Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28301 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28301 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Dolce Mauro, nato a Roma il 19/07/1953

Avverso la sentenza del 29/10/2015 della Corte di appello di L’Aquila

Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso,
Udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Agnello Rossi, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio
Uditi i difensori, Avv. Domenico De Nardis Domenico per la parte civile Comune di
L’Aquila, e Avv. Gregortio Equizi, per la parte civile Associazione di Promozione
Sociale 3 e 32, che hanno concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso
con liquidazione della nota spese
Udito il difensore, Avvocato dello Stato Ettore Figliolia, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29/10/2015 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato
quella pronunciata in data 15/10/2013 dal G.U.P. del Tribunale di L’Aquila in sede

Data Udienza: 08/04/2016

di giudizio abbreviato, con la quale Dolce Mauro era stato riconosciuto colpevole
del delitto di cui all’art. 356 cod. pen., in quanto nella veste di responsabile unico
del procedimento per il progetto C.A.S.E. presso il Dipartimento della Protezione
Civile aveva concorso in una frode nella fornitura da parte di ALGA s.p.a. di isolatori
sismici, fra l’altro risultati privi dei certificati di omologazione e qualificazione del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: il G.U.P. aveva condannato il Dolce alla

condannato a risarcire il danno cagionato alle parti civili Comune di L’Aquila e
Associazione di Promozione Sociale 3 e 32.

2. Ha presentato ricorso il Dolce, patrocinato dall’Avvocatura distrettuale dello
Stato.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 417 e 521 cod. proc.
pen. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., per
violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Il Dolce era stato condannato per una condotta omissiva, consistita nel non
aver provveduto a segnalare o fare in modo di bloccare o regolarizzare la fornitura,
nonostante i compiti delineati dal d.P.R. 554 del 1999, mentre la contestazione
era riferita alla condotta commissiva consistente nell’aver accettato gli isolatori
sismici e aver dato corso al montaggio, venendo meno al dovere di controllo.
La questione era stata sollevata con i motivi di appello ma la Corte aveva
rilevato che si trattava di formule equivalenti, sebbene in tal modo avesse travisato
il decisum del Giudice di primo grado, nel contempo finendo per riconoscere
l’estraneità della condotta omissiva al capo di imputazione. Inoltre diversi erano i
riferimenti normativi richiamati in detto capo, limitati al d.m. 14 gennaio 2008,
rispetto a quelli su cui si era fondata la condanna, riguardanti la legge 109 del
1994 e il d.P.R. 554 del 1999.
L’eterogeneità e incompatibilità sostanziale delle tipologie di condotte aveva
arrecato un vulnus al diritto di difesa del ricorrente, non posto in condizione di
difendersi con riferimento ai presupposti su cui si fondava la condotta omissiva,
non essendo stata peraltro contemplata nell’imputazione una responsabilità ex art.
40, comma secondo, cod. pen. e non essendo stata delineata la base normativa
della posizione di garanzia.
Peraltro su tali punti si sarebbe dovuta rimarcare anche la contraddittorietà
della motivazione utilizzata dalla Corte territoriale.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 356 cod. pen. in
relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.

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pena di anni uno di reclusione ed euro 1.000,00 di multa e lo aveva altresì

Sebbene fosse stata segnalata in un motivo di appello la questione inerente
all’individuazione degli elementi ulteriori che valgono a colorare in termini di frode
l’inadempienza convenzionale, la Corte non aveva spiegato in quale attività poteva
o doveva ritenersi realizzata quell’azione fraudolenta diversa dal mero
inadempimento contrattuale in ordine alla mancanza della certificazione della
qualificazione.

sulla base dell’accertamento della sostanziale mancata adesione da parte della
Stazione appaltante al mutamento della prestazione pattiziamente convenuta,
astenendosi dall’individuare il comportamento positivo dell’impresa fornitrice
volto ad eludere il controllo circa la rispondenza della fornitura alle previsioni
contrattuali, comportamento che avrebbe dovuto consistere in espedienti maliziosi
volti a far si che l’esecuzione del contratto apparisse conforme agli obblighi,
occorrendo anche la dissimulazione fraudolenta dell’aliud pro allo.
Ma tale elemento esulava dalla concreta fattispecie, in quanto i dispositivi
erano quelli oggetto della previsione contrattuale, tanto che successivamente alla
fornitura avrebbero conseguito la prevista certificazione di omologa.
Né sarebbe potuto valere il solo rilievo del mancato consenso della
committenza a qualificare l’inadempimento in termini di azione fraudolenta.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 356 cod. pen. e
contraddittorietà della motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e), cod. proc. pen.
La Corte territoriale aveva dato atto del dibattito a livello mondiale sui
dispositivi oggetto della fornitura, trattandosi di una novità assoluta e di materiale
ancora sotto esame.
Del resto i dispositivi al momento della fornitura non avevano conseguito il
certificato di omologazione, che sarebbe stato rilasciato solo nell’ottobre 2010,
benché obbligatorio a decorrere dal primo luglio 2009 in forza della legge 77 del
2009 in relazione al d.m. 14 gennaio 2008.
Peraltro per questo nell’art. 5 del capitolato speciale era stata prevista la
possibilità di una regolarizzazione postuma dei dispositivi, tanto che la gara era
stata assegnata benché vi fosse la consapevolezza della momentanea mancanza
del certificato di qualificazione.
Non vi sarebbe potuta essere malafede contrattuale quando quella mancanza
era a conoscenza di tutti, già al momento dell’indizione della gara. Né a questo
fine avrebbe potuto rilevare il mutamento della fornitura, con riguardo ai materiali
delle superfici di scorrimento e di rotazione, trattandosi comunque di dispositivi
non omologati al momento della fornitura.
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In definitiva la Corte territoriale aveva ritenuto di poter ravvisare la frode solo

