure cautelari reali, la cui esecuzione, proprio perché
destinata ad impedire pericula di dispersione dei beni da apprendere, sarebbe
esposta al rischio di vanificazione, se preceduta dai relativi avvisi.
Anche laddove si ritenesse necessaria la formalità di cui all’art. 369 bis c.p.p.,
comunque, si avrebbe ugualmente un caso di inammissibilità dell’impugnazione.
L’omissione dell’informazione di garanzia prima dell’adozione del decreto di
sequestro, ovvero la mancata indicazione degli elementi di essa nello stesso decreto
in caso di contestualità, in tanto comporta la nullità del provvedimento per
violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), in quanto dette omissioni impediscano
l’intervento del difensore di fiducia o di ufficio alle operazioni di esecuzione del
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contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cessazione, del

sequestro; nullità che si verifica anche quando il provvedimento rechi tutti gli
elementi richiesti dall’art. 369 codice di rito (qualificazione giuridica, data e luogo
del fatto), ad eccezione dell’Invito all’indagato ad esercitare la facoltà di nominare
un difensore di fiducia, giacché la relativa omissione determina la violazione del
diritto di difesa per la mancata possibilità di partecipazione, conseguente a tale
omissione, del difensore alle suddette operazioni (Sez. 2, n. 5752 del 28/10/1997,
Cesetti, Rv. 209927). Vale a dire che l’esecuzione del decreto di sequestro che non
in condizioni tali da assicurare all’indagato la presenza e l’assistenza del difensore.
Tanto ciò è vero – prosegue la sentenza appena citata – che, la mancanza dell’invito
di cui all’art. 369 c.p.p. diviene irrilevante ai fini della validità dell’atto, qualora il
PM, ovvero l’ufficiale di pg, abbiano chiesto all’indagato presente, in adempimento
dell’obbligo imposto dall’art. 365 c.p.p., se è assistito da un difensore di fiducia,
ovvero, in mancanza, ne abbiano designato uno d’ufficio: e ciò in quanto non
potrebbe parlarsi di intempestività dell’interpello rispetto all’avviso di cui all’art. 369
c.p.p., considerato che l’interessato viene a conoscenza del decreto di sequestro (e
della eventuale informazione dì garanzia), quale tipico atto a sorpresa, solo al
momento della sua esecuzione.
La necessaria Incorporazione” della informazione di garanzia nel decreto di
sequestro, insomma, svolge la funzione di consentire al destinatario dell’atto di
esercitare, tramite la eventuale presenza del difensore, il suo diritto di difesa. Nel
caso in esame, il ricorrente non specifica se tale esercizio sia stato reso in effetti
Impossibile, ovvero se, comunque, il difensore dello Scalera sia stato comunque
notiziato, ovvero sia, di fatto, intervenuto.
4. Il rigetto del ricorso, che pienamente consegue a quanto fin qui osservato,
comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2013
Il Presidete

Il Consigliere e ten ore

sia stata preceduta dalla rituale informazione di garanzia, deve comunque avvenire

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