Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28323 del 05/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28323 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IUSSI OTTAVIO N. IL 11/11/1976
avverso la sentenza n. 1838/2013 TRIBUNALE di BRESCIA, del
10/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 05/03/2014

29826/2013

Motivi della decisione
Avverso la sentenza indicata in epigrafe di applicazione della pena su richiesta delle
parti, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lussi Ottavio
deducendone la nullità in quanto all’udienza del 10 maggio 2013 il pubblico ministero
ha modificato la contestazione da furto tentato in furto consumato e ciò avrebbe
dovuto comportare la possibilità di chiedere un termine a difesa per valutare le
diverse opzioni difensive.

Il c.d. patteggiamento, disciplinato dagli artt. 444 e sgg cpp, è un istituto processuale
in base al quale il pubblico ministero e l’imputato si accordano sulla qualificazione
giuridica del fatto contestato, sulla concorrenza e valutazione delle circostanze e sulla
congruità della pena patteggiata.
Sulla base di tale accordo, il sindacato del giudice non ha la stessa ampiezza prevista
qualora si proceda al giudizio ma è limitato alla valutazione sull’esistenza, che deve
apparire evidente, di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpp e ad
un giudizio di congruità sul trattamento sanzionatorio.
Ne consegue che non sono proponibili con il ricorso per Cassazione censure che
attengono alla concreta ricostruzione dei fatti stessi, specie ove, come nella specie,
esse risultino del tutto generiche.
Neppure merita accoglimento l’eccezione in rito atteso che la richiesta della pena
patteggiata da parte dell’imputato, assistito dal difensore di fiducia, è intervenuta a
seguito della modifica dell’imputazione senza che venisse sollevata alcuna obiezione o
venisse richiesto termine a difesa.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore delle cassa delle ammende che, in
considerazione dei motivi dedotti, stimasi equo fissare, anche dopo la sentenza della
Corte costituzionale n.186 del 2000, in euro 1.500,00.
p.q.m.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento di 1.500,00 euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 5.3.2014

Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto su motivi non consentiti.

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