Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28319 del 21/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28319 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MURCIANO MARIA nato il 23/12/1960 a NARDO’

avverso la sentenza del 19/06/2015 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso,
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/06/2016, la relazione svolta dal
Consigliere ANDREA TRONCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore della parte civile, Avv. ANTONELLA LEOPIZZI (in
sostituzione dell’Avv. SERGIO LUCERI), che ha concluso per il rigetto del
ricorso;

Data Udienza: 21/06/2016

R.G.Cass. n. 53581/15

Corte Suprema di Cassazione

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 19.06.2015 la Corte di appello di Lecce

confermava la decisione adottata il 26.09.2013 dal Tribunale del
capoluogo, con cui Maria MURCIANO era stata condannata, con le concesse
attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione
(oltre statuizioni civili), previa declaratoria di colpevolezza in ordine al

CORDELLA del reato di falso in cambiali, pur essendo consapevole della sua
innocenza.
La Corte territoriale, ferma la ricostruzione dei fatti già operata
dal Tribunale, rilevava come dovesse essere ribadita la valutazione di piena
attendibilità della costituita parte civile, la quale:
D

non aveva mai negato di aver intrattenuto altri rapporti professionali
con Giuseppe MAGNO, marito deceduto della MURCIANO, sempre
indicato come il reale gestore della società “COSTRUZIONI SALENTINA
s.r.l.”., di cui egli stesso era stato socio, al di là della veste formale di
legale rappresentante in capo all’imputata, che di tanto aveva peraltro
reso ammissione;

>

aveva credibilmente sostenuto di aver ignorato l’esistenza della
dichiarazione di fallimento della società in questione, proprio per il
rilevante e persistente attivismo del MAGNO in ambito societario;

D

aveva indicato il rapporto sottostante all’emissione di titoli per cui è
processo nel pagamento di proprie prestazioni professionali in favore
della società, nonché nella cessione di quote sociali alla figlia dei coniugi
MAGNO – MURCIANO, le une e l’altra comprovate dalla documentazione
all’uopo prodotta;

>

pur in presenza dell’esito favorevole della consulenza disposta
dall’ufficio del pubblico ministero, circa la provenienza dalla MURCIANO
delle firme apposte sugli effetti cambiari di cui trattasi, aveva
nondimeno insistito nella propria rappresentazione della vicenda, ossia
che dette sottoscrizioni erano state vergate direttamente dal MAGNO,
indicato come titolare di delega ad hoc rilasciatagli dalla moglie,
peraltro alla presenza della MURCIANO.
Non senza osservare, in aggiunta a quanto sopra, che l’imputata,

pur sicuramente edotta del ruolo del marito e del credito vantato dal
CORDELLA:

reato di calunnia, ascrittole per aver falsamente accusato Fernando

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Corte Suprema di Cassazione

D aveva deliberatamente taciuto, nelle due denunce a sua firma, dei
rapporti stabili tra la società di cui era legale rappresentante ed il
CORDELLA, giungendo ad asserire che costui, lavorando alle
dipendenze di altra società, aveva nondimeno modo di accedere negli
uffici della “COSTRUZIONI SALENTINA” e così di “formare falsamente le
cambiali in suo favore”;
D che la natura fraudolenta di dette denunce era altresì’ desumibile dalla
constatazione del regolare pagamento delle prime due cambiali del

delle stesse prima della data di scadenza della terza, oltre dalla radicale
inverosimiglianza delle pretese rassicurazioni ricevute dal marito, che le
aveva detto che si sarebbe occupato in prima persona della questione.

2.

