Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2831 del 09/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2831 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARTAGINE SANTE N. IL 26/07/1959
avverso la sentenza n. 3477/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
10/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 09/10/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia,
resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato condannato alla
pena di sei mesi di arresto e 2.800,00 euro di ammenda, per il reato di cui all’art. 256,
comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006.
2.

– Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per

cassazione, lamentando la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche

e della lontananza nel tempo dei precedenti penali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

– Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza non

sufficientemente specifica. Il ricorrente non svolge puntuali rilievi critici alla motivazione
della sentenza impugnata e si limita a riproporre in sede di legittimità doglianze relative
al trattamento sanzionatorio già esaminate e motivatamente disattese in grado
d’appello. È sufficiente qui evidenziare che, a fronte di generiche asserzioni relative ad
un preteso buon comportamento processuale dell’imputato, i giudici di secondo grado
hanno fornito su tale profilo un’adeguata e coerente motivazione, perché hanno negato
la concessione delle circostanze attenuanti generiche e hanno ancorato la
determinazione della pena ad elementi oggettivi, quali le dimensioni della discarica
abusiva e le risultanze del certificato penale, che attestano numerosi precedenti penali,
anche per reati gravi come la rapina. E si tratta, del resto, di un trattamento
sanzionatorio complessivamente assai contenuto, tenuto conto dei limiti edittali.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2015.

e l’eccessività della pena, sul rilievo del buon comportamento processuale dello stesso

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