Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28324 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28324 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

D’Angelo Liliana Rita, in qualità di amministratore unico s.r.l. DUMBO

avverso la sentenza del 21/12/2012 del GIP del Tribunale di Roma, nel
procedimento penale a carico di PACIFICO Marcello, nato a Roma il 15/09/1949.

Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
lette le note di udienza depositate dall’avv. Grazia Volo, nell’interesse di Marcello
Pacifico;
sentita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale

Oscar

Cedrangolo, che ha chiesto l’inammissibilità per manifesta infondatezza;
sentito, altresì, l’avv. Vincenso Esposito, difensore della parte civile, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
sentito, infine, l’avv. Grazia Volo, che, nell’interesse di Marcello Pacifico, si è
riportata alle note scritte.

Data Udienza: 12/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il GIP del Tribunale di Roma,
pronunziando ai sensi dell’art. 425, comma 3, cod. proc. pen., dichiarava non luogo
a procedere nei confronti di Marcello Pacifico indagato per il reato di cui all’art. 2625
qualificato lo stesso come illecito amministrativo previsto dallo stesso art. 2625,
comma 1, cod. civ.
2.

In particolare, l’addebito originario a carico dell’indagato Pacifico era

formulato nei termini seguenti: perché, quale amministratore delegato della società
FUTURE SPACE spa, occultando la contabilità mediante disposizioni impartite ai
dipendenti, impediva Io svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite
agli organi speciali, in particolare al dott. Floriana Carlino, presidente del CdA della
FUTURE SPACE, impedendogli in particolare l’accesso alla documentazione relativa
all’andamento degli incassi aziendali, costringendola così a rimettere il proprio
mandato.
3. Riteneva il giudicante che non risultasse in atti con chiarezza (nè era stato
contestato) un danno arrecato alla parte civile diverso dalle dimissioni, che erano
pur sempre frutto di scelta personale. Ne conseguiva che non era configurabile il
reato di cui all’art. 2625 comma 2, cod. civ., vedendosi invece nell’ambito
dell’illecito amministrativo previsto dal comma 1. dello stesso articolo, sicchè gli atti
dovevano essere trasmessi alla competente autorità amministrativa per quanto di
competenza.
Rilevava, ad ogni buon conto, che in relazione alle eventuali, altre, condotte
descritte in querela, risultava la conoscenza dei fatti da parte della querelante sin
dal 30 settembre 2010, come da missiva in atti diretta al presidente del collegio
sindacale, con la conseguenza che la querela sarebbe, comunque, tardiva e l’azione
penale improcedibile, anche nell’ipotesi che fosse astrattamente configurabile
l’ipotesi del reato di cui all’art. 2625, comma 2, cod. civ.
4. Avverso la pronuncia anzidetta Liliana Rita d’Angelo, amministratore unico
della parte civile s.r.l. Dumbo, a mezzo del suo difensore e procuratore speciale
avv. Vincenzo Esposito, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di
censura indicate in parte motiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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cod. civ., con formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato,

1. Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente eccepisce violazione
di legge, in riferimento all’art. 521, comma, cod. proc. pen, nonché nullità della
sentenza ai sensi dell’art. 522, comma 1, cod. proc. pen. dello stesso codice di rito.
In particolare, fa riferimento alla parte della pronuncia che aveva rilevato
l’intempestività della querela con riferimento ad eventuali altre condotte denunciate