Avverso detta pronuncia ha proposto tempestivo ricorso per

cassazione il difensore di fiducia della MURCIANO, il quale formula tre
motivi di doglianza.
2.1

Con il primo di essi lamenta violazione dell’art. 606 lett. c) del

codice di rito, in ragione della mancata osservanza del disposto dell’art.
521 cod. proc. pen., per avere i giudici di merito concordemente mutuato
una ricostruzione della vicenda diversa da quella oggetto di contestazione,
in quanto basata sulla falsificazione della firma ad opera del MAGNO, di
concerto con l’imputata, quale “espediente concordato con il marito per
bloccare il pagamento delle cambiali”: donde la nullità assoluta della
sentenza emessa all’esito del giudizio in tal modo inficiato.
2.2

La seconda censura attiene alla dedotta violazione delle lettere b)

ed e) dello stesso art. 606 cod. proc. pen., in rapporto all’art. 368 cod.
pen., stante la emersa veridicità dell’originario assunto della MURCIANO, di
non essere l’autrice delle sottoscrizioni incriminate, potendo anzi ipotizzarsi
una forma di concorso del CORDELLA, risultato personalmente estraneo
alle fittizie sottoscrizioni, nel reato di cui all’art. 485 cod. pen.,
materialmente posto in essere dal MAGNO.
2.3

Il terzo profilo di critica – ancora una volta per violazione delle

lettere b) ed e) dell’art. 606 cod. proc. pen. – investe la valutazione di
affidabilità del MAGNO, che si assume essere totalmente illogica e
contraddittoria nella parte in cui la Corte, dimentica altresì delle dimensioni
della realtà in cui sono maturati i fatti, ha dato credibilità alle affermazioni
della parte civile di aver ignorato l’intervenuta declaratoria di fallimento e,
ancora, di avere la MURCIANO assistito alla firma delle cambiali da parte
del marito, avvenuta sulla scorta di una pretesa delega che in ogni caso

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complessivo regolamento intervenuto far le parti e dalla formalizzazione

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Corte Suprema di Cessazione

non vi era necessità di azionare, proprio per via della presenza contestuale
dell’imputata. Affermazioni – si sostiene – che travolgono totalmente la
credibilità del CORDELLA, impedendo che le sua dichiarazioni possano
essere poste a base di una declaratoria di colpevolezza.

3.

Con memoria ex art. 611 cod. proc. pen., il patrono della

costituita parte civile deduce come la difesa dell’imputata, sotto l’apparenza

reintrodurre “surrettiziamente una serie di questioni strettamente attinenti
al merito del processo”, come tali estranee al giudizio di legittimità,
provvedendo comunque a passare in rassegna singolarmente i tre motivi
sopra illustrati, di ciascuno confutandone la fondatezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, con ogni

consequenziale statuizione.

2.

La preliminare eccezione di nullità, da cui è d’uopo prendere le

mosse, tradisce scopertamente il tentativo – subito stigmatizzato dalla
difesa di parte civile – di spostare l’oggetto del processo rispetto al tema
imposto dalla formulazione del capo d’accusa. Ma, al di là di tale
constatazione, il dato decisivo ed assorbente è che il ricorrente è esplicito
nel sostenere che la dedotta violazione si ricollega ad una ricostruzione
della vicenda riconducibile già al Tribunale e poi fatta propria dalla Corte
territoriale: ne consegue, a prescindere da ogni altro rilievo, la sicura
tardività dell’eccezione, formalizzata per la prima volta in sede di
legittimità, risultando del tutto estranea al tenore dell’atto di appello, in
violazione del disposto dell’art. 606 ult. co . c.p.p., attesa la tipologia di
nullità qui ricorrente, secondo il consolidato insegnamento della
giurisprudenza di questa Corte:
“La violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza integra
una nullità a regime intermedio che, in quanto verificatasi in primo grado,
può essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza nel grado
successivo. Ne consegue che detta violazione non può essere dedotta per
la prima volta in sede di legittimità” (così Cass. Sez. 6, sent. n. 31346 del
12.07.2012, Rv. 253217; adde in senso conforme, a contrario, Cass. Sez.
5, sent. n. 572 del 30.09.2013 – dep. 09.01.2014, Rv. 258709,
relativamente ad un’ipotesi di eccezione legittimamente dedotta in sede di

di “motivi di impugnazione per vizi di legittimità”, abbia in realtà inteso

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Corte Suprema di Cassazione

ricorso per cassazione a seguito di condanna pronunciata per la prima volta
dal giudice d’appello).

