Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2828 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2828 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Schiena Ivano, nato a Ostuni il 25/09/1979
Urbano Francesco, nato a Manduria il 14/01/1975
avverso la sentenza del 07/01/2013 della Corte d’appello di Lecce R.G. n. 782/2011
visti gli atti, il prowedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorsi;
udito, per l’imputato Schiena, l’Avv. Vito Epifani, il quale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 07/01/2013 la Corte d’appello di Lecce, nel prendere atto
dell’intervenuta prescrizione di alcuni degli episodi di furto contestati agli imputati, ha, per
quanto ancora rileva, rideterminato la pena irrogata ad Ivano Schiena, in relazione al furto di
cui al capo h), e confermato il trattamento sanzionatorio concernente Francesco Urbano, in
relazione a tre furti (capi b, d ed e).
A quest’ultimo riguardo, la Corte territoriale, con esclusivo riferimento al furto di cui al capo
d), pur riconoscendo che la confessione dell’Urbano era stata utile in vista della sua
affermazione di responsabilità, ha condiviso il diniego delle circostanze attenuanti generiche,
sia in quanto l’episodio era uno dei reati meno gravi unificati con il vincolo della
continuazione, sia, e soprattutto, in ragione dei precedenti penali dell’imputato.
1

Data Udienza: 05/12/2013

2. È stato proposto ricorso nell’interesse di entrambi gli imputati.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di Ivano Schiena lamenta inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale, sottolineando che l’awenuta restituzione dell’autovettura,
ritrovata dalla persona offesa, dopo circa dieci minuti sotto casa, e l’assenza delle
circostanze indicate nei numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 625, comma primo, cod. pen., avrebbero
dovuto condurre la Corte territoriale a qualificare il fatto come furto d’uso, ai sensi dell’art.
626, comma primo, n. 1., nella specie, improcedibile per difetto di querela e, comunque,
ormai estinto per prescrizione.

diniego delle circostanze attenuanti generiche, dal momento che, a tal fine, la Corte
territoriale aveva illogicamente e contraddittoriamente valorizzato il fatto che la confessione
dell’imputato aveva assunto rilievo solo in relazione ad un episodio di furto, che, tuttavia, era
uno dei reati meno gravi unificati dal vincolo della continuazione, con modesta incidenza sul
trattamento sanzionatorio complessivo.

Considerato in diritto
1. Il ricorso proposto nell’interesse dello Schiena è infondato.
La doglianza relativa alla mancata qualificazione dell’episodio contestato all’imputato come
furto d’uso, non dedotta in appello, comporta l’analisi di profili fattuali sostanzialmente non
emergenti dalla decisione impugnata, con specifico riferimento alla soggettiva direzione della
volontà dell’agente che, secondo l’art 626, comma primo, n. 1, cod. pen., deve essere
indirizzata al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta.
Nella struttura della norma, infatti, l’immediata restituzione della cosa — sulla quale si
sofferma il ricorso — non è sufficiente, occorrendo che essa rappresenti la realizzazione
dell’originario ed esclusivo intento dell’agente.
Ora, gli elementi che risultano dalla sentenza impugnata, secondo la quale lo Schiena
sottrasse l’autovettura con l’intento di farci entrare la vittima, con il proposito di “cucinare”
quest’ultima, ossia di darle una lezione, non consentono affatto di individuare lo specifico
movente richiesto dall’art. 626 cit.
2. Anche il ricorso proposto nell’interesse dell’Urbano è infondato, dal momento che la Corte
territoriale, dopo avere menzionato la modesta incidenza della pena irrogata per il furto di
cui al capo d) sul complessivo trattamento sanzionatorio, ha evidenziato come ostassero al
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche “inoltre e soprattutto” i precedenti
penali dell’imputato e il suo stabile inserimento in un ambiente delinquenziale.
La formula usata dimostra che siffatto argomento — non oggetto di alcuna critica da parte
del ricorrente – ha rappresentato la ragione decisiva della decisione adottata, che, sotto tale
profilo, non esibisce alcuna manifesta illogicità.
3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

2

4. Il ricorso proposto nell’interesse dell’Urbano lamenta vizi motivazionali in relazione al

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 05/12/2013

Il Componente estensore

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