Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28331 del 21/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28331 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARBONE ANNA MARIA nato il 27/06/1977 a VILLARICCA

avverso l’ordinanza del 23/03/2016 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA TRONCI;
sentite le conclusioni del PG PAOLO CANEVELLI, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. FABRIZIO D’AMICO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 21/06/2016

R.G. n. 19964/16

Corte Suprema di Cassazione

RITENUTO IN FATTO

1.

Il difensore di fiducia di Anna Maria CARBONE ricorre avverso il

provvedimento in epigrafe, con cui il Tribunale di Napoli ha rigettato la
richiesta di riesame dell’ordinanza del locale g.i.p., di applicazione alla
prevenuta della misura cautelare della custodia in carcere, in quanto
gravemente indiziata di aver fatto parte, unitamente agli otto coimputati

finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con il precipuo ruolo di
soggetto deputato alla rivendita della cocaina ai dettaglianti nel territorio
nazionale (“fatti accertati in Spagna, Marano di Napoli, Giugliano in
Campania, da agosto 2012 fino all’agosto 2013, con modalità
transnazionali”).

2.

Il legale dell’imputata censura l’ordinanza impugnata sulla scorta

di due motivi di doglianza, con i quali denuncia, nell’ordine:
a) inosservanza di norme processuali, con riferimento agli artt. 292, “in
tema di applicazione della misura domiciliare”, e 275 del codice di rito,
nonché vizio di motivazione, “con riguardo alle esigenze cautelari […]
ed alla misura più idonea a sostenerle”, alla luce . della corretta
interpretazione della specifica esigenza di cautela di cui alla lett. c)
dell’art. 274 co. 1 cod. proc. pen., come novellato dalla legge n.
47/2015: ciò a fronte di un capo d’accusa che colloca l’accertamento
dei fatti in epoca compresa fra agosto 2012 ed agosto 2013, senza
alcun formale riferimento alla permanenza della condotta e “senza che
nella complessa e articolata base investigativa vi siano elementi che
provino la persistenza del sodalizio ‘sino ad epoca assai recente’,
contrariamente a quanto, invece, in via del tutto generica ritiene il
Tribunale del riesame”, che valorizza profili del tutto congetturali, in
tema di ambito di operatività della consorteria, disponibilità
economiche e contatti con altri gruppi criminali, comunque non
riferibili alla CARBONE, stante gli esclusivi contatti dalla stessa
intrattenuti con i fratelli CHIANESE; mentre, con riferimento
all’ulteriore profilo valorizzato, legato alla disponibilità in capo alla
CARBONE di schede telefoniche intestate a soggetti fittizi, il Tribunale
medesimo è dimentico “che nel vigente sistema processuale vi è il
presidio normativo di cui all’art. 284, comma 2, c.p.p., che
permetteva di imporre la prescrizione del divieto di comunicare con

elencati nel capo d’incolpazione, di un’associazione transnazionale

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soggetti diversi da quelli che coabitano o assistono”, presidio
normativo “non certamente privo di sanzione”;
b) vizi alternativi della motivazione, quanto alla sussistenza del reato
associativo ed ai gravi indizi di colpevolezza a carico della prevenuta,
poiché la disamina compiuta dal giudice distrettuale è asseritamente
inficiata da “una valutazione frazionata della pluralità degli elementi
indiziari acquisiti […] senza esplorare le possibili interazioni

indiziaria”, in concreto il Tribunale essendosi limitato a prendere in
esame gli esiti emersi dalle intercettazioni ambientali dell’aprile e
maggio 2013, senza però “inserirli appieno all’interno del contesto
storico-fattuale, ciò che avrebbe potuto contribuire a chiarine
l’effettiva portata dimostrativa e la reale congruenza rispetto ai temi di
accusa enucleati nel capo di imputazione”: nel senso, cioè, della
“presenza del tutto occasionale” della CARBONE in seno alle dette
captazioni, non avendo rapporti con chicchessia, “ad eccezione di un
unico incontro con CHIANESE Paolo ed un uomo di nazionalità
spagnola, quale fornitore della droga”, non compiendo viaggi di sorta
all’Estero e non essendo implicata in alcun reato fine; mentre, quanto
al presunto rapporto di parentela con Bruno CARBONE, ritenuto dagli
inquirenti a capo del sodalizio criminoso, vale la documentazione
fornita dalla difesa onde sconfessare tale assunto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

il ricorso proposto non è fondato e va pertanto disatteso, per le

ragioni di seguito esposte.