Era dunque contraddittorio il ragionamento della Corte, astenutasi
dall’accertare la mala fede, presumendola in mancanza di accettazione espressa
di dispositivi non omologati, e nel contempo basatasi sul fatto notorio che l’oggetto
della fornitura al momento dell’espletamento della gara doveva essere sottoposto
agli accertamenti previsti, quando per altro verso aveva dato rilievo all’ignoranza
della Stazione appaltante, indotta dal soggetto agente circa la mancanza della

Peraltro la certificazione era stata poi rilasciata, il che avrebbe impedito di
ravvisare una difformità significativa, idonea ad incidere sullo svolgimento del
rapporto con l’amministrazione e ad offendere il bene tutelato dalla norma
incriminatrice.
Con riguardo all’aspetto della certificazione si sarebbe potuto dunque
ravvisare semmai un mero inadempimento di scarsa importanza, peraltro da
valutare anche alla luce dell’estrema urgenza che caratterizzava la fornitura al fine
di dar corso alle necessarie strutture abitative post-terremoto.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2,
comma 1, lett. h) e i), e 8, comma 1, lett. r) e x), d.P.R. 554 del 1999, art. 7,
comma 3, legge 109 del 1994, art. 10, comma 2, d.lgs. 163 del 2006 agli effetti
dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
Era stata dedotta nei motivi di appello la non pertinenza della normativa in
materia di lavori pubblici, trattandosi di mera fornitura.
La replica della Corte secondo cui la fornitura doveva essere utilizzata nella
realizzazione di lavori pubblici, laddove a carico della ditta fornitrice vi era anche
la posa in opera, era erronea, in quanto a carico della impresa ALGA s.p.a. vi era
solo l’assistenza alla posa in opera da parte di ditte terze.
Trattandosi di fornitura, si sarebbe dovuto far riferimento al d.lgs. 163 del
2006, che all’art. 10 assegna al responsabile del procedimento la vigilanza sulla
corretta esecuzione dei contratti ma nei limiti dei compiti che non siano
specificamente attribuiti ad altri soggetti o organi, al direttore dei lavori e non al
responsabile del procedimento facendo dunque capo compiti di verifica e di
accettazione del materiale oggetto di fornitura.
Vengono richiamati orientamenti della Suprema Corte di cassazione e del
Consiglio di Stato in ordine alle funzioni del responsabile del procedimento nelle
procedure di appalti pubblici, in conformità con le previsioni del disciplinare del
Capitolato speciale d’appalto che attribuiva alla Direzione Lavori il compito di
sopraintendere alla corretta esecuzione in linea tecnica delle prestazioni
commissionate, secondo le previsioni dell’art. 24.

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qualità dei beni oggetto della fornitura.

Inoltre rispetto al tipo di fornitura in esame lo stesso d.P.R. 14 gennaio 2008
attribuiva al Direttore dei Lavori le prerogative di accettazione dei dispositivi e di
verifica dell’omologazione, secondo quanto previsto al punto 11.1.
Era inoltre da segnalarsi l’errore dei Giudici di merito riguardante il significato
attribuito agli artt. 2 e 8 d.P.R. 554 del 1999, posto che gli aspetti di complessità
e specialità avrebbero dovuto riguardare un’opera pubblica e non materiale per

Peraltro l’art. 2 era da correlarsi a specifiche finalità previste da altri articoli
della legge di riferimento, non interferenti con la materia in esame, avente ad
oggetto la gestione di un contratto di fornitura, fermo restando che la norma non
avrebbe potuto incidere nel senso di modificare il ruolo svolto dal responsabile del
procedimento.
Né si sarebbero potuti comunque considerare innovativi gli isolatori sismici in
oggetto, trattandosi di materiale per il quale era scaduto un brevetto americano
risalente agli anni ’80.
2.5. Con il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 8,
comma 1, lett. r), d.P.R. 554 del 1999, agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen.
La Corte territoriale aveva ricavato dall’art. 8, comma 1, lett. r), d.P.R. 554
del 1999 la configurabilità in capo al responsabile del procedimento di compiti di
vigilanza sulla realizzazione dei lavori, ma la fattispecie non era applicabile, essa
operando solo nel caso, non ricorrente, di concessione di lavori pubblici, che si
caratterizza per l’assunzione da parte dell’operatore privato dei rischi della
gestione del servizio.
Peraltro la norma richiamata dalla Corte, recepita dall’art. 141 d.lgs. 163 del
2006, risultava derogata dall’O.C.P.M. n. 3753 del 6 aprile 2009.
2.6. Con il sesto motivo deduce mancato esame del motivo di appello relativo
all’O.C.P.M. del 6 aprile 2009 n. 3753 agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b),
c), e), cod. proc. pen.
Era stato dedotto che la citata ordinanza aveva fra l’altro derogato all’art. 132
del codice dei contratti in materia di varianti con conseguente legittimità
dell’operato della Stazione appaltante rispetto alle variazioni di fornitura.
In tal modo era stato delineato, in ragione dell’emergenza, un regime
normativo peculiare, nell’ambito del quale si sarebbe dovuta verificare la
legittimità dell’operato del responsabile del procedimento. Ma la Corte aveva
omesso di confrontarsi con tale pur dirimente argomento.
Del resto era stata posta una deroga che concerneva la legislazione
contrattualistica, dunque il d.lgs. 163 del 2006, posto che la legge 109 del 1994 e
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essa utilizzato.

