Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28279 del 22/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28279 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Biafora Salvatore, nato a Cosenza il 15.07.1957
avverso la sentenza n. 1160/2014 della Corte d’appello di Catanzaro del 12.02.2015
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Diotallevi;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Piero Gaeta, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore di fiducia di Biafora Salvatore, Avv. Pisani Paolo del Foro di Cosenza, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa in data 12 febbraio 2015, la Corte d’Assise d’Appello di
Catanzaro, confermava la sentenza Tribunale di Cosenza del 12 dicembre 2013 e condannava
l’imputato BIAFORA Salvatore alla pena di mesi sei di reclusione, nonché al pagamento di
50.000,00 euro in favore della parte civile costituita, nonché al pagamento delle spese
processuali, per i reati di cui agli artt. 110, 61 n. 11 e 646 cod.pen.
Avverso tale sentenza, il ricorrente Biafora Salvatore propone ricorso per cassazione,
per mezzo dei propri difensori di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
a) Violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) c.p.p. per
essere la stessa mancante, frammentaria e lacunosa in ordine ai motivi di gravame proposti
nell’atto di appello.

Data Udienza: 22/03/2016

Più in particolare, la difesa censura l’inattendibilità sia della testimonianza resa, sia della
documentazione prodotta da Piccolo Costantino (querelante), avente ad oggetto il resoconto
della situazione del condominio e la quantificazione dell’ammanco, in virtù non solo della
sussistenza del conflitto d’interesse, essendo egli stesso amministratore subentrato
all’imputato, bensì anche della incompletezza e della sommarietà delle informazioni e dei dati
contabili sulla cui base tale resoconto è stato predisposto.

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Osserva la Corte come, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, è da ritenersi
inammissibile il ricorso che si risolve nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in
appello e motivatamente disattesi dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non
specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso (vedi, tra le tante, Sez. 5, sent. n. 25559 del
15/06/2012, Pierantoni; Sez. 6, sent. n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv.
244181; Sez. 5, sent. n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708).
Nel caso di specie, i profili di censura sollevati dal ricorrente, riproponendo meramente le
obiezioni sollevate nell’atto di appello senza confrontarsi con le argomentate motivazioni rese
sui punti in questione dal giudice di secondo grado, risultano totalmente privi dei requisiti di cui
all’art. 581, comma 1, lett.c) c.p.p., il quale impone l’esposizione delle ragioni di fatto e di
diritto a sostegno di ogni richiesta (Sez. 6, sent. n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv.
243838).
Peraltro, con il ricorso si prospettano valutazioni questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez.
4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260).
Deve sottolinearsi in particolare che la Corte di merito ha vagliato criticamente tutti i punti in
base ai quali è stata ritenuta l’attendibilità delle dichiarazioni del querelante. Il ragionamento
operato dai giudici di merito appare saldamente ancorato alle risultanze processuali (le
rendicontazioni e le altre documentazioni contabili da cui risultano i vari ammanchi, nonché
dalle testimonianze rese dai condomini).
Nel ricorso pertanto si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti
da quelle cui è pervenuto il giudice d’appello con motivazioni congrue ed esaustive, alle quali
non posso essere mosse censure logico-giuridiche, in quanto ben argomentate in ordine alla
sussistenza dei reati contestati al ricorrente, previo specifico esame delle doglianze difensive
attualmente riproposte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve ritenersi inammissibile e il ricorrente
deve essere condannato al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai
ricorso, si determina equitativamente in 1500,00 euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Roma, li 2 marzo 2016

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e estensore
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Il Presidente
Mario Gentile

e al versamento della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.

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