2.

Palesemente inconsistente è il secondo motivo d’impugnazione,

da cui è doveroso iniziare la disamina, in ragione della evidente priorità
logico-giuridica della questione sollevata, pur sintomaticamente relegata
dal difensore ricorrente in posizione subordinata.
Il Tribunale di Napoli ha tratto conferma dell’inserimento della
CARBONE (detta “ciaciona”) in seno alla consorteria capeggiata da Bruno
CARBONE (“o chiatto”) dal richiamo ad alcune conversazioni intercettate,
il cui testo, sintetizzato nel provvedimento impugnato, è trascritto
nell’ordinanza genetica e di cui il Tribunale di Napoli – al pari del g.i.p., in
precedenza – fornisce un’interpretazione del tutto congrua: nel senso,
cioè, di assegnare al tenore, assolutamente esplicito, delle conversazioni

oggettivamente riscontrabili tra le diverse componenti della base

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in questione le lineari implicazioni che da esse scaturiscono in ordine al
ruolo ed alla posizione degli interlocutori.
Invero:
>

il rimarcato tono autoritario con cui la CARBONE chiede conto a
Gianpaolo CHIANESE delle ragioni delle mancate riscossione dei crediti
accumulati per la vendita dello stupefacente, dando voce alle
preoccupazioni che il di lui fratello, lungi dall’esternare direttamente

di possibili soluzioni, anche nel segno di una esiziale violenza, al fine
di porre rimedio al “problema”, ivi compresa la disponibilità ad
assumere in prima persona, unitamente a Gaetano CHIANESE, la
gestione della “riscossione delle quote”;
>

le sollecitazioni, in prosieguo di tempo rivolte allo stesso Gianpaolo
CHIANESE, a rivolgersi a determinati soggetti

(“mi

farei una

passeggiata ad Aversa”), cui formulare proposte di vendita della
cocaina (“gli diciamo che gliela diamo a 46”), e la possibilità di
attivare ella stessa propri contatti a tal fine in quel di Terni e di
Rimini;
>

le disposizioni impartite sempre a Gianpaolo CHIANESE circa il
contegno da assumere nei riguardi di un non meglio precisato
fornitore spagnolo;

>

la disponibilità, manifestata dalla stessa CARBONE al più volte citato
Gianpaolo CHIANESE, a svolgere un’opera di mediazione con Antonio
NUVOLETTO – soggetto in posizione di vertice in seno all’altra
organizzazione deputata allo spaccio di stupefacenti, con la quale si
assume spesso interagire quella in cui opera la CARBONE, in tal senso
essendo significativa la militanza comune di taluni soggetti nell’ambito
di entrambe le consorterie – onde avviare a soluzione i problemi da
ultimo avuti dal CHIANESE;

costituiscono altrettanti elementi da cui il Tribunale ha correttamente
tratto conferma della sicura collocazione nell’ambito associativo (ad alto
livello) della CARBONE, a fronte dei quali le confutazioni del tutto
generiche formalizzate con la proposta impugnazione non valgono in
alcun modo a delineare profili di incongruenza logica, tanto meno
manifesta, la sola che legittimi l’invocato intervento censorio del giudice di
legittimità, ai sensi del dedotto art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen.
Essendo appena il caso di puntualizzare che, nel descritto contesto
indiziario, la circostanza del rapporto di fratellanza fra l’odierna ricorrente
ed il CARBONE Bruno, che la prospettazione accusatoria pone a capo

all’interessato, le aveva rappresentato, prospettando quindi una serie

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dell’organizzazione, non assume alcun particolare significato, così come
rappresentato dall’impugnata ordinanza.

3.

Infondato è anche il primo motivo di doglianza.
In primo luogo, giova puntualizzare che del tutto generico appare

l’assunto difensivo in ordine alla cessazione dell’operatività
dell’associazione criminosa sub B), per cui si procede a carico della