il d.P.R. 554 del 1999 erano stati abrogati, cosicché detta normativa non avrebbe
potuto essere posta a fondamento della posizione di garanzia del Dolce.
Peraltro non si sarebbe potuta reputare indispensabile la precisa indicazione
di tutte le norme derogate.
2.7. Con il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
40, comma secondo, e 356 cod. pen., violazione dell’art. 8 d.P.R. 554 del 1999,

effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
All’imputato era stato addebitato di non aver adempiuto all’obbligo di vigilanza
sulla corretta esecuzione dell’opera, in quanto avrebbe dovuto non consentire la
fornitura e l’istallazione degli isolatori sismici.
Ma ciò prescindeva dalla natura del reato, che è di mera condotta di frode, e
dall’effettivo contenuto della prestazione demandata alla società ALGA, relativa
alla fornitura ma non alla posa in opera.
Il reato si era perfezionato al momento della prestazione giudizialmente
censurata, cosicchè l’esercizio tempestivo della funzione di vigilanza, peraltro
indebitamente attribuita al Dolce, non avrebbe potuto impedire la realizzazione
della fattispecie criminosa, potendo incidere solo posteriormente al compimento
della prestazione.
Pur potendosi ravvisare un concorso nella forma omissiva, sarebbe occorsa
tuttavia una posizione di garanzia e sarebbe stato inoltre necessario che
l’omissione fosse stata condizione necessaria, nel senso che l’azione doverosa
avesse impedito il fatto-reato.
Anche a voler ammettere l’esistenza della posizione di garanzia, nessuna
azione commissiva avrebbe potuto essere compiuta dall’imputato
preventivamente rispetto alla fornitura, onde impedire la consumazione del reato.
Peraltro al responsabile del procedimento non erano attribuiti compiti di
accettazione né dall’art. 5 del Disciplinare, essendo previste prove di accettazione
della Stazione appaltante, né dall’art. 23 dello stesso, che contemplava la verifica
della certificazione da parte della Commissione di Collaudo, né infine dall’art. 24,
che assegnava alla Direzione lavori il compito di ordinare gli adempimenti
occorrenti.
La stessa mancata omologazione avrebbe potuto essere apprezzata solo dopo
il compimento della prestazione commissionata.
Peraltro la Suprema Corte di cassazione aveva osservato che il reato è di pura
condotta, per cui non è ipotizzabile una responsabilità da causalità omissiva
neppure per il compartecipe, poiché il reato è privo di evento e l’art. 40 cod. pen.

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violazione dell’art. 7, comma 3, legge 109 del 1994, vizio di motivazione, agli

prevede tale tipo di responsabilità solo nel caso in cui l’agente non abbia impedito
l’evento.
2.8. Con l’ottavo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 40,
43, 110, 356 cod. pen., in relazione agli artt. 8 e 7 rispettivamente del d.P.R. 554
del 1999 e della legge 109 del 1994, nonché in relazione al d.m. 14 gennaio 2008,
e vizio di motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc.

Viene ribadito che tali norme non attribuivano al responsabile del
procedimento il potere di interdire la fornitura e l’installazione, per cui
erroneamente si era ritenuto che fossero ravvisabili a carico dell’imputato
omissioni idonee ad assurgere ad elemento causale del fatto-reato.
Peraltro il potere interdittivo non avrebbe potuto evitare la consumazione del
reato, in quanto non si inseriva nello svolgimento dinamico delle azioni
propedeutiche alla realizzazione della condotta illecita.
Inoltre la Corte non aveva fornito alcuna motivazione circa l’efficacia causale
spiegata da ciascuna condotta ascritta ai compartecipi, tenendo conto che
l’imputazione era contestata a titolo concorsuale anche all’ing. Calvi, direttore dei
lavori.
Sarebbe stato in realtà necessario che sul piano oggettivo fosse posta in luce
la rilevanza di ciascuna delle condotte e che sul piano soggettivo fosse accertato
che ciascun reo fosse consapevole degli obblighi su di lui gravanti e dell’incidenza
delle condotte sul piano eziologico.
La Corte aveva omesso di verificare se l’attuazione del comportamento
richiesto al responsabile del procedimento per effetto della normativa invocata a
sostegno potesse incidere sulla condotta posta in essere dall’altro compartecipe,
impedendo la commissione del reato.
Se il compito di accettare il materiale spettava al Direttore lavori sulla base
delle previsioni di cui ai punti 11.1 e 11.9 del d.m. 14 gennaio 2008, la Corte
avrebbe dovuto spiegare l’influenza che avrebbe potuto avere la ottemperante
condotta commissiva del responsabile del procedimento, in termini di interdizione
delle azioni illecite altrui, fermo restando che lo stesso non dispone di poteri
gerarchici rispetto al direttore lavori.
Né era stato spiegato come fosse desumibile la consapevolezza e condivisione
da parte del Dolce del carattere fraudolento della condotta dell’impresa fornitrice
nel quadro di un’analisi degli elementi strutturali tipici del concorso di persone.
2.9. Con il nono motivo denuncia violazione degli artt. 40, 43, 47, 110 cod.
pen., vizio di motivazione agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen.
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pen.

