Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28315 del 21/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28315 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BONANNI MARCO nato il 09/08/1967 a ROMA

avverso la sentenza del 08/11/2013 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso,
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/06/2016, la relazione svolta dal
Consigliere ANDREA TRONCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI,
che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata,
limitatamente al trattamento sanzionatorio; txrotitee t e STO
– –

Udito il difensore Avv.

Data Udienza: 21/06/2016

R.G.Cass. n. 24984/15

Corte Suprema di Cassazione

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 08.11.2013 la Corte d’appello di Roma

confermava la sentenza con cui il g.u.p. del Tribunale di Rieti aveva
dichiarato Marco BONANNI colpevole della contestata violazione
continuata dell’art. 73 D.P.R. 309/90, per aver illecitamente detenuto,
all’interno dell’abitazione occupata con la propria convivente, oltre gr. 13
di cocaina, idonei al confezionamento di 74 dosi medie singole, nonché

ed aver coltivato due di tali piantine, dell’altezza di cm. 10 circa
ciascuna, per l’effetto disponendone la condanna, previo inquadramento
del fatto in seno all’ipotesi attenuata prevista dal quinto comma della
norma incriminatrice ed esclusione della parimenti contestata recidiva,
alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed C 9.000,00 di multa,
oltre statuizioni accessorie in tema di confisca e distruzione (droga) e
restituzione (denaro) di quanto in sequestro.

2.

Avverso detta sentenza ha proposto tempestivo ricorso il

difensore di fiducia del predetto BONANNI, il quale, al di là delle censure
aventi ad oggetto la ricostruzione fattuale della vicenda per cui è
processo, in ordine alle quali rinvia ai profili a suo tempo dedotti con
l’atto di appello:
>

lamenta non aver la Corte distrettuale sciolto “il dubbio prospettato
dalla difesa circa la riconducibilità della condotta dell’imputato alla
correità anziché alla semplice consapevolezza connivente”;

>

denuncia la carenza motivazionale relativamente alla “«prova»
che la sostanza fosse destinata alla cessione a terzi”;

>

invoca comunque l’annullamento con rinvio della impugnata
sentenza, per effetto delle modifiche legislative e della nota sentenza
della Corte Costituzionale in materia, medio tempore intervenute.

3.

La sentenza impugnata va in effetti annullata con rinvio,

esclusivamente in ragione delle implicazioni connesse ai sopravvenuti
mutamenti della normativa in materia, in punto di trattamento
sanzionatorio.

4.

Invero, palesemente inammissibile è il primo motivo di

doglianza, connotato da assoluta ed insanabile genericità, sia alla luce

poco più di gr. 22 di marijuana, mescolata a semi della relativa pianta,

R.G.Cass. n. 24984/15

Corte Suprema di Cassazione

della sua stessa formulazione, sia in ragione del mancato confronto
critico con la sentenza impugnata che, in uno con quella del primo
giudice – quest’ultima, anzi, supportata da ancor maggiore ampiezza
argomentativa, in cui è dato opportuno risalto anche alla palese
inverosimiglianza ed alle contraddittorietà delle dichiarazioni della pur
confessa coimputata e convivente del BONANNI – in forza di una ben
precisa ricostruzione fattuale, assistita da linearità e congruenza logica,
è pervenuta alla conclusione della falsità delle dichiarazioni del BONANNI

come rafforzamento della volontà, dallo stesso fornito alla detenzione
delle sostanze stupefacenti rinvenute: onde non si pone nella vicenda
alcun profilo di violazione di legge, bensì solo di adeguatezza della
motivazione, che – si ripete – non è affatto manifestamente illogica e
con la quale il ricorrente non si rapporta affatto. Con l’ulteriore
precisazione che il profilo avente ad oggetto la destinazione allo spaccio
delle sostanze per cui è processo – nei limiti in cui esso qui rileva – è
stato formalizzato per la prima volta con il presente ricorso, risultando
estraneo al tenore dell’appello in precedenza proposto e,
conseguentemente, esso pure è inammissibile, in ossequio alla
previsione di cui all’art. 606 ult. co . del codice di rito.

5.

Va invece accolta la doglianza in tema di trattamento

sanzionatorio.
E’ notorio che, successivamente alla pronuncia della cui
impugnazione si tratta, la norma incriminatrice ha subito reiterate
modifiche, di segno favorevole all’imputato, da ultimo ai sensi della
legge 16.05.2014 n. 79, di conversione del d.l. 20.03.2014 n. 36:
discende da ciò, in conformità all’insegnamento delle Sezioni Unite, che
“Il diritto dell’imputato, desumibile dall’art. 2, comma quarto, cod. pen.,
di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli
succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere
di applicare la “lex mitior” anche nel caso in cui la pena inflitta con la
legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto la
finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e
di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione,
precedentemente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati
dal legislatore in termini di minore gravità” (così la sent. n. 46653 del
26.06.2015, Della Fazia, Rv. 265110, relativa giusto ad un’ipotesi di
reato ex art 73 co. 5 D.P.R. 309/90).

3/C

e, per l’effetto, della sussistenza del contributo causale, quam minime

R.G.Cass. n. 24984/15

Corte Suprema di Cassazione

Inoltre, con la medesima sentenza testé citata, le Sezioni Unite
hanno puntualizzato, alla luce della (legittima) erosione del principio
dell’intangibilità del giudicato ogniqualvolta esso entra in rotta di
collisione con l’esigenza di tutela di un diritto fondamentale della
persona – a tale riguardo venendo in considerazione i parametri
costituzionali di cui agli artt. 2, 24 e 27 della Carta Fondamentale,
evocati anche con la massima che precede, e, correlativamente,
l’ampliamento dei poteri del giudice dell’esecuzione – che “In tema di

d’ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento
sanzionatorio per l’imputato, anche in presenza di un ricorso
inammissibile…”

da intendersi con esclusione dei soli casi di

inammissibilità per tardività, in tal caso essendosi in presenza di un già
perfezionato giudicato formale – “… disponendo, ai sensi dell’art. 609
cod. proc. pen., l’annullamento sul punto della sentenza impugnata
pronunciata prima delle modifiche normative ‘in melius’ ” (cfr. sent. cit.,
Rv. 265111).
In applicazione di tali principi la sentenza va dunque annullata e
rimessa ad altro giudice per la determinazione del quantum di pena.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione
della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21.06.2016

successione di leggi nel tempo, la Corte di cassazione può, anche

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