Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28320 del 10/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28320 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BADRANI ABDEL MONEM N. IL 29/01/1977
avverso l’ordinanza n. 1277/2013 GIP TRIBUNALE di FOGGIA, del
06/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino Izzo, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Foggia del
6 febbraio 2013, previa convalida dell’arresto facoltativo eseguito da personale
cautelare in carcere in danno di Badrani Abdel Monem, per il delitto di lesioni
personali aggravate dall’uso di un’arma bianca in danno del coniuge.
Il giudice per le indagini preliminari convalidava l’arresto eseguito dagli agenti
dell’ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della Questura di Foggia, nei
confronti del Badrani, in situazione di quasi flagranza del reato di lesioni sopra
indicate; contestualmente ha disposto l’applicazione all’indagato della misura della
custodia cautelare in carcere.
2. Contro l’ordinanza di convalida l’arresto e l’ordinanza di applicazione di misura
cautelare ricorre l’indagato, con atto il proprio difensore avvocato Antonio Daniele,
affidato a tre motivi:
I) difetto di motivazione dell’ordinanza di convalida dell’arresto, avendo il giudice
solo apparentemente adempiuto al suo obbligo di motivazione, una formula
stereotipata “poichè eseguito nelle forme e nei termini di legge”,

senza alcun

riferimento né alla gravità della fattispecie concreta, né allo stato di fragranza, né
alla pericolosità del soggetto; tale vizio si ripercuote anche sull’applicazione della
misura cautelare, la quale può essere disposta anche fuori dei limiti di pena previsti
dagli articoli 274, comma 1, lettera C e 280 c.p.p.;
II) illegittimità dell’arresto per mancanza della flagranza del reato; secondo il
ricorrente l’arresto è avvenuto all’esito della discussione sommarie informazioni
della vittima e di alcuni ospiti della struttura in cui era avvenuto il fatto e solo a
seguito di controlli, sarebbe stato individuato l’indagato. Una situazione di questo
tipo è stato ritenuta in giurisprudenza non rientrare nel concetto di quasi flagranza;
III) illegittimità dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare per mancanza
dei presupposti di legge; essendo la convalida di arresto presupposto
imprescindibile per l’applicazione alla misura cautelare, la mancanza il presupposto
determina illegittimità della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. il ricorso proposto da Badrani Abdel Monem è infondato e, pertanto, va rigettato.

2

della sezione volanti della questura di Foggia, era applicata la misura della custodia

1.1 Sussistono, invero, i presupposti di legge perché possa ritenersi legittimamente
effettuato l’arresto facoltativo in flagranza: gli ufficiali ed agenti di P.G. sono
intervenuti, secondo quanto accertato dal giudice di merito, subito dopo l’episodio
lesivo svoltosi in danno di Hanen Ghoudwar nel centro d’accoglienza in cui la donna
soggiornava, per cui la condotta criminosa si sarebbe potuta ulteriormente
protrarre. L’aggressore si trovava ancora sul posto, tanto che a seguito di controlli
all’interno del centro di accoglienza l’indagato fu visto mentre si dava a precipitosa
presso la Questura, secondo una prassi di notoria applicazione, nulla toglie alla
tempestività dell’intervento nel quale si è fatto luogo materialmente all’arresto.
1.2. La privazione dello status libertatis del Badrani era, indubbiamente, facoltativa,
ma la motivazione dell’ordinanza del g.i.p. rende conto della valutazione, da parte
del giudice, della gravità del fatto in ogni suo aspetto, come emerge dal riferimento
a: “la gravità del fatto, le relative modalità, nonché il mezzo utilizzato per
l’aggressione” (un coltello a serra manico), denotanti una personalità incline all’uso
della violenza e incapace di risolvere in maniera pacifica i conflitti, elementi da
valutare anche ai fini della pericolosità ai sensi dell’art. 381 cod. proc. pen., comma
4, che sugli stessi criteri va calibrata.
1.3. Non sussiste, pertanto, la denunciata carenza motivazionale; ne’ il
provvedimento può dirsi inficiato dal fatto che la motivazione sulla legittimità
dell’arresto debba integrarsi con le argomentazioni svolte in ordine all’emissione
della misura cautelare, trattandosi di statuizioni assunte in un unico contesto e,
come tali, suscettibili di una lettura coordinata.
Inoltre, poiché la convalida dell’arresto è un fatto processuale, è consentito alla
Corte di legittimità l’accesso diretto agli atti in base ai quali è stata disposta e
dunque al verbale di arresto, anche ai fini di apprezzarne direttamente i
presupposti.
Del resto in sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice è tenuto
unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che legittimavano l’adozione
della misura con una verifica ex ante ed il vaglio a cui è chiamato in questa fase
attiene soltanto alla verifica del ragionevole uso dei poteri discrezionali della polizia
(Sez. 5, n. 21577 del 27/03/2009, P.M. in proc. Celona, Rv. 243885).
2. Quanto alla mancanza della flagranza del reato (secondo motivo), il ricorrente
non ha tenuto conto del fatto che l’art. 382 c.p.p., sotto la rubrica