La Corte aveva accomunato la posizione del Dolce e quella dell’ing. Calvi,
peraltro attribuendo a quest’ultimo una condotta colposa, consistita nell’aver
autorizzato una variante dei contenuti senza rendersi conto dell’importanza della
variazione, e sottolineando con riferimento al Dolce che in base alle sue
conoscenze e alle segnalazioni ricevute avrebbe dovuto non consentire la
fornitura

reato, non essendo stato spiegato come fosse ravvisabile un concorso con
compartecipi che avrebbero tenuto le proprie condotte per colpa.
Peraltro la motivazione era contraddittoria, in quanto implicitamente era stata
riconosciuta al direttore lavori la facoltà di autorizzare varianti cosicché si era
omesso di considerare che nulla impediva al solo Calvi di autorizzare
espressamente la ditta ALGA a fornire dispositivi non omologati così da rendere
lecita la fornitura.

3. La difesa dell’imputato ha presentato memoria con motivi nuovi.
3.1. Con il primo deduce nullità dell’incidente probatorio, violazione e falsa
applicazione degli artt. 396, 398, 438 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 178,
180, 182, 191, 597, comma 1, cod. proc. pen. e agli artt. 24, 25, 111 Cost. agli
effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen.
Viene proposta una questione già sollevata fin dal primo grado di giudizio,
relativa alla nullità dell’espletato incidente probatorio, segnalandosi che
indebitamente era stato ritenuto che non vi fosse stato alcun vulnus per la difesa
in ordine alla mancata valutazione di deduzioni formulate prima dell’ammissione
dell’incombente e che la nullità era comunque superata dalla scelta del rito
abbreviato.
In subordine viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art.
438 cod. proc. pen. per violazione degli artt. 24, 25 e 111 Cost., nella parte in cui
la norma non prevede che le nullità ritualmente dedotte prima della richiesta non
restino sanate dalla richiesta medesima.
3.2. Con il secondo denuncia erroneità degli esiti dell’incidente probatorio e
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, agli effetti
dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Vengono riproposte censure formulate nell’atto di appello, cui la Corte non
aveva dato risposta, ritenendo erroneamente che la questione fosse irrilevante in
ragione del fatto che l’imputato era stato riconosciuto colpevole solo con
riferimento al profilo della mancata omologazione dei materiali forniti e non anche
in relazione agli ulteriori vizi riscontrati.
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Ma condotte colpose non erano compatibili con il concorso di persone nel

3.3. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 120 d.lgs 163 del 2006 agli
effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
La Corte aveva omesso di considerare che i materiali avevano ottenuto la
marcatura CE ai sensi della norma europea EN15129 del 1 agosto 2010 e
l’attestato di qualificazione e che la disciplina applicabile prevede una serie di atti
che sono destinati a confluire nel collaudo, solo a partire dal cui esito essi

Non era dunque possibile addebitare al Dolce di non aver proceduto
all’adozione di maggiori cautele nel consentire la fornitura, fermo restando che si
sarebbe dovuto dare rilievo all’accettazione da parte del direttore lavori e non da
parte del responsabile del procedimento.
Peraltro l’approvazione degli esiti del collaudo costituiva formale accettazione
della fornitura, rendendo irrilevante la circostanza che al momento della consegna
il materiale non avesse conseguito l’attestato di qualificazione previsto.
3.4. Con il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 74, 541, 2043 cod.
civ. agli effetti dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
Era insussistente il danno prospettato dalla parte civile Comune di L’Aquila, in
quanto risultava che i dispositivi avevano conseguito le omologhe di legge, la cui
mancanza aveva determinato la condanna.
Era inoltre illogico attribuire all’attestato di qualificazione una funzione di
controllo di qualità del singolo dispositivo, posto che la conformità di ciascun
isolatore fornito era affidata ai controlli di produzione, mentre l’attestato di
qualificazione viene rilasciato una tantum dal Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici.
Di qui l’erroneità delle statuizioni civili, pur consistite in una condanna
generica.
Era peraltro censurabile anche la condanna alla refusione delle spese in favore
dell’ulteriore parte civile Promozione Sociale 3 e 32, senza che fosse stata
accertata la sussistenza di pregiudizi risarcibili subiti da detta associazione, nulla
essendo stato detto in ordine alla ricorrenza di danni determinati dall’operato
dell’imputato nei confronti di detta parte civile.
Era dunque mancata in questo caso una pronuncia giudiziale in termini di
condanna, che giustificasse l’ulteriore condanna alla rifusione delle spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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assumono rilievo.

