Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28285 del 05/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28285 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEMA ANTONIO N. IL 13/03/1973
avverso la sentenza n. 705/2011 GIP TRIBUNALE di TARANTO, del
30/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/03/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Dema Antonio avverso la sentenza
emessa in data 30.11.2011 dal G.i.p. del Tribunale di Taranto, ai sensi dell’art. 444
c.p.p., che applicava al predetto la pena concordata e condizionalmente sospesa di anni
due di reclusione ed € 3.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, 5 0 comma dPR
309/1990 (detenzione per la venita di 18,8 gr. di eroina).
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla mancata
valutazione degli elementi che avrebbero consentito il proscioglimento ai sensi dell’art.

Il ricorso è inammissibile essendo basato su censura manifestamente infondata.
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Al riguardo, è stato finanche affermato che “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art.
444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che
la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente
motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con
l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo
all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la
verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.”
(Cass. pen., Sez. IV, 13.7. 2006, n. 34494, Rv. 234824).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE
AMMENDE.
COSÌ

deciso in Roma, il 5.3.2014

129 c.p.p.

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