Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28293 del 05/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28293 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CABA ENCARNACION VICTOR SERGIO N. IL 09/06/1982
avverso la sentenza n. 4783/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

In fatto e in diritto

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Caba Encarmacion Victor Sergio avverso la
sentenza emessa in data 23.11.2012 dalla Corte di Appello di Milano che in parziale riforma
di quella in data 4.10.2011 del Tribunale di Busto Arsizio con cui il predetto, tra gli altri, era
stato riconosciuto colpevole di quattro delitti di cui agli artt. 81 cpv c.p., e 73 co. 1 bis e 6
dPR 309/1990 (importazione di cocaina), ritenute le attenuanti generiche prevalenti
sull’aggravante, riduceva la pena ad anni sei, mesi sei di reclusione ed C 28.000,00 di multa.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale:

73 dPR 309/1990 per ciascun capo d’imputazione;
– quanto al capo sub 4, in relazione all’art. 379 c.p., poiché la condotta avrebbe dovuto
inquadrarsi in tale fattispecie (almeno come tentativo) e dichiararsi la non punibilità ai sensi
dell’art. 384 c.p.;
– quanto al capo 8, attesa la mera presenza passiva dell’imputato nel corso della
conversazione intercettata a bordo della Honda Civic e la conseguente sua estraneità
all’importazione dello stupefacente;
– in relazione alla commisurazione della pena.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate.
Le censure mosse pretendono a sovrapporre una diversa valutazione delle risultanze
processuali rispetto a quella compiuta dai Giudici di merito e, pertanto, sono improponibili
nel giudizio di legittimità.
Invero, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
Pen. Sez. Un. 30.4.1997, Dessimone).
Né risulta che sia stata invocata con l’atto di appello l’applicazione del comma 5 0 dell’art. 73
dPR 309/1990 e comunque la Corte ha fatto corretta applicazione della normativa di settore,
come costantemente interpretata dalla Corte di legittimità: in tema di sostanze stupefacenti,
ai fini della concedibilità o del diniego dell’ipotesi del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a
complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti
l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta
criminosa): dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell’attenuante quando
anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto
sia di “lieve entità” (di recente, Cass. Pen. Sez. IV, n. 43399 del 12.11.2010, Rv. 248947),
nel caso di specie essendo palese la reiteratività e sistematicità dell’attività d’importazione
dello stupefacente.

2

– in ordine al mancato riconoscimento del V comma (ora ipotesi autonoma di reato) dell’art.

La misura della pena è stata correttamente determinata, peraltro con congrua riduzione
rispetto a quella di primo grado: e in tema di determinazione della misura della pena, il
giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o
più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della
motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula
un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen.
Sez. II, 19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al pagamento

luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI
E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così

deciso in Roma, il 5.3.2014

delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla

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