La contestazione formulata nei confronti del ricorrente era incentrata sul fatto
che il predetto e il Calvi, il primo responsabile del procedimento, il secondo
direttore dei lavori, erano venuti meno ai doveri di controllo: ciò evocava di per sé
una condotta omissiva che aveva propiziato l’accettazione e il successivo
montaggio degli isolatori sismici.
Ben può dirsi dunque che al ricorrente fosse stato contestato di aver

lui gravanti, esattamente come rilevato dalla Corte territoriale (cfr. pag. 4).
A tale stregua deve escludersi un difetto di correlazione tra contestazione e
sentenza, giacché la condanna pronunciata dai Giudici di merito si è fondata su
quel nucleo essenziale, rimasto inalterato, senza che possa parlarsi di
trasformazione dell’addebito in termini di eterogeneità e incompatibilità.
In particolare non può affermarsi che fosse stata sostituita una condotta
commissiva con una condotta omissiva, posto che, come rilevato, la contestazione
era incentrata sulla mancata osservanza del dovere di controllo, e neppure può
darsi rilievo al fatto che non fossero specificamente indicate nell’imputazione
talune norme poi utilizzate dai Giudici di merito per fondare la posizione di garanzia
del responsabile del procedimento, in quanto proprio il riferimento a tale veste e
al fatto che si trattava di una pubblica fornitura di isolatori sismici evocava il
quadro normativo che regola le competenze del responsabile del procedimento, in
aggiunta alle norme del dm. 14/1/2008, che erano state espressamente
menzionate.
Va aggiunto che la sentenza della Corte di cassazione richiamata nel ricorso
(cfr. pag. 13: Cass. Sez. 3, n. 47081 del 19/12/2007, Puca, rv. 238621) non è
pertinente, in quanto in quella sede non era stato rilevato genericamente un
mutamento delle norme di riferimento, ma più specificamente che la condanna era
stata pronunciata per un reato non corrispondente a quello che aveva formato
oggetto di contestazione, cioè inosservanza di prescrizioni anziché omessa
comunicazione di dati relativi ad emissioni: nel caso di specie invece la sentenza
ha avuto ad oggetto proprio il reato contestato sulla base di una condotta omissiva
che aveva reso possibile una fornitura non conforme.
Ed ancora va osservato che «il precetto dell’art. 521 primo comma, cod. proc.
pen., che enuncia il principio della correlazione tra accusa e sentenza va inteso
non in senso “meccanicistico formale”, ma in funzione della finalità cui è ispirato,
quella cioè della tutela del diritto di difesa. Ne consegue che la verifica
dell’osservanza di detto principio non può esaurirsi in un mero confronto letterale
tra imputazione e sentenza, occorrendo che ogni indagine in proposito venga
condotta attraverso l’accertamento della possibilità per l’imputato di difendersi in
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consentito la fornitura e l’installazione in violazione degli obblighi di vigilanza su di

relazione a tutte le circostanze del fatto» (Cass. Sez. U., n. 618 del 8/11/1995,
dep. nel 1996, Pagnozzi, rv. 203371).
Sul punto, nonostante il contrario avviso del ricorrente, deve rilevarsi come
la difesa fosse stata messa in condizione di interloquire sui vari aspetti della
contestazione, tanto che era stata ampiamente discussa la questione della
riferibilità della posizione di garanzia al direttore dei lavori anziché al responsabile

concernente la posizione del Dolce, avrebbe dovuto reputarsi immanente.

2. Sono inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo aggiunto, in
quanto nessuno dei tre si collega con doglianze contenute nel ricorso originario in
relazione a capi e punti già gravati da quel ricorso (Cass. Sez. U. n. 4683 del
25/2/1998, Bone’, rv. 210259).

3.

E’ infondato il secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto la

configurabilità del reato di cui all’art. 356 cod. pen.
3.1. Deve al riguardo premettersi che nella giurisprudenza della Corte di
cassazione si individuano due indirizzi in ordine al significato da attribuire alla
«frode nell’esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri
obblighi contrattuali».
In base ad un primo orientamento «ai fini della configurabilità del delitto di
frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento del
contratto, richiedendo la norma incriminatrice un “quid pluris” che va individuato
nella malafede contrattuale, ossia nella presenza di un espediente malizioso o di
un inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi
assunti» (Cass. Sez. 6, n. 5317 del 10/1/2011, Incatasciato, rv. 249448).
In base ad un secondo orientamento, che pare prevalente e che si condivide,
«integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che
consegna cose in tutto od in parte difformi dalle caratteristiche convenute senza
che occorra necessariamente la dazione di “aliud pro allo” in senso civilistico»
(Cass. Sez. 6, n. 27992 del 20/5/2014, Peratello, rv. 262538; Cass. 6, n. 1823
del 17/11/1999, dep. nel 2000, Berardini, rv. 217331; Cass. Sez. 6, n. 5102 del
25/3/1998, Minervini, rv. 213672).
Può dirsi conforme al secondo orientamento l’affermazione per cui «integra il
delitto di frode in pubbliche forniture anche la condotta di colui che fornisca una
cosa diversa da quella pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità, purché
la difformità sia apprezzabilmente significativa nel senso di risultare idonea ad