3.

Palesemente inconsistente è anche la seconda censura mossa dal

ricorrente avverso la sentenza della Corte salentina: invero, la sicura non
riconducibilità della grafia con cui furono riempite le cambiali per cui è
processo alla mano del CORDELLA vale a confermare puntualmente la
falsità delle accuse mosse dalla MURCIANO, che certo non può essere

chiara – nonché gratuita e comunque non consentita in sede di legittimità deformazione della ricostruzione del fatto operata dalle due sentenze,
concordi nel collocare la MURCIANO come presente al momento del rilascio
dei titoli in questione. Non conferente, poi, è il richiamo alla sentenza
11310/2015 di questa Corte, che tratta di una ipotesi del tutto divergente,
in punto di fatto.

4.

Anche il terzo ed ultimo motivo di doglianza non supera il

preliminare vaglio di ammissibilità.
Al di là della qualificazione formale dei vizi prospettati, ciò cui il
ricorrente tende è l’espunzione dal materiale probatorio della basilare
testimonianza del CORDELLA, in forza della sua denunciata inaffidabilità,
peraltro attraverso la non consentita estrapolazione di singoli passaggi
della deposizione della parte lesa, comunque connotati da
un’interpretazione marcatamente soggettiva.
Invero, la valutazione di credibilità formulata nei confronti del
CORDELLA non è affatto inficiata irrimediabilmente dalla sua affermazione
di aver ignorato l’intervenuto fallimento della società “COSTRUZIONI
SALENTINA”, posto che la sentenza di Tribunale – che notoriamente
concorre a formare un unico ed organico costrutto motivazionale con la
pronuncia d’appello, ove si sia in presenza di una c.d. “doppia conforme”,
come nel caso in esame – è chiara nel significare che il succitato CORDELLA
ebbe a dare ragione della circostanza, rappresentando di essere assente
per ragioni di lavoro dalla cittadina di residenza, ove rientrava solo per due
fine settimana al mese. Il che costituisce una logica giustificazione, che i
giudici di merito hanno concordemente e coerentemente ritenuto
attendibile e che sfugge pertanto a rilievi di manifesta illogicità, essendo
appena il caso di segnalare che è semmai l’assunto difensivo ad introdurre
un elemento di incomprensibile incongruenza nella ricostruzione della
vicenda, rendendo inspiegabile l’accettazione, ad opera della parte lesa, di

scriminata, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, sulla base della

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Corte Suprema di Cassazione

effetti che gli potevano essere contestati in ogni momento, nonostante la
pacifica sussistenza delle sottostanti ragioni di credito di cui si è detto in
precedenza, mai contestate ex adverso.
Allo stesso modo, nessun vizio di manifesta illogicità è dato
ravvisare nella riferita firma delle cambiali da parte del MAGNO, pur in
presenza della MURCIANO, stante la veste di amministratore di fatto
propria del defunto marito dell’odierna ricorrente, che la sentenza

credibilità del CORDELLA, anche nella parte in cui ha riferito del proprio
convincimento circa l’esistenza di una delega che legittimava il MAGNO a
svolgere in prima persona tutte le attività societarie.
Seguono,

ex lege,

la condanna al pagamento delle spese

processuali, sia in favore dell’Erario che della costituita parte civile, nonché
della ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle
ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende, nonché alla rifusione delle spese del grado in favore della parte
civile Fernando CORDELLA, che liquida in complessivi C 4.500,00 oltre 15%
per spese generali, iva e cpa, come per legge, ed C 80,00 per indennità di
trasferta.
Così deciso in Roma, il 21.06.2016

impugnata attesta essere stata dalla stessa riconosciuta: donde la ritenuta

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