Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28321 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28321 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
PRISCO ANGELO N. IL 20/08/1966
avverso l’ordinanza n. 9589/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
08/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino Izzo, ha concluso
chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
per il ricorrente è presente l’Avvocato Giuseppe Torneo, il quale chiede dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

alla misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui all’articolo 416 bis
commi da uno a sei, per aver partecipato all’associazione di tipo mafioso
denominata clan Fabbrocino..
A seguito di riesame, Il Tribunale di Napoli, con ordinanza dell’8 gennaio 2013,
annullava l’ordinanza impugnata e disponeva l’immediata scarcerazione del
ricorrente se non detenuto per altro titolo.
In particolare l’ordinanza affermava l’esistenza ed operatività criminale del
cosiddetto clan Fabbrocino, sulla base di plurimi provvedimenti giudiziari, che
vedeva in posizione di rilievo le figure di Bifulco Biagio e Cesarano Domenica ed un
modus operandi caratterizzato da una sorta di riconversione delle attività del

gruppo, impegnato ad investire denaro in imprese apparentemente legali; nello
specifico, però, era esclusa la sussistenza della gravità indiziaria a carico del Prisco.
Secondo la prospettazione accusatoria i gravi indizi di colpevolezza si basavano su
tre elementi: l’intestazione di alcune quote delle società facenti capo ai fratelli
Prisco a familiari di Fabbrocino Mario; i rapporti personali economici tra l’indagato e
Bifulco Biagio, desumibili da intercettazioni telefoniche; le indagini patrimoniali, che
dimostravano l’assoluta incapacità finanziaria del ricorrente a gestire un’attività
commerciale, consistente nella gestione di una catena di supermercati.
A giudizio del Tribunale del riesame non emergono dagli elementi di accusa
sovvenzionamenti alla famiglia Prisco da parte di appartenenti al clan, ma piuttosto
l’operazione inversa, interpretabile anche come un’imposizione subita. Inoltre dalla
documentazione difensiva emerge una solida situazione patrimoniale e reddituale
dell’indagato, come del resto emerso anche a seguito di specifici accertamenti fiscali
eseguiti dalla Guardia di Finanza.
Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica di Napoli, denunciando
violazione di legge, carenza e contraddittorietà della motivazione, perché il
Tribunale per il riesame, pur riconoscendo che l’ala imprenditoriale del clan ha
assunto importanza pari se non superiore a quella militare, avrebbe male valutato
gli elementi di prova a carico dell’indagato, con una contraddittoria ed incongrua
interpretazione della intercettazione telefonica della conversazione tra l’indagato e
Cozzolino, riportata nell’ordinanza, omettendo di valutare il materiale probatorio
2

Con ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Napoli Prisco Angelo era sottoposto

prodotto in udienza e l’informativa di p.g. dell’Il dicembre 2012, dalla quale
emergono rapporti commerciali anche con altro componente del clan, tale Maturo
Francesco; infine avrebbe sottovalutato i rapporti dell’indagato con Cozzolino
Francesco, riducendoli ad un semplice rapporto di lavoro.
Contraddittoria sarebbe infine l’affermazione di una capacità reddituale solida,
basata sugli accertamenti di evasione fiscale.
Con memoria difensiva depositata il 2 aprile 2013, a norma dell’art. 127 comma 2

