Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28310 del 21/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28310 Anno 2016
Presidente: CITTERIO CARLO
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONTU FRANCO nato il 14/02/1951 a ESCOLCA

avverso la sentenza del 07/05/2015 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/06/2016, la relazione svolta dal .
Consigliere ANDREA TRONCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI,
che ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore Avv.

Data Udienza: 21/06/2016

R.G.Cass. n. 35373/15

Corte Suprema di Cassazione

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Con sentenza in data 07.05.2015 la Corte d’appello di Cagliari,

in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale del capoluogo,
dichiarava non doversi procedere nei confronti di Franco CONTU, quanto
al reato previsto e punito dall’art. 651 cod. pen., per intervenuta
prescrizione: eliminava, per l’effetto, la relativa pena, così residuando a

reclusione, concernente il reato di resistenza a pubblico ufficiale, che
confermava.

2.

Avverso detta pronuncia propone tempestivo ricorso il difensore

di fiducia del CONTU, sulla scorta di due motivi di doglianza:
a)

con il primo lamenta che, a fronte di una formale imputazione che
individua nel M.Ilo DAVI’ il pubblico ufficiale in danno del quale
sarebbe stato commesso il comportamento incriminato, la Corte
distrettuale abbia rilevato che “la condotta di resistenza è stata
posta in essere nei confronti di tutti gli operanti che, in forze, si sono
dovuti adoperare per fermano e poi per farlo entrare nella vettura,
mentre continuava a dimenarsi per sottrarsi alla presa”, in spregio al
principio di correlazione tra il fatto ascritto e la decisione adottata;

b)

con il secondo si duole della violazione di legge commessa,
relativamente alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo
richiesto dalla fattispecie incriminatrice, e comunque della
contraddittorietà della motivazione sviluppata sul punto dalla
sentenza impugnata, non essendo stato tenuto in debita
considerazione, per un verso, che il succitato sottufficiale indossava
nell’occasione abiti borghesi e, dunque, il CONTU non era stato in
grado di percepire il disvalore oggettivo della condotta attuata,
anche alla luce delle proprie condizioni personali di alcooldipendente; per altro verso, che le condizioni psichiche del
prevenuto, pur non incidenti sulla capacità d’intendere e di volere del
CONTU, nondimeno erano tali da legittimare l’invocazione della
“ignoranza della norma extrapenale, poiché questa si è trasformata
in un errore sul fatto che costituisce il reato, rilevante ai sensi
dell’art. 47, comma 3, cod. pen.: non avere la percezione, così come
indicato nel capo d’imputazione, di impedire una determinata

2

carico dell’imputato medesimo quella a mesi cinque e giorni dieci di

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Corte Suprema di Cassazione

funzione pubblica”, avendo quindi l’imputato agito nella soggettiva
convinzione della liceità del proprio operato.
3.

Il proposto ricorso non è fondato e va pertanto disatteso, con

ogni consequenziale statuizione.

4.

E’ lo stesso atto d’impugnazione che riporta

l’incipit della

motivazione della Corte distrettuale, laddove si afferma emergere dagli
atti di causa che, stante la presenza di una persona, successivamente

Serri, mentre erano in corso le manifestazioni per la festa di San Basilio,
e che, pur invitata alla calma dai Carabinieri in servizio di ordine
pubblico, aveva inveito nei confronti dei militari per poi darsi alla fuga, a
seguito della richiesta dei documenti d’identità,

“gli operanti, […]

coadiuvati anche dal M.Ilo DAVI’, in quel momento libero dal servizio,
intervenuto per calmare il CONTU, l’avevano raggiunto e bloccato, ma il
CONTU aveva continuato ad agitarsi e aveva spinto il M.Ilo DAVI’. Anche
dopo essere stato bloccato il CONTU aveva continuato ad agitarsi,
opponendo resistenza per entrare nell’auto di servizio”.
Tale essendo la non contestata ricostruzione dei fatti per cui è
processo, è di tutta evidenza che il M.Ilo DAVI’, essendosi unito ai
militari in divisa nelle operazioni volte a porre fine alla condotta del
CONTU, altro non poteva essere che un Carabiniere in borghese, al di là
delle obiezioni difensive in proposito, il cui carattere formalistico,
meramente funzionale alla strategia difensiva perseguita, è reso
manifesto dal successivo passaggio della motivazione della Corte
distrettuale, su cui in particolare il ricorso appunta la propria attenzione,
ove si legge che “la condotta di resistenza è stata posta in essere nei
confronti di tutti gli operanti che, in forze, si sono dovuti adoperare per
fermarlo e poi per farlo entrare nella vettura, mentre continuava a
dimenarsi per sottrarsi alla presa”:

in tal modo, infatti, il giudice

d’appello non ha certo inteso operare una indebita estensione
dell’originario ambito dell’imputazione, bensì ha voluto solo
esplicitamente contrastare e superare l’obiezione difensiva basata sul
preteso difetto dell’elemento psicologico del reato previsto e punito
dall’art. 337 cod. pen., per via del mancato riconoscimento, da parte
dell’imputato, del M.Ilo DAVI’, contraddetto, appunto, dal
comportamento in concreto posto in essere dal CONTU nel descritto
contesto.

3 A7S

identificata nel CONTU, che creava disordine e scompiglio nel centro di

R.G.Cass. n. 35373/15

5.

Corte Suprema di Cassazione

Quanto precede vale, al contempo, a dare contezza della logicità

e congruenza del ragionamento, in forza del quale la Corte territoriale
ha disatteso le argomentazioni difensive – qui reiterate sotto i profili in
precedenza illustrati – circa il presunto difetto, in capo all’imputato,
dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie incriminatrice, in tale
quadro significando altresì l’irrilevanza del timore del CONTU di essere
riportato in carcere, quale motivo evidentemente evocato a

la consuetudine del CONTU con l’abuso di sostanze alcoliche, nessun
pregio riveste il tentativo difensivo, non consentito nella presente sede
di legittimità, di accreditare una diversa lettura delle considerazioni, per
vero assolutamente chiare, rappresentate dal perito all’uopo nominato
ed appositamente riportate nella sentenza impugnata, per l’effetto
restando assorbito ogni ulteriore sviluppo proposto dal ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 21.06.2016

giustificazione della condotta dell’agente. Mentre, per ciò che concerne

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