Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2830 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2830 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Capitanio Gilberta, nata a S. Elia Fiumerapido, il 12/4/1963;

avverso la sentenza del 15/10/2012 del Tribunale di Cassino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Gianrico Ranaldi, che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputata l’avv. Elio Raviele, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 18/12/2013

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1.Con sentenza del 15 ottobre 2012 il Tribunale di Cassino, in riforma della pronunzia
di primo grado e in accoglimento dell’appello della parte civile, condannava ai soli
effetti civili Capitanio Gilberta per il reato di diffamazione aggravata ai danni dell’ex
marito Buccilli Antonio, commessa mediante la spedizione alla Procura della Repubblica
di Cassino e a diverse autorità amministrativa di un esposto in cui addebitava al
medesimo comportamenti violenti tenuti nel periodo di convivenza matrimoniale a
causa dei disturbi mentali di cui lo stesso sarebbe vittima e che avrebbero trovato

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputata articolando due motivi. Con il primo ripropone
l’eccezione processuale già rigettata dal Tribunale e relativa all’inammissibilità
dell’appello per il difetto di legittimazione del patrono di parte civile a proporre il
gravame di merito in quanto privo di mandato difensivo idoneo a conferirgli tale potere.
Con il secondo motivo lamenta invece l’errata applicazione della norma incriminatrice
contestata, rilevando come l’imputata si sarebbe limitata a investire le autorità
competenti ad accertare l’idoneità dell’ex coniuge a ricoprire l’ufficio pubblico di cui
sarebbe titolare e la regolarità della sua nomina, visto che egli era stato riformato alla
visita di leva per i disturbi di cui sarebbe portatore. Fattispecie in relazione alla quale,
per conforme giurisprudenza, non sarebbe configurabile secondo la ricorrente il reato di
diffamazione una volta escluso che ricorra quello di calunnia, nel mentre l’eventuale
ulteriore divulgazione dell’esposto dovrebbe essere addebitato alle autorità destinatarie
del medesimo e non alla Capitanio.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
1.1 Come noto, nel processo penale, la parte civile, ai sensi dell’art. 100 comma 1
c.p.p., sta in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale. Tale
procura, necessaria per volontà della norma citata, attribuisce al difensore la
legitimatio ad litem e cioè la rappresentanza processuale della parte, differenziandosi in
tal senso da quella, eventuale, con cui allo stesso difensore venga eventualmente
trasferita ai sensi degli artt. 76 e 122 c.p.p. la legitimatio ad processum e cioè lo stesso
potere di esercitare l’azione civile nel processo penale attraverso la sottoscrizione
dell’atto di costituzione di parte civile.
1.2 Per il consolidato insegnamento di questa Corte il mandato alle liti non richiede
forme sacramentali e trasferisce al difensore anche la facoltà di appellare la sentenza
anche se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il suddetto
gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura “per un solo grado del
processo”, stabilita dall’art. 100 comma 3 c.p.p., può essere vinta dalla manifestazione
di volontà della parte – desumibile dalla interpretazione del mandato medesimo – di

conferma nel giudizio di riforma dal servizio di leva.

I

attribuire anche un siffatto potere. (Sez. Un., n. 44712 del 27 ottobre 2004, P.C. in
proc. Mazzarella, Rv. 229179).
1.3 Conformandosi a tali principi il Tribunale ha dunque provveduto ad interpretare il
contenuto della procura ed ha desunto dalla formula utilizzata dalla parte («la procura
speciale è conferita per ogni fase e grado del giudizio») la sua volontà di attribuire al
difensore anche il potere di impugnare la sentenza. Conclusione questa che deve
considerarsi corretta, atteso che il riferimento a tutti i gradi del giudizio appare

processo di primo grado, nel quale era stato conferito, e logicamente comprensivo di
quella di attribuire al difensore anche le facoltà necessarie a determinare la
prosecuzione del giudizio nei gradi ulteriori (v. per un caso analogo Sez. 5, n. 33369
del 25 giugno 2008, Pugliese, Rv. 241392).

2. Il secondo motivo è invece inammissibile. Per un verso, infatti, le doglianze in esso
prospettate si limitano a riproporre le censure avanzate con l’atto d’appello
motivatamente disattese dalla Corte distrettuale, le cui argomentazioni non sono state
specificatamente confutate dalla ricorrente, mentre per l’altro si esaurisce nella
soggettiva rivisitazione dell’intenzione dell’imputata che si risolve nella sollecitazione
del giudice di legittimità ad una, per l’appunto inammissibile, incursione nel merito.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente, oltre al pagamento delle
spese processuali, alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che appare equo
liquidare in complessivi euro 1.500 più accessori secondo legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi
euro 1.500 oltre accessori secondo legge.
Così deciso il 18/12/2013

espressivo della volontà del danneggiato di estendere i limiti del mandato oltre il

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