profilo della genericità, poiché le censure attengono a profili strettamente di merito,
riguardanti l’apprezzamento della gravità indiziarla e non la illogicità della
motivazione, né contrasti con singoli atti posti a fondamento della decisione.
Anche con riferimento alla conversazione n. 25 del 12 dicembre 2007, valorizzata
nella prospettiva accusatoria, si evidenzia che ne esistono due difformi trascrizioni e
che il Tribunale del riesame ha valutato il tenore della conversazione in modo
ineccepibile sotto il profilo logico, per cui ogni diversa interpretazione dell’atto
implica una censura di merito.
Infine l’accostamento dell’indagato al fratello Prisco Donato e il richiamo delle
dichiarazioni del collaboratore Auriemma Michele sono elementi privi di consistenza,
poiché l’indagato non ha alcun rapporto con il germano ed il collaboratore nulla dice
in ordine a Prisco Angelo.
In conclusione si chiede che chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in
subordine rigettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In primo luogo, va ricordato che il sindacato conducibile dalla Corte di
Cessazione sui provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti
sulla libertà personale esclude un potere di revisione degli elementi materiali e
fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il profilo della sussistenza degli indizi di
colpevolezza, e di rinnovata considerazione delle caratteristiche soggettive
dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e
insindacabile del giudice, cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare,
nonché del Tribunale del riesame. Le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei
gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari, possono assumere rilievo solo
se rientrino nella previsione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), se cioè
integrino il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione, la cui
denuncia impone di verificare che la motivazione della pronunzia:
a) sia “effettiva” e non soltanto apparente, ossia realmente idonea a rappresentare
le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;
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c.p.p., il difensore dell’indagato sottolinea l’inammissibilità del ricorso, sotto il

b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei

suoi punti

essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle
regole della logica;
c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili
incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni
in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”, indicati in
cassazione e capaci di inficiarne la tenuta logica.
Non è, dunque, sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano
semplicemente “contrastanti” con particolari accertamenti e valutazioni del
giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle
responsabilità, nè che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più
persuasiva di quella fatta propria dal giudicante, mentre è richiesto che detti atti
siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro
rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal
giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Cass., Sez. 6,
n. 10951 del 15/3/2006, Casula, rv. 233710 e 233708). Il giudice di legittimità è,
pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una
motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a
seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti “atti del processo”, senza
pertípoter procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o adottare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente
plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, operazioni che
trasformerebbero il sindacato della Corte di Cassazione in un ulteriore giudizio di
merito (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, rv. 251516, Pm in proc. Longa; Sez. 2, n.
56 del 7.12.2011, riv. 251761, Siciliano; sez. 6, n. 45036 del 2/12/2010, Damiano,
rv.249035; sez. 6 n. 31390 dell’8/7/2011. D’Amato, rv. 250686).
2. L’applicazione al caso di tali consolidati e condivisibili principi, induce ad
escludere che la evenienza denunciata del vizio di motivazione rilevante ex art. 606
cod. proc. pen., comma 1, lett. e), si sia verificata, a fronte di una motivazioni
dell’ordinanza gravata, che, in maniera efficace, è stata articolata

in

modo

conforme a logica e senza incongruenze.
2. 1 In particolare, il provvedimento ha preso in considerazione la conversazione tra
l’indagato e Cozzolino del 12.12.2007, sottolineando che essa ha un contenuto
ambiguo che si presta a diversa chiave di lettura fondata sui rapporti di affari
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modo specifico ed esaustivo nei motivi posti a fondamento del ricorso per

esistenti tra i due, perché il Cozzolino (titolare del caseificio ICS) è uno dei fornitori
dei prodotti caseari nei supermercati del Prisco.
Quanto alla lamentata omessa valutazione del materiale probatorio prodotto in
udienza e dell’informativa di p.g. dell’Il dicembre 2012, si tratta all’evidenza di
censure del tutto generiche, come tali inammissibili: l’ordinanza dà atto della
insussistenza di nuovi elementi indiziari alla luce della nuova produzione
documentale (pagina 8 dell’ordinanza) e a fronte di ciò il ricorrente si limita ad
Quanto infine alla capacità reddituale, desunta da verifiche fiscali, va in realtà
osservato che gli accertamenti della Guardia di Finanza in ordine a condotte evasive
sono valorizzati dal Tribunale per il riesame solamente in chiave di riscontro delle
produzioni documentali della difesa, rispetto alle quali il ricorrente nulla osserva, se
non registrare criticamente che tale documentazione è stata valutata, come in
effetti doveva essere.
2.1 Per le considerazioni svolte deve escludersi che l’ordinanza impugnata sia
affetta dai vizi denunciati, sicché la stessa supera il vaglio conducibile nel giudizio di
legittimità, mentre il ricorso risulta inammissibile e tale va dichiarato.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013
Il P

i nte

Il Consigliere estensore

esprimere un diverso avviso, non suffragato da alcuna specifica argomentazione.

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