Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2830 del 09/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2830 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RADI SALAH N. IL 07/03/1964
avverso la sentenza n. 2799/2011 GIP TRIBUNALE di ORISTANO, del
09/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 09/10/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Gip del Tribunale di Oristano, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato
l’imputato alla pena di euro 1.800,00 di ammenda, con confisca del veicolo utilizzato,
per il reato di cui all’art. 256, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, relativamente al
trasporto abusivo di rifiuti, consistenti in materiali ferrosi di vario genere.
2.

– Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,

un’impugnazione qualificata come appello, sostenendo di essere autorizzato al

in ogni caso, occasionale, e chiedendo la revoca della confisca del veicolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – L’impugnazione – che deve essere qualificata come ricorso per cassazione,
ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., perché proposta contro sentenza non
appellabile, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., in quanto recante condanna
alla sola pena dell’ammenda — è inammissibile.
Il ricorrente non formula censure relative a lacune o vizi logici della motivazione,
limitandosi a contestare nel merito la valutazione dei fatti. In particolare, asserisce che
la sua condotta sarebbe stata occasionale, ma non specifica la natura del titolo abitativo
in suo possesso né il contenuto dello stesso; inoltre, non prospetta compiutamente di
avere venduto o anche solo di avere acquistato a titolo oneroso rottami ferrosi, avendo,
anzi, ammesso di averli raccolti abusivamente e di averli smaltiti presso centri di
raccolta.
Devono perciò richiamarsi integralmente i principi di diritto formulati in materia
dalla giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, sez. 3, 24 giugno, 2014, n. 29992, rv.
260266):
«la condotta sanzionata dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 è riferibile
a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra
quelle assentibili ai sensi del citato d.lgs., artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e
216, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una
attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati
e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità»;
«la deroga prevista dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, per l’attività
di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera
qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo
per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo
1998, n. 114, e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio».
2

commercio ambulante su aree pubbliche, affermando che la sua condotta sarebbe stata,

E, in applicazione di tali principi – come correttamente evidenziato dal Gip – la
condotta tenuta dall’imputato integra pienamente la fattispecie astratta punita dalla
disposizione incriminatrice.
Quanto alla confisca del veicolo utilizzato, la stessa è stata correttamente
disposta ai sensi dell’art. 259, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, senza che il
ricorrente abbia anche solo prospettato l’estraneità del veicolo al trasporto abusivo di
rifiuti; rifiuti che, anzi, sono stati trovati a bordo di tale veicolo dalla polizia giudiziaria.

sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2015.

4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della

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