un’espressione quale “con condotta perdurante” – così come si assume
dal ricorrente, è altrettanto vero che esso non delinea affatto una
contestazione “chiusa”, poiché vi si legge – come già sopra riportato – del
mero accertamento di fatti commessi “in Spagna, Marano di Napoli,
Giugliano in Campania, da agosto 2012 fino all’agosto 2013, con modalità
transnazionali”, senza indicare, attraverso la cristallizzazione della relativa
data, che la consorteria criminosa abbia esaurito la propria attività;
essendo fin troppo agevole osservare che il riferimento al periodo
compreso fra agosto 2012 e agosto 2013 va correlato ai singoli reati fine,
descritti nelle incolpazioni subito successive, tutte sotto la lettera B),
nonché a quelli (riferibili almeno potenzialmente a traffico di cocaina)
oggetto della ulteriore associazione finalizzata al traffico di stupefacenti,
capeggiata da Antonio NUVOLETTO e filiazione del clan camorristico
NUVOLETTA,

sub

A), in considerazione dell’intreccio fra le due

organizzazioni di cui si legge nell’ordinanza genetica, ove si dà conto
anche della militanza comune di taluni soggetti nei due gruppi – dati
rimarcati entrambi anche dal Tribunale di Napoli – nonché,
esplicitamente, del fatto che il succitato Bruno CARBONE è una sorta di
broker, che “promuove il traffico di cocaina in nome e per conto del clan
NUVOLETTA, pur nascendo da un differente gruppo camorristico, quello
del Vomero”. D’altro canto, è del pari sintomatico che, nella formulazione
a suo tempo dell’istanza di riesame, sia stata contestata unicamente la
sussistenza “dei gravi indizi di colpevolezza circa la partecipazione della
CARBONE al sodalizio criminoso”, in subordine sollecitandosi l’adozione
della meno gravosa misura degli arresti domiciliari, anche con
l’attivazione dei dispositivi di controllo elettronici.
3.1

Alla stregua di quanto precede, appare immune da censure di

ordine logico l’affermazione del Tribunale, in stretta correlazione con la
presunzione di adeguatezza della più grave misura cautelare sancita
dall’art. 275 co. 3 u.p. cod. proc. pen., circa l’accertata operatività, “sino
ad epoca assai recente”, dell’associazione in questione, di cui si sottolinea

CARBONE: se è vero, infatti, che nel capo d’incolpazione non compare

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il forte radicamento sul territorio e la capacità “di movimentare ingenti
quantitativi di sostanze stupefacenti, in contatto anche con fornitori
stranieri” e di rifornire quindi una pluralità di clienti, in svariate parti del
territorio nazionale. Con la doverosa puntualizzazione che la rimarcata
operatività della consorteria criminosa “sino ad epoca assai recente” è
affermazione da leggersi in uno con il passaggio dell’ordinanza genetica in
cui si dà atto – senza che risultino contestazioni di sorta ad opera del

ambientali, riscontrate da sequestri di sostanza stupefacente e di T.L.E. di
contrabbando […] e arresti dei relativi corrieri, unitamente al narrato dei
collaboratori, sono elementi che garantiscono la certezza che i gruppi
NUVOLETTA – CARBONE – BARATTI erano da anni operativi e hanno
continuato ad esserlo almeno fino al febbraio 2014, mesi in cui si accerta
che ANDREOZZI Gabriele, del clan NUVOLETTA, stia continuando l’attività
di corriere sulla rotta Marano di Napoli – Palermo”: ciò che, alla luce della
obiettiva gravità dei fatti – che non abbisogna certo di essere illustrata,
alla luce del tenore dell’ordinanza cautelare e del provvedimento
impugnato, significativi altresì, con specifico riferimento alla CARBONE,
del ruolo quanto meno di assoluto rilievo dalla stessa rivestito – e della
pure rimarcata assenza di qualsivoglia attività lecita da parte degli
indagati, legittima la conclusione tratta dal g.i.p. e ribadita dal giudice
distrettuale, in ordine alla “perseveranza criminale” degli indagati – e, per
quanto qui in particolare interessa, della CARBONE – “che non hanno mai
rescisso i legami con le organizzazioni mafiose territoriali, presupposto
per il superamento delle esigenze cautelari”.
3.2

Parimenti immune da censure è la valutazione compiuta dal

Tribunale circa l’adeguatezza della più grave misura in atto, basata sulla
comprovata “ampia rete di conoscenze” intessuta dalla prevenuta, nonché
sulla sua dimestichezza ad attivare forme di comunicazione difficilmente
controllabili, come comprovato dalla disponibilità di numerose utenze
cellulari, continuamente mutate, nonché dal documentato possesso di
schede telefoniche fittiziamente intestate.

P.Q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94
co. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 25.05.2016.

ricorrente – che “l’attività di indagine con intercettazioni telefoniche ed

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