Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28291 del 23/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28291 Anno 2016
Presidente: RAGO GEPPINO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
BERTAGNA BARBARA, nata il 09/11/1962,
avverso la sentenza del 12/05/2014 della Corte di Appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Daniele Ripamonti, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

FATTO e DIRITTO

1. Barbara BERTAGNA – condannata per il delitto di cui all’art. 646, 61 n. 7
e 11 c.p. – a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione
contro la sentenza pronunciata in data 12/05/2014 dalla Corte di Appello di
Genova deducendo:
1.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 178 COD. PROC. PEN. per avere la Corte respinto
l’eccezione di omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza al difensore
domiciliatario;

Data Udienza: 23/06/2016

1.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 507 COD. PROC. PEN. per non avere la Corte acquisito
presso Autostrade spa l’indicazione dei numeri di targa degli automezzi dei quali
erano stati pagati i pedaggi austostradali con Viacard e telepass;
1.3. MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE.

2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1. Quanto alla doglianza sub 1.1., risulta dallo stesso ricorso che il decreto
di fissazione dell’udienza fu notificato – in unica copia – al difensore che era

Correttarn
– ente, quindi, la Corte territoriale ha respinto la suddetta eccezione
adeguandosi alla giurisprudenza di questa Corte, che, in questa sede va ribadita,
secondo la quale non è nulla, ma meramente irrituale, la notificazione avvenuta
mediante consegna al difensore di fiducia domiciliatario di un’unica copia dell’atto
da notificare (Cass. 43532/2012 rv. 253822; Cass. 38058/2014 rv. 260853;
Cass. 39176/2015 rv. 264571): il che è quanto avvenuto nel caso di specie in
quanto il decreto di citazione contiene: a) l’espressa menzione del nominativo
dell’imputata domiciliata presso lo studio dell’avv.to Daniele Ripamonti; b)
l’espressa dicitura che il suddetto avv.to era il difensore dell’imputata; c) la
citazione nei confronti di “tutti i predetti” per il giorno 12/05/2014.
2.2. Quanto alla censura sub 1.3. va osservato che la medesima attiene,
sostanzialmente, al merito della vicenda processuale in quanto è relativa a
pretese carenze motivazionali in ordine alla tesi difensiva.
Questa Corte osserva che si tratta di questioni che hanno costituito oggetto
di ampio dibattito processuali in entrambi i gradi del giudizio di merito, alle quali
la Corte territoriale ha dato una congrua risposta sulla base di puntuali riscontri
di natura fattuale e logica, disattendendo, quindi, la tesi difensiva dell’imputata.
Le censure riproposte con il presente ricorso, vanno, quindi, ritenute
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una
nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame
dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto
coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi
difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese incongruità,
carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal ricorrente, la censura,
essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e,
quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.
In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in
quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è
pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con «i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento»:
2

infatti, nel momento del controllo di

anche domiciliatario dell’imputata.

legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv
230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.
La manifestamente infondatezza del suddetto motivo assorbe anche la
censura sub 1.2. dovendosi rilevare che, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte, la rinnovazione del dibattimento, in considerazione della struttura

ricorrere solo ove lo ritenga assolutamente necessario ossia in caso di
insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti che non consenta la decisione
allo stato degli atti, e le prove dedotte siano idonee ad influire sulla decisione dei
punti controversi: ex plurimis Cass. 3458/2006 riv 233391 – Cass. 21687/2004
rìv 228920. La decisione della Corte territoriale, quindi, sul punto, è
incensurabile.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.500,00.
La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della prescrizione in
applicazione del principio di diritto secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen.»: ex pluriMis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 – Cass. 4/10/2007,
Impero; Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. un., 28
febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400; SSUU, 12602/2016, Ricci;

P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00
in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23/06/2016

del processo penale, è un istituto di carattere eccezionale al quale la Corte può

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