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del procedimento, fermo restando che il quadro normativo di riferimento,

incidere sullo svolgimento del rapporto con la pubblica amministrazione» (Cass.
Sez. 6, n. 42900 del 5/10/2010, Rugiano, rv. 248806).
Tale orientamento interpreta dunque la frode come mala fede contrattuale,
che sì traduce nella dolosa condotta di chi fornisca una cosa diversa per quantità
o qualità o provenienza rispetto a quanto pattuito: tale assunto ben si concilia con
il fatto che si tratta di reato di pura condotta, funzionale ad un’anticipazione e

danno per la persona offesa (in tal senso Cass. Sez. 6, n. 771 del 31/1072006,
dep. nel 2007, Baruffa, rv. 235790).
3.2. In tale ottica va rimarcato come secondo la ricostruzione dei Giudici di
merito la ditta Alga s.p.a. in difformità da quanto pattuito con i contratti n. 766 e
767 del 14/7/2009, per la realizzazione a L’Aquila nella fase post-terremoto di
alloggi del progetto C.A.S.E., avesse fornito alcuni isolatori sismici di tipo diverso
e in violazione di quanto indicato nella relazione tecnica allegata all’offerta di gara
per la fornitura e assistenza alla posa, riguardante il lotto 1 IS e il lotto 3 IS, e
comunque privi di certificati di omologazione e qualificazione.
La Corte territoriale ha in particolare osservato come al momento della stipula
dei contratti fosse comunque vigente il d.m. 14/1/2008, alla cui stregua era
necessario il rilascio del certificato di omologazione e qualificazione, peraltro
previsto anche dall’art. 5 del Capitolato Speciale dì Appalto, salvo differenti
indicazioni fornite dalla stazione appaltante.
Il quadro delle difformità in tal modo delineato era tale da rappresentare
quella dolosa esecuzione che vale ad integrare il reato contestato, non risultando
né che fossero state specificamente fornite dalla stazione appaltante indicazioni
diverse né che fossero state effettuate in alternativa prove di accettazione
mediante verifica del materiale fornito.
Deve sul punto osservarsi che i Giudici di merito hanno addebitato al
ricorrente la penale responsabilità solo in relazione alla mancanza di certificazione
o qualificazione del materiale: ma ciò non significa tuttavia che lo stesso
presentasse, secondo la proposta ricostruzione, anche altri tipi di difformità, più
direttamente influenti sulla idoneità del materiale a svolgere la funzione cui era
destinato.
Si è fatto riferimento in senso contrario ad una richiesta presentata al direttore
dei lavori dalla ditta fornitrice in data 20/7/2009, con la quale si prospettava la
fornitura di materiale di rotazione degli isolatori denominato Hotslide anziché
Xlide, come indicato nell’offerta: il direttore dei lavori si era limitato a rilevare che
al di là della denominazione era necessario assicurare che il materiale avesse

12

maggiore effettività della tutela, che non resta condizionata dal verificarsi di un

caratteristiche conformi all’obbligazione contrattuale, caratteristiche che
sarebbero state verificate per mezzo di prove previste dalle norme.
Correttamente sul punto la Corte territoriale ha rilevato che in tal modo non
era stata espressamente autorizzata una modifica sostanziale del materiale da
fornire.
Si è inoltre sostenuto che all’epoca della fornitura era notorio che il materiale

dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, tanto che quel materiale aveva dato
luogo ad un ampio dibattito, di cui aveva dato conto la Corte territoriale, fermo
restando che la qualificazione sarebbe intervenuta ex post nell’ottobre 2010.
Deve al riguardo rilevarsi come in assenza di puntuali indicazioni di segno
diverso il materiale da fornire avrebbe dovuto essere connotato da un requisito
normativamente previsto, costituito dalla marcatura CE o dalla qualificazione del
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, non potendo altrimenti dirsi conforme alle
previsioni contrattuali, lette alla luce delle disposizioni vigenti.
D’altro canto la circostanza che il contratto fosse stato stipulato quando
l’obbligo di qualificazione era certamente in vigore implicava che la fornitura
dovesse avere quella caratteristica, che tuttavia era rimasta inosservata per tutta
la fase dell’esecuzione, compreso il montaggio, senza che in alternativa fossero
state eseguite puntuali prove di accettazione.
Poiché, secondo l’orientamento qui condiviso non si sarebbe dovuto reputare
necessario un comportamento in frode volto ad occultare la mancanza di tale
qualità, ma solo la dolosa violazione delle condizioni contrattuali, incidente sul
rapporto con la pubblica amministrazione, in relazione alle potenzialità
pregiudizievoli correlate alla mancanza di una previa qualificazione (suffragate
dalle ulteriori difformità riscontrate), deve in conclusione ribadirsi la configurabilità
del reato contestato, non ravvisandosi sul punto né una violazione di legge né un
vizio di motivazione tale da disarticolare le conclusioni formulate dai Giudici di
merito.

4. Sono invece fondati i motivi di ricorso che riguardano l’attribuibilità al
ricorrente di un contributo nella fattispecie concorsuale e la sussistenza in capo al
predetto di un dolo di concorso.
4.1. Deve in primo luogo osservarsi che il reato di cui all’art. 356 cod. pen. è
di pura condotta e si consuma nel momento in cui viene eseguita la prestazione
difforme.
Si è sul punto affermato che «in tema di frode nelle pubbliche forniture, il
momento consumativo del reato di cui all’art. 356 cod. pen., presupponendo il
13

che ne formava oggetto non aveva ottenuto la marcatura CE o la qualificazione

compimento di una attività di verifica svolta dal contraente pubblico in grado di
disvelare il mancato adempimento del contratto nei suoi profili essenziali, coincide
con la contestazione di specifici vizi o inadempienze all’appaltatore, non essendo
sufficiente una qualsiasi difformità nell’esecuzione della prestazione o la mera
interlocuzione fra le parti» (Cass. Sez. 6, n. 38346 del 15/5/2014, Moroni,

rv.

