Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28325 del 14/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28325 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRANIERI GENNARO nato il 24/01/1962 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 24/03/2016 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPOZZI;
~sentite le conclusioni del PG PIETRO GAETA 0L, \’u..

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Data Udienza: 14/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli – a seguito di
istanza di riesame nell’interesse di Gennaro GRANIERI avverso la
ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. distrettuale di Napoli in data
8.2.2016 con la quale al predetto è stata applicata la misura della

quale sono stati riconosciuti sussistenti a carico del predetto gravi indizi
di colpevolezza in ordine ai reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, 7 I. n.
203/91 (capo 1) e 73 d.p.r. n. 309/90, 7 I.n. 203/91 (capo 6).
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore
dell’indagato deducendo vizio di illogicità e contraddittorietà della
motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori
di giustizia e carenza della stessa motivazione in ordine ad altri
fondamentali aspetti del compendio indiziario. In particolare, in
relazione:
– alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia De Magistris, il
contrasto tra l’affermazione di aver visto il ricorrente negli anni 20102011 a gestire la piazza di spaccio con la detenzione dello stesso
ricorrente dal 5.7.2010 al giugno 2012, sarebbe superata con l’illazione
dell’ erronea indicazione temporale fatta dal dichiarante.

alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia De Feo, la

circostanza che esse si fermano agli inizi del 2010 osterebbe a
riscontrare condotte contestate dal settembre 2011.
– alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Della Corte trattando di cessione di cocaina – non potrebbero fornire riscontro
all’ipotesi di traffico di marjuana.
– al capo 6), a riguardo della identificazione di Gennaro Sandokan
nella persona del ricorrente, non emergerebbe alcuna valutazione sulla
attendibilità soggettiva di Giuseppe Granieri, del quale si sconosce il
passato criminale. In ogni caso, nessun riscontro delle dichiarazioni del
predetto potrebbe essere rinvenuto nelle dichiarazioni del De Feo che,
pur parlando di Gennaro Sandokan, non dice che questi si identifica con
il ricorrente. Infine, non risulterebbe alcun verbale di polizia dal quale
emerga la presenza del ricorrente all’incontro calcistico del Napoli.

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custodia cautelare in carcere – ha confermato detta ordinanza con la

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. In realtà, attraverso il formale vizio della motivazione azionato, il
ricorrente contrasta, anche genericamente, in fatto le valutazioni del
compendio indiziario condotte dal tribunale partenopeo, che si palesano

3. La partecipazione del ricorrente alla associazione a delinquere
legata al clan Contini, quale gestore di piazze di spaccio allocate sul
territorio, è desunta (v. pg. 26 e ss. dell’ordinanza impugnata) dal
plurimo compendio intercettivo, temporalmente collocato tra il 2012 ed
il 2013, nel quale lo stesso ricorrente è indicato dai qualificati
interlocutori con il soprannome di

Gennaro Sandokan

in relazione

all’acquisto ed alla fornitura di importanti partite di droga. La
riconducibilità del soprannome al ricorrente è affermata sulla base delle
dichiarazioni del c.d.g. De Magistris che lo attribuiva allo stesso
ricorrente, nonché a quelle dei c.d.g. De Feo e Giuseppe Granieri,
quest’ultimo – in particolare – parlando di una cessione di una
consistente partita di droga a suo zio, l’attuale ricorrente, “detto
Sandokan”. Completa il quadro – a proposito – il riscontro fornito dalla
vicenda relativa al viaggio per l’incontro calcistico a Londra, al quale
risultava aver partecipato il ricorrente indicato, appunto, come
Sandokan. A tale compendio si aggiungono le dichiarazioni dei tre
collaboratori di giustizia Ciro De Magistris, Vincenzo De Feo e Antonio
Della Corte, tutte convergenti sul ruolo del ricorrente quale gestore di
piazza di spaccio per conto del clan Contini.
4. Ritiene il Collegio che le censure relative alla identificazione del
ricorrente con

Gennaro Sandokan

siano generiche, quando non

manifestamente infondate. Non tengono conto, invero, – da un lato – ,
delle indicazioni fornite a riguardo dal c.d.g. De Magistris e – dall’altro dal rapporto parentale tra il c.d.g. Granieri ed il ricorrente. La mancanza
di documentazione relativa all’accertamento del ROS in occasione
dell’incontro calcistico è questione di fatto che non risulta sottoposta al
giudice di merito.
5. Quanto alle censure relative al compendio dichiarativo espresso
dai collaboratori di giustizia, quelle relative alle dichiarazioni del De
Magistris non si confrontano con la complessiva motivazione resa dalla
ordinanza sulla analoga doglianza difensiva, giustificandosi l’attendibilità
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scevre da vizi logici e giuridici.

delle dichiarazioni sulla base – non solo della non illogica compatibilità
del periodo di libertà del dichiarante con quello del ricorrente, a partire
dal giugno 2012 – ma anche del più ampio contributo dichiarativo fornito
dal collaboratore circa la risalenza della attività di gestione delle piazze
di spaccio nel borgo Sant’Antonio da parte del ricorrente e della ripresa
di detta attività dopo la sua carcerazione. Anche le censure sulla valenza
corroborativa delle dichiarazioni del De Feo sono generiche rispetto alla

riferimento ai riscontri forniti dal compendio intercettivo in relazione alla
attività proseguita fino al 2013. Infine, quanto alle dichiarazioni del Della
Corte, le censure sono generiche rispetto alla considerazione svolta dal
provvedimento circa il riscontro fornito da dette dichiarazioni sulla
attività di fornitura di cocaina – che risultava spacciata unitamente al
“fumo” – da parte del ricorrente nel borgo Sant’ Antonio Abate.
6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si
stima equo determinare in euro 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende.
7. Devono essere disposti gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende. Manda alla cancellaria per gli
adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14.6.2016.

considerazione svolta dal provvedimento circa la loro attendibilità con

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