“stato di

flagranza”, disciplina, oltre che la flagranza in senso stretto, che è la condizione di

chi viene colto nell’atto di commettere un reato, anche la “quasi flagranza” che è
caratterizzata, subito dopo il fatto, dall’inseguimento del reo ovvero dalla sorpresa
dello stesso “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato
immediatamente prima”. Il concetto di “quasi flagranza implica, secondo il costante
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fuga. Il fatto che il verbale di arresto sia stato formalmente redatto alcune ore dopo

insegnamento di questa Corte, non necessariamente la diretta percezione dei fatti
da parte della polizia giudiziaria, ma solo (nella seconda delle due ipotesi descritte
dalla norma richiamata) l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del
fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso, con le “cose” o le
“tracce” del reato, e dunque il susseguirsi senza soluzione di continuità dei diversi
eventi, rappresentati dalla condotta del reo e dall’intervento della polizia giudiziaria.
Mentre nulla vieta, ai fini della configurabilità della “quasi flagranza”, che la
all’attività investigativa dispiegata, occorrendo solo l’immediata e diretta percezione
delle stesse cose e tracce da parte della polizia giudiziaria, e del loro collegamento
inequivoco con l’indiziato (Sez. 4, n. 46159 del 16/09/2008, P.M. in proc. Olivieri,
Rv. 241756).
Con riferimento, poi al concetto di “inseguimento del reo”, utile per definire il
concetto di quasi flagranza, questo deve essere inteso in senso più ampio di quello
strettamente etimologico di attività di chi corre dietro, tallona e incalza, a vista, la
persona inseguita. Esprime, cioè, un concetto comprensivo anche dell’azione di
ricerca, immediatamente eseguita, anche se non immediatamente conclusa, purché
protratta senza soluzione di continuità, sulla base delle ricerche immediatamente
predisposte sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a
conoscenza dei fatti. L’inseguimento può quindi avvenire anche dopo un periodo di
tempo, necessario alla polizia giudiziaria per giungere sul luogo del delitto, acquisire
notizie utili e iniziare le ricerche. Ed è stato altresì chiarito che il concetto di
“inseguimento” ad opera della forza pubblica comprende ogni attività di indagine e
ricerca finalizzata alla cattura dell’indiziato di reità, purché detta attività non
subisca interruzioni dopo la commissione del reato, anche se si protragga per più
tempo (Sez. 2, n. 44369 del 10/11/2010, Califano e altro, Rv. 249169)
2.1 Nel caso di specie gli operanti intervennero subito dopo la commissione del
fatto (alle ore 13.30) e quasi immediatamente, sulla scorta delle indicazioni della
vittima e di altri ospiti del centro di accoglienza, vedevano l’indagato fuggire e si
ponevano all’inseguimento, a piedi, del fuggitivo; le operazioni si chiudevano alle
ore 15.00.
Alla stregua di tale delineata sequenza fattuale e temporale, non può escludersi la
sussistenza dell’elemento della quasi flagranza, non ravvisando soluzione di
continuità nella ricerca del colpevole.
3. All’infondatezza dei primi due motivi di ricorso, consegue il rigetto anche del
terzo motivo, poiché l’illegittimità dell’ordinanza di applicazione della misura
cautelare è dedotta unicamente sotto il profilo della illegittimità della convalida
dell’arresto.
4

sorpresa con le cose o le tracce del reato sia casuale, piuttosto che conseguente

4. Il rigetto del ricorso, che pianamente consegue a quanto fin qui osservato,

comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

Il Presi

te

Il Consigliere esten ore

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2013

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