fatti successivi a quelli oggetto d’imputazione e, comunque, non contemplati nella
richiesta di rinvio a giudizio, in violazione, pertanto, del principio di correlazione tra
sentenza e imputazione.
Con il secondo motivo denuncia errata applicazione dell’art. 124 cod. pen.
con riferimento alla data di conoscenza del danno e dell’infedeltà patrimoniale, ai
fini della verifica della tempestività della querela.
Ed infatti – con riferimento ad altre condotte indicate nello stesso atto querelatorio,
alla stregua della nozione “notizia del fatto costituente reato” ai fini del decorso del
termine per la presentazione della querela, ai sensi del menzionato art. 124 cod.
pen. – se era vero che l’impedito controllo ai danni del socio Dumbo s.r.l. aveva
avuto inizio il 18 agosto 2010 (data in cui l’ing. Pacifico aveva trasmesso e-mail di
diniego di notizie al presidente dr.ssa Carlino, dimessosi il 30 settembre 2010), era
pur vero che l’illecita condotta dell’impedito controllo era stata reiterata, con il
rifiuto opposto il 19/11/2010 alle richieste di informazioni formulate dallo stesso
socio Dumbo ed era proseguita, in attuazione di un medesimo disegno criminoso
volto ad estromettere quest’ultimo dalla società, sino al 13 dicembre 2010, data in
cui l’assemblea straordinaria dei soci della Future Space s.r.l. era stata chiamata a
deliberare l’abbattimento del capitale sociale per perdite (fraudolentemente indotte
con la vendita 26/10/2010 della controllata Gftel s.r.I., per la somma di C 1000) e
la successiva ricapitalizzazione. Solo in quella data il socio di minoranza Dumbo
s.r.l. aveva avuto contezza dei fatti delittuosi e del danno procuratogli
dall’amministratore unico Pacifico con la vendita della s.r.l. Gftel. Pertanto, è da
quel giorno che avrebbe dovuto computarsi il termine per la presentazione della
querela, sia con riferimento al delitto di “impedito controllo”, in ragione della
consapevolezza del danno economico di C 134.000,00 circa (pari al valore della
quota di partecipazione al capitale di Future Space s.r.I.) sia con riferimento
all’infedeltà patrimoniale consistente nella vendita da parte dell’amministratore
unico Pacifico di un bene (la s.r.l. Gtel) in conflitto di interessi, con conseguente
danno per la stessa società amministrata pari a circa C 800.000,00 (valore degli
investimenti nella detta Gftel) secondo la stima del collegio sindacale in data 15
novembre 2010.

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in querela, posto che l’improcedibilità dell’azione penale era stata dichiarata per

Per quanto precede, si imponeva l’annullamento della gravata sentenza per
errata applicazione dell’art. 124 cod. pen.
2. Una sintetica puntualizzazione dei termini della vicenda sostanziale

costituisce ineludibile premessa ai fini di una migliore comprensione del significato e
della portata delle censure di parte ricorrente.
contestazione, nei termini riportati in narrativa, riguarda la fattispecie dell’impedito
controllo di cui all’art. 2625 cod. civ.
Come è noto, la norma anzidetta ricomprende due ipotesi distinte, disciplinate
rispettivamente al primo ed al secondo comma.
La prima (comma 1) consiste nella condotta degli amministratori che, occultando
documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo
svolgimento dell’attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi
sociali: si tratta di illecito amministrativo, punito con sanzione pecuniaria.

La seconda (comma 2) prevede che la condotta di impedito controllo abbia
cagionato un danno ai soci: in tal caso, il fatto integra gli estremi del reato, punito
con la reclusione e perseguibile a querela della persona offesa.
Orbene, sulla base delle incontestate deduzioni di parte ricorrente, i termini
della complessa vicenda, per quanto possa rilevare in questa sede, possono essere,
come di seguito, schematizzati:
– Il 2 luglio 2009, era stato stipulato un accordo

(memorandum of

understanding) tra la società Gftel, il cui amministratore unico era Liliana d’Angelo,

operante nel mercato dei sistemi integrati di sicurezza, e la Future Space, di cui
amministratore unico era Marcello Pacifico, al fine di promuovere un’integrazione
industriale volta a consentire alla stessa Future il conseguimento dell’obiettivo
strategico della quotazione in borsa;
– con scrittura privata del 4 dicembre 2009, intercorsa tra Future Space ed i
suoi soci, si era convenuto di accelerare il processo di integrazione mediante
acquisto dell’intero capitale della Gftel S.r.l., riconoscendo ai soci, cedenti le quote
della stessa Gftel, il diritto alla presidenza della Cda e del collegio sindacale;
– i rapporti tra le due società si erano svolti pacificamente sino a quando il
presidente del consiglio di amministrazione della Future Space dr.ssa Floriana
Carlino (nominata dalla Dumbo s.r.I., società delegata dai soci cedenti il capitale
Gftel), preoccupata della situazione finanziaria della società oberata di debiti fiscali

per rilevante importo, aveva chiesto documenti per poter eseguire un controllo sulla
gestione economica e finanziaria della società, incontrando il reciso rifiuto dell’ing.
Pacifico;

