Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28318 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28318 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUDA GIUSEPPE N. IL 15/06/1970
POSTORINO ANTONELLA N. IL 19/03/1973
avverso l’ordinanza n. 156/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/04/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Piero Gaeta, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6/12/2012 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria,
decidendo a seguito di rinvio operato da questa Corte, ha confermato il
sequestro preventivo della somma di C 47.250 disposto dal Giudice delle indagini

Pastorino Antonella. La somma costituiva il corrispettivo della vendita a Cosma
Antonino di un appartamento sito in Villa San Giovanni, loc. Pezzo, via Litoranea,
che era stato precedentemente acquistato dai coniugi Buda-Pastorino ad un’asta
pubblica, indetta dal Giudice delle Esecuzioni di Reggio Calabria negli anni 2005
e 2007 e “turbata” ai sensi degli artt. 353 e 629, comma 2. cod. pen. e 7 della
L. 203/1991. Per questi reato è in corso procedimento penale promosso, tra
l’altro, nei confronti di Grillo Brancati Vitaliano, Imerti Antonino, Passalacqua
Domenico, Buda Pasquale, Buda Francesco, Buda Santo e Barbieri Domenico.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente il quadro di gravità indiziaria sulla
scorta di plurime intercettazioni telefoniche e ambientali, dalle quali è emerso
che le aste pubbliche del 29/11/2005 (nel corso della quale l’immobile era stato
aggiudicato a Buda Giuseppe) e del 3 luglio 2007, poi rinviata al 16 ottobre
2007, erano state pesantemente “turbate” dall’intervento delle cosche di
‘Ndrangheta locali, che avevano tenuto lontano altri interessati.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
di Buda Giuseppe e Pastorino Antonella, l’avv. Francesco Calabrese, il quale
lamenta la violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 240 cod. pen. sotto tre
aspetti:
a) in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti. Deduce che
nessun elemento probatorio o indiziario è stato esposto per ritenere che il
genitore del ricorrente, Buda Santo, fosse stato compartecipe dell’azione
delittuosa (la turbativa d’asta) che aveva determinato l’acquisto dell’immobile in
capo a Buda Giuseppe. Anzi, era pacifico che il procedimento riguardante Buda
Santo era stato archiviato;
b) in ordine alla provenienza del denaro, non essendo emerso che la somma di C
47.250, oggetto di sequestro, rappresentasse il corrispettivo della vendita
dell’immobile oggetto della turbativa d’asta;
c) in ordine alla possibilità che il provvedimento ablativo colpisca un soggetto
estraneo al reato e non collegato in nessuna maniera con l’oggetto materiale del

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preliminari del locale Tribunale in data 11/4/2011 a carico di Buda Giuseppe e

reato. Un soggetto, inoltre, all’oscuro della turbativa portata all’asta in cui era
avvenuto l’acquisto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili, perché proposti da legale sprovvisto di procura
speciale.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha condivisibilmente chiarito che

legittimato a ricorrere per cassazione avverso i provvedimenti che dispongono le
misure ablative del sequestro o della confisca. Si è, in proposito, osservato, che
“per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico – come è il caso dei
ricorrenti – vale analogicamente la regola, espressamente menzionata dall’art.
100 c.p.p. per la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente
obbligata per la pena pecuniaria, secondo cui essi “stanno in giudizio coi
ministero di un difensore munito di procura speciale”, al pari di quanto previsto
nel processo civile dall’art. 83 c.p.c.; mentre solo l’indagato o imputato, che è
assoggettato all’azione penale, sta in giudizio di persona, avendo solo necessità
di munirsi di difensore che, oltre ad assisterlo, io rappresenta ex lege e che è
titolare di un diritto di impugnazione in favore dell’assistito per il solo fatto di
rivestire la qualità di difensore, senza alcuna necessità di procura speciale,
imposta soltanto per i casi di atti riservati espressamente dalla legge all’iniziativa
personale dell’imputato. Invece, il terzo interessato, al pari dei soggetti
considerati espressamente dall’art. 100 c.p.p., è portatore di interessi civilistici,
sicché anche esso, in conformità a quanto previsto per il processo civile (art. 83
c.p.c.), non può stare personalmente in giudizio, ma ha un onere di patrocinio,
che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore”
(Cass. pen., sez. 6, n. 13798 del 20 gennaio 2011, Bonura, rv. 249873, e n.
46429 del 17 settembre 2009, Pace ed altri, rv. 245440).
Tale regola è stata affermata per i terzi colpiti da misure ablative ai sensi
della L. 1423/56 (Cass., 13798/2011); da sequestro e successiva confisca
disposta ex art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, convertito in L. n. 256 del 1992
(Cass. Pen., 10398 del 2012); da sequestro seguito da confisca ai sensi dell’art.
2/ter della L. 575/65 (Cass. Pen., 46429 del 17/9/2009); da sequestro
preventivo disposto ex art. 321 cod. proc. pen. (Cass. Pen., n. 8942 del
20/10/2011, RV 252438; Cass., 11726 del 4/3/2010).
Nel caso di specie l’immobile è stato sottoposto a sequestro preventivo ai
sensi dell’art. 321 cod. proc. pen., in quanto provento di reato commesso da
soggetti diversi dagli odierni ricorrenti (seppure a questi legati da rapporti di
parentela). Buda Giuseppe e Pastorino Antonella sono legittimasti a ricorrere

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il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è

avverso il decreto suddetto, in quanto colpiti nei loro interessi dal provvedimento
cautelare, ma possono farlo, per quanto si è detto, a mezzo di difensore munito
di procura speciale. Non risulta, però, sulla base degli atti disponibili, che l’avv.
Francesco Calabrese, firmatario dell’impugnazione, sia munito della procura in
questione; né ad una procura speciale a lui rilasciata si fa menzione nel corpo dei
ricorsi.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, con conseguente
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma a

reputa equo quantificare in C 1.000 per ciascun ricorrente,

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1,000 a favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/4/2013

favore della Cassa delle ammende, che, in considerazione dei motivi di ricorso, si

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