260269).

quanto riguarda la fornitura di opere, può consumarsi anche anticipatamente alla
consegna dell’opera, quando la pubblica amministrazione abbia contestato alla
parte, nel corso della esecuzione dell’opera, i vizi o le inadempienze contrattuali
accertate» (Cass. Sez. 6, n. 12947 del 7/10/1999, Bua, rv. 216397).
Nel caso in cui oggetto del contratto siano beni destinati alla P.A., si è ritenuto
che il reato «si consuma nel momento e nel luogo della sua fraudolenta
esecuzione, da identificarsi in quello in cui avviene la consegna della cosa» (Cass.
Sez. 3, n. 22024 del 21/4/2010, Russo, rv. 247622).
A ben guardare il momento consumativo va valutato in rapporto al tipo di
prestazione in progress, dovendosi comunque ritenere che l’accertamento della
difformità valga a consacrare la consumazione.
Peraltro si tratta sempre di valutare l’esatto oggetto della prestazione.
Se questa si risolve nella fornitura di beni da installare, la prestazione può
dirsi esaurita con il concreto avviamento all’installazione, salva la possibilità di una
fornitura progressiva, cui segua a mano a mano l’installazione di quanto fornito,
ipotesi nella quale la consumazione dovrà considerarsi parimenti progressiva.
Induce a tale conclusione nel caso di fornitura di beni il principio desumibile
dall’art. 15 del Regolamento recante il capitolato generale LL.PP. di cui al d.m.
19/4/2000, che al secondo comma stabilisce che l’accettazione dei materiali e dei
componenti è definitiva dopo la posa in opera.
In tale prospettiva l’accettazione del bene fornito assume il significato di
momento consumativo alla stessa stregua della mancata accettazione, con la
differenza che l’accettazione si colloca all’interno della fattispecie mentre il rifiuto
opera ab extrinseco.
4.2. Sulla scorta di tali premesse si tratta di verificare se e in che misura possa
ravvisarsi un contributo concorsuale di tipo omissivo del responsabile del
procedimento.
Sul punto va rimarcato che la giurisprudenza non si è espressa in modo
uniforme con riguardo alla rawisabilità di un concorso per omissione in reato di
pura condotta.

14

Peraltro si è anche sostenuto che «Il reato di frode in pubbliche forniture, per

In un caso, riguardante proprio il reato di cui all’art. 356 cod. pen. si è
affermato che «il reato di frode nelle pubbliche forniture è reato di pura condotta
e non di evento, sicché non è ipotizzabile in relazione ad esso una responsabilità
da causalità omissiva» (Cass. Sez. 6, n. 771 del 31/10/2006, dep. nel 2007,

In un altro caso, concernente diversa fattispecie, si è invece sostenuto che «è
configurabile il concorso per omissione, ex art. 40, comma secondo, cod. pen.,
rispetto anche ai reati di mera condotta, a forma libera o vincolata» (Cass. Sez. 1,
n. 43273 del 23/9/2013, Confuorto, rv. 256859).
Si ritiene di condividere tale secondo orientamento giacché nell’ambito della
fattispecie concorsuale la condotta commissiva illecita ben può costituire sul piano
eziologico il termine di riferimento della doverosa attività di contrasto, cioè quella
situazione concreta che l’intervento doveroso -e invece omesso dal concorrentedovrebbe scongiurare.
Conseguentemente deve ritenersi che in tanto a carico del responsabile del
procedimento possa ascriversi una corresponsabilità, in quanto sia ravvisabile un
previo concerto con il soggetto tenuto alla prestazione o in quanto comunque il
responsabile del procedimento sia gravato da un obbligo di verifica e controllo,
violando il quale egli consapevolmente e volontariamente abbia propiziato la
progressiva prestazione in frode.
4.3. Il previo concerto con ì rappresentanti della società Alga s.p.a. non è
stato neppure prospettato.
Per il resto l’analisi, alla luce delle valutazioni già espresse dai Giudici di
merito, dovrà essere condotta con esclusivo riguardo al tema della certificazione
e qualificazione degli isolatori sismici oggetto della fornitura, solo in tali limiti
essendo stata ravvisata la responsabilità del Dolce.
Orbene, nel caso di specie la fornitura era funzionale alla realizzazione di lavori
pubblici urgenti, correlati alle esigenze abitative della popolazione colpita dal
terremoto.
Ferma restando l’operatività in deroga prevista dall’O.P.C.M. del 6/4/2009 n.
3753, si sarebbe dovuto aver riguardo alla disciplina dettata dal d.lgs. 163 del
2006, nel quale alla stregua di un testo unico erano confluite anche le norme
originariamente dettate dalla legge 109 del 1994 e dal d.P.R. 554 del 1999.
In particolare l’art. 10 d.lgs. 163 cit. stabilisce al secondo comma che «il
responsabile del procedimento svolge tutti i compiti relativi alle procedure di
affidamento previste dal presente codice, ivi compresi gli affidamenti in economia,
15

Baruffa, cit.).

e alla vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti, che non siano
specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti».
Ciò significa che ì compiti di vigilanza del responsabile del procedimento
devono essere valutati alla luce dei compiti espressamente affidati ad altre figure.
In tale ottica vengono in considerazione le competenze specificamente
attribuite al direttore dei lavori.

