Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28288 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28288 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
nei confronti di:
KONE LACINE, nato a Abidjan il 27/01/1989;
avverso la sentenza n. 512/2015 del TRIBUNALE di VERONA,
del 02/03/2015;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. AURELIO GALASSO,
che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata

Data Udienza: 30/03/2016

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 2/3/2015 il Tribunale di Verona, in composizione monocratica, ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di Kone Lacine in ordine al reato di cui all’art.
648 comma 2 cod. pen., accertato il 23/5/2007, perché estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della
Repubblica presso la Corte di Appello di Venezia chiedendone l’annullamento e deducendo, a
tal fine, l’erronea applicazione della legge penale, dovendosi ritenere che il termine massimo di
prescrizione, per il disposto dell’art. 157 cod. pen., non sia di anni sette e mesi sei, come

interruttivi, mentre nel caso in esame la sentenza è stata pronunciata quando non era
trascorso nemmeno il termine ordinario di prescrizione.
Il ricorso è fondato, in quanto il termine di prescrizione del reato ascritto al Kone risulta
calcolato dal primo giudice in violazione del disposto dell’art. 157 commi 1 e 2 cod. pen.
Deve, infatti, ritenersi consolidato il principio secondo cui, in tema di ricettazione, l’ipotesi
attenuata di cui all’art. 648 cod. pen., comma 2 non costituisce un autonoma previsione
incriminatrice ma una circostanza attenuante speciale, destinata ad incidere sul regime
sanzionatorio del reato-base secondo quel rapporto di “specie” a “genere” che si realizza fra la
fattispecie circostanziata e quella semplice di reato, per la presenza di qualche requisito
specializzante (nella specie, la particolare tenuità del fatto criminoso). Ne discende che, ai fini
dell’applicazione del regime della prescrizione risultante dal testo dell’art. 157 c.p., bisogna
aver riguardo alla pena stabilita per il reato base, corrispondente, nel caso in esame, ad anni
otto di reclusione, e non per l’ipotesi attenuata, atteso che la norma impone di aver riguardo
“alla pena stabilita per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le
circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le
circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella
ordinaria e per quelle ad effetto speciale” (cfr. Cass. Sez. 2, n. 4032 del 10/01/2013, Rv.
254307; sez. 2, n. 38803 del 01/10/2008, Rv. 241450).
Alla luce di tali principi emerge che, trattandosi di reato commesso il 23/5/2007, essendo
intervenuti atti interruttivi ancora oggi non può ritenersi maturata alcuna prescrizione.
La sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge e, pertanto, va annullata; ai sensi
dell’art. 569 c.p.p., comma 4 gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Venezia per il
giudizio di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia.
Così deciso nella camera di consiglio del 30 marzo 2016.

considerato in sentenza, bensì di anni otto, aumentabile ad anni dieci in presenza di atti

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