Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28326 del 14/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28326 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TOPIA GIUSEPPE nato il 20/08/1981 a VIBO VALENTIA

avverso l’ordinanza del 05/11/2015 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;
l’ette/sentite le conclusioni del PG PIETRO GAETA

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Data Udienza: 14/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria – a
seguito dì appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. – ha confermato
la ordinanza emessa il 157.2015 dalla locale Corte di appello con la
quale è stata rigettata l’istanza difensiva proposta nell’interesse

misura cautelare della custodia in carcere.
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato che deduce violazione degli artt. 125,228,292,274,275
cod. proc. pen. e 2,3,4 I.n. 47/2015 in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R.
n. 309/90. Il provvedimento non avrebbe fornito alcun elemento
concreto in ordine alla attualità del pericolo di reiterazione delle condotte
criminose da parte dello stesso ricorrente, anche tenuto conto che il
capo della associazione è deceduto da anni e gli altri imputati sono
ristretti in regime di alta sicurezza, nonché rispetto alla stessa deduzione
difensiva secondo la quale i fatti oggetto di processo risalivano a sei anni
prima. Né sarebbe stata considerata la condotta dell’imputato,
costituitosi al rientro dal viaggio di nozze, avendo avuto notizia
dell’emissione del titolo custodiale nei suoi confronti; come pure la
nuova condizione di vita dello stesso ricorrente, sposato ed in attesa di
un figlio. Illogica sarebbe l’affermazione fatta dal Tribunale in relazione
alla inidoneità della applicazione del braccialetto elettronico ad evitare i
contatti criminali. Viziata sarebbe, poi, la motivazione che ha rigettato la
subordinata istanza ex art. 275 comma 4, cod. proc. pen. laddove ha
fatto leva su notizie fornite dalla moglie al consulente che potevano
essere utilizzate solo ai fini dell’accertamento peritale e non ha
considerato le prevalenti esigenze genitoriali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.11 primo motivo, quando non generico, è manifestamente
infondato rispetto al tema oggetto della valutazione demandata al
giudice di merito, investito – ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen. – in
ordine all’eventuale superamento delle condizioni che avevano
giustificato la applicazione della misura cautelare.
1

dell’imputato Giuseppe TOPIA volta alla revoca o sostituzione della

3. In caso di richiesta di revoca o sostituzione della custodia
cautelare in carcere per uno dei reati per i quali – ai sensi dell’art. 275,
comma terzo, cod. proc. pen., così come modificato dall’art. 4 della
legge 16 aprile 2015, n. 47) – vige la presunzione relativa di
adeguatezza della custodia in carcere, il giudice che ritenga non vinta
tale presunzione può limitarsi a dare atto dell’inesistenza di elementi
idonei a superarla, dovendo fornire specifica motivazione soltanto

l’insussistenza di esigenze cautelari e/o abbia dedotto l’esistenza di
elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possono
essere tutelate con misure diverse (Sez. 3, n. 48706 del 25/11/2015,
A, Rv. 266029),
4. Nella specie, in relazione al titolo di reato associativo posto a
base della misura, la presunzione relativa di esistenza delle esigenze e
di adeguatezza della misura carceraria opera non solo nel momento di
adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva ma anche
nelle successive vicende che attengono alla permanenza delle esigenze
cautelari, e, pertanto, solo fatti nuovi, anche se apprezzati
congiuntamente a quelli originariamente esaminati, dai quali risulti un
mutamento “in melius” del quadro indiziario, possono condurre alla
sostituzione della misura con altra meno afflittiva (Sez. 1, n. 82 del
10/11/2015, Sorgenti,Rv. 265383),
5. Osserva il Collegio che il provvedimento impugnato è stato reso
nei confronti del ricorrente del quale è stata già confermata in appello la
penale responsabilità in ordine ai delitti posti a base della cautela. I
giudici di merito hanno confermato l’attualità e concretezza delle
esigenze cautelari correlate alla reiterazione della condotta criminosa sul
rilievo del ruolo apicale rivestito dall’imputato nell’ambito di una
associazione capace di programmare narcoimportazioni su scala anche
internazionale, dimostrativo della capacità dello stesso imputato di
interagire nel tessuto relazionale del mercato internazionale di
stupefacenti ed ha, del tutto correttamente negato, che gli argomenti
difensivi – legati alle modifiche nel frattempo introdotte dalla I.n.
47/2015, alla lontananza del domicilio indicato, alle condizioni familiari
dell’appellante – inducessero un affievolimento delle esigenze poste a
base della misura adottata o incidessero sulla sua adeguatezza, posto
che nessuna astratta considerazione della gravità

del titolo reato

giustificava il permanere della misura e risulta del tutto congrua la
2

quando la difesa abbia evidenziato circostanze idonee a dimostrare

considerazione secondo la quale, in costanza del concreto atteggiarsi
della condotta, risulta inincidente la diversità del domicilio proposto e la
disponibilità di applicazione del c.d. braccialetto elettronico, dovendosi
assicurare la recisione dei collegamenti con l’esterno che hanno reso
possibile la pericolosa condotta criminosa. Quanto, poi, alla perdurante
consistenza del contesto associativo, si tratta di tema che – come risulta
dal provvedimento impugnato – non è stato oggetto di devoluzione

essere delibato per la prima volta in questa sede di legittimità.
6. Del pari manifestamente infondata è la doglianza mossa in ordine
alla subordinata richiesta ex art. 275 comma 4 cod. proc. pen., essendo
priva di vizi logici e giuridici la esclusione da parte del Tribunale della
assoluta impossibilità da parte della moglie del ricorrente di accudire la
prole, sul rilievo – da un lato – della inincidenza della patologia
(disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso) sulla capacità
della moglie del TOPIA di prendersi cura in modo assoluto della prole e dall’altro – che lo stato depressivo rilevato non ha richiesto in passato
trattamento farmacologico o percorso di psicoterapia cognitivocomportamentale.
7. All’inammissibilità del ricorso consegua la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
8. Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1 ter, disp, att cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 14.6.2016.

dinanzi al giudice di merito, cosìcchè esso costituisce profilo che non può

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