Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28329 del 05/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28329 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FILIPPI GIACOMO N. IL 13/05/1982
avverso la sentenza n. 4760/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
05/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Filippi Giacomo avverso la sentenza
emessa in data 5.4.2013 dalla Corte di Appello di Firenze che confermava quella in
data 15.6.2013 del Tribunale di Livorno che, fra l’altro, aveva condannato il predetto
alla pena di mesi due di arresto ed C 5.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art.
186 comma 2 lett. e) C.d.S. oltre alle sanzioni amministrative accessorie della
sospensione della patente per anni due e della confisca dell’autovettura, oltre a quella
di mesi uno di arresto e di C 100 di ammenda per il reato di cui all’art. 4 L. 110/75.

commisurazione della pena, al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e
alla mancata conversione in pena pecuniaria.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure non consentite nella presente sede e
manifestamente infondate.
Invero è palese l’aspecificità del motivo di ricorso che, oltre a non manifestare
compiutamente le ragioni a sostegno, ha riproposto in questa sede pedissequamente
la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice
disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Del resto, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito,
con la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei
criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della
motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula
un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo,
Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Tanto meno può ritenersi alcuna violazione delle richiamate norme poste a presidio
della determinazione della pena, laddove il giudice, nell’ambito dell’anzidetta sua
discrezionalità, abbia dato conto delle ragioni su cui ha basato la quantificazione della
sanzione esplicitandone correttamente il calcolo.

2

Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla

Inoltre, la concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto
lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, tanto che
“ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice
può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o
all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal
senso” (Cass. pen. Sez. II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).

evidenziando l’assenza di elementi positivi, a parte l’incensuratezza (non più
sufficiente a tal fine ai sensi dell’art. 62 bis ult. comma c.p.), per la concessione delle
impetrate attenuanti la cui esclusione ha conseguentemente confermato.
Non meno corretta e congrua è la motivazione addotta a sostegno della non
sostituibilità della pena detentiva in quella pecuniaria.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 5.3.2014

La Corte territoriale ha addotto congrua motivazione esente da qualsiasi vizio,

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