1999, dell’art. 15 del regolamento recante il capitolato generale dei LL.PP. di cui
al d.m. 19/4/2000 n. 145, dell’art. 24 del capitolato speciale di appalto e
soprattutto del d.m. 14/1/2008, capitolo 11, par. 11.1, 11.9.2., 11.9.3 grava la
verifica dei materiali, la relativa accettazione, l’accertamento della qualificazione
o certificazione, la disposizione di prove tecniche di accettazione.
A fronte di ciò il responsabile del procedimento è tenuto alla verifica della
complessiva regolarità della procedura e alla cura, in ciascuna fase di attuazione
degli interventi, del controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo
determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei
programmi.
Si tratta di un compito di controllo che non si concreta in una minuta verifica
dei materiali ma nel tenere sotto controllo la procedura, a fronte di compiti
specificamente affidati al direttore dei lavori, che concernono la valutazione delle
forniture e delle loro caratteristiche tecniche.
Ciò vai quanto dire che il compito attribuito in subiecta materia al direttore
dei lavori opera dall’interno della fornitura e ne consente al contempo l’esecuzione
progressiva, mentre il compito gravante sul responsabile del procedimento
influisce ab extrinseco, quale ricognizione ex post della regolarità della fase
esecutiva: in altre parole il controllo affidato al direttore dei lavori è tale da incidere
sullo sviluppo della fornitura fino al suo completamento e all’installazione del
materiale, mentre quello affidato al responsabile del procedimento concerne la
procedura nel suo insieme e nelle sue fasi, nel senso che l’intervento del
responsabile del procedimento è succedaneo a quello del direttore dei lavori e
dunque non può propiziare il progredire dell’esecuzione ma solo sancirne il
completamento o riconoscerne l’inadeguatezza, cosicché non può ipotizzarsi una
sua condotta omissiva che possa eziologicannente favorire la prosecuzione della
condotta illecita.
Deve essere peraltro fatta salva l’ipotesi che vi sia accordo tra direttore dei
lavori e responsabile del procedimento, al fine dell’accettazione della fornitura e
della sua progressiva esecuzione, ipotesi nella quale il responsabile del

16

In particolare è proprio su tale figura che ai sensi dell’art. 124 d.P.R. 554 del

procedimento risponderebbe di quell’intesa alla stessa stregua del direttore dei
lavori.
4.4. Sulla scorta di tali premesse deve rilevarsi come non possano trarsi
indicazioni di contrario segno dai riferimenti normativi invocati dai Giudici merito,
quanto all’art. 7, comma 3, legge 109 del 1994 essendo lo stesso assorbito dal
citato art. 10 d.lgs. 163 del 2006, e quanto all’art. 8 d.P.R. 554 del 1999,

r) afferisca all’ipotesi della concessione di lavori pubblici, non ravvisabile nella
specie, e dall’altro rilevare che l’accertamento e certificazione negli interventi (lett.
x) delle caratteristiche di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) e i), non abbia diretta
incidenza nel caso in esame, essi rilevando solo ai fini dell’applicazione di
specifiche norme (art. 17, comma 4 e 13, art. 20, comma 4, art. 28, comma 7)
della legge 109 del 1994.
In concreto dunque non si ravvisa nei confronti del responsabile del
procedimento un diretto obbligo di verifica dal quale possa ricavarsi un suo dovere
di intervento volto ad impedire la fornitura di materiale non qualificato o non
certificato, spettando al direttore dei lavori ogni valutazione in merito, anche al
fine di disporre se del caso idonee prove tecniche di accettazione.
Del resto l’accettazione o la non opposizione del direttore dei lavori comporta
la consumazione del reato, non potendo rilevare dopo tale momento una condotta
di segno contrario, a fronte di un reato ormai consumato.
4.5. Se dunque l’analisi delle rispettive competenze non consente di ascrivere
al Dolce, quale responsabile del procedimento, un contributo eziologicamente
rilevante per omissione, deve altresì rilevarsi come i Giudici di merito, secondo
quanto in modo puntuale rilevato dal ricorrente nell’ottavo e nel nono motivo di
ricorso, abbiano omesso qualsivoglia analisi dei rapporti intercorsi tra il
responsabile del procedimento e il direttore dei lavori, dovendosi in assenza di
elementi di segno diverso ricostruire la condotta del Dolce a prescindere da
convergenti intese con il direttore dei lavori.
Ciò rileva anche ai fini dell’elemento psicologico, giacché non è dato attribuire
al Dolce alcun contributo o intesa che possa porsi in linea con intendimenti omissivi
del direttore dei lavori, primariamente gravato dai doveri di intervento e controllo.

5. Assorbiti gli altri motivi di ricorso, da tutto ciò discende che il fatto non può
essere attribuito al ricorrente.
La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché l’imputato
non ha commesso il fatto.

17

dovendosi da un lato ritenere che la funzione di vigilanza e controllo di cui alla lett.

P. Q. M.

commesso il fatto.
Così deciso 1’08/04/2016

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver l’imputato

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