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Prendendo, innanzitutto, le mosse dal capo d’imputazione, l’addebito in

- il presidente, agendo di sua iniziativa, aveva riscontrato delle gravi
anomalie gestionali e si era, poi, dimesso, denunciando le irregolarità riscontrate al
collegio sindacale.
Secondo parte ricorrente, il pubblico ministero aveva limitato la
contestazione solo all’impedito controllo, senza considerare fatti ulteriori e

3. A fronte di tale complessa situazione, il Gip aveva ritenuto di poter

definire il procedimento con sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425 cod.
proc. pen., sulla base di doppia enunciazione:
a) il fatto come contestato non era previsto dalla legge come reato, previa sua
qualificazione come illecito amministrativo di cui all’art. 2625, comma primo, cod.
pen.;
b) ad ogni modo, anche in riferimento ad eventuali altre condotte descritte in
querela, andava rilevato che la querelante aveva avuto conoscenza dei fatti sin dal
30.9.2010, come da missiva in atti diretta al presidente del collegio sindacale, con
la conseguenza che la querela sarebbe comunque tardiva e l’azione penale
improcedibile, anche ove fosse astrattamente configurabile la fattispecie delittuosa
di cui all’art. 2625, comma secondo, cod. civ.
4. Se così è, balza evidente che la valutazione del giudice a quo abbia

debordato dai limiti istituzionali del giudizio richiesto ai fini della pronunzia di cui al
menzionato art. 425 del codice di rito.
E’ risaputo, al riguardo, che – per indiscusso insegnamento di questa Corte
regolatrice – la valutazione richiesta ai fini dell’anzidetta pronuncia, deve essere
parametrata alla prognosi dell’inutilità del dibattimento e, rispetto a siffatta
necessaria finalizzazione, è logicamente incongruo escludere lo sfogo
dibattimentale, nella dialettica del contraddittorio, in presenza di elementi idonei
allo sviluppo probatorio, siccome oggettivamente suscettibili di soluzioni alternative
c.d. aperte (cfr. Cass. sez. 6, 16.11.2001, n, 45275, rv. 221303; e, da ultimo, id.
sez. 5,15.5.2009, n. 22864, rv. 244202).
Insomma, è doverosa la verifica dibattimentale in tutti i casi in cui sussistano
fonti od elementi di prova, ancorché contraddittori od insufficienti, che si prestino
nondimeno – secondo una ragionevole valutazione prognostica – a soluzioni aperte.
L’averla ingiustificatamente negata nel caso di specie, peraltro sulla base di
un’indebita anticipazione di merito, è ragione di annullamento della sentenza
impugnata, da dichiarare nei termini espressi in dispositivo.
Del resto, quanto alla prima statuizione contenuta in sentenza, appare tutt’altro
che pacifica in atti l’insussistenza di ogni ragione di danno, sì da poter ritenere, con
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successivi, oggetto di querele da parte dei soci.

ragionevole e tranquillante affidamento, la configurabilità della mera ipotesi
dell’illecito amministrativo di cui al comma primo del menzionato art. 2625 cod. civ.
Opinabile è, poi, la gradata prospettazione alternativa della seconda
statuizione, potendo fondatamente ipotizzarsi, alla luce delle puntuali indicazioni di
parte ricorrente, un diverso momento di conoscenza del fatto illecito, sì da rendere

5. In entrambi i casi, si trattava di enunciazioni che postulavano – in tutta
evidenza – adeguato approfondimento istruttorio in sede dibattimentale, nel pieno
contraddittorio delle parti.
Per quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio al
competente giudice di merito per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Roma.
Così deciso il 12/04/2013

tempestiva la querela proposta.

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