Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28278 del 22/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28278 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CAMMINO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Imparato Matteo, nato a Salerno il 29/01/1972

avverso la sentenza del 11/12/2014 della Corte di appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Matilde Cammino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della parte civile Iovane Gerardo, avv. Valeria Marsano in
sostituzione dell’avv. Silverio Sica, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso e deposita nota spese;
udito il difensore dell’imputato, avv. Roberto Guida in sostituzione dell’avv.
Alfonso Furgiuele, che ha chiesto raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 30 giugno 2014 la Corte di appello di Salerno

ha riformato la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto emessa il 9

Data Udienza: 22/03/2016

ottobre 2009 nei confronti di Matteo Imparato in ordine al reato di
appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art.61 n.11 cod.pen., commesso
nel novembre 2006, dichiarando, in accoglimento dell’appello proposto dal
pubblico ministero e dalla parte civile, l’imputato colpevole del reato ascrittogli e
condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche prevalenti
sull’aggravante, alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di multa, con
il beneficio della sospensione condizionale, nonché al risarcimento dei danni, da
liquidarsi in separata sede, in favore della parte civile.
La vicenda riguardava l’appropriazione da parte dell’Imparato,

dipendente di una concessionaria di auto con le mansioni di addetto
all’accettazione e magazziniere che gli consentivano di accedere alle chiavi delle
autovetture ferme per interventi di manutenzione, di un’autovettura Jaguar XType di proprietà di Iovane Gerardo, coinvolta in un incidente stradale a seguito
del quale era stata ridotta ad un rottame. L’imputato, secondo la tesi accusatoria
ritenuta fondata dalla Corte territoriale, aveva contraffatto la scheda tecnica
dell’autovettura nella parte in cui registrava i chilometri percorsi dal veicolo al
momento della consegna maggiorandone il numero per non far risultare i
chilometri effettivamente percorsi dopo la consegna alla concessionaria. Secondo
il giudice di primo grado l’uso, ancorché abusivo, della res non sarebbe
sufficiente a configurare il reato di appropriazione indebita, essendo necessaria
anche la manifestazione di volontà dell’agente di tenere per sé la cosa come
proprietario. Il giudice di appello ha invece ritenuto che la lunghezza del percorso
effettuato all’insaputa del proprietario (800 km. circa) fosse indicativo della
volontà di appropriarsi del mezzo.
3.

Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha

proposto ricorso per cassazione deducendo:
1)

l’erronea applicazione dell’art.646 cod.pen. in quanto la Corte

territoriale aveva immotivatamente aderito all’orientamento giurisprudenziale
secondo il quale l’uso momentaneo della cosa è astrattamente idoneo a
configurare il reato di appropriazione indebita; secondo il ricorrente, invece,
l’appropriazione indebita d’uso non è prevista come reato, mancando l’elemento
essenziale dell’inversione del possesso in dominio, e l’uso può integrare un
elemento di prova dell’appropriazione, di per sé insufficiente tuttavia ad
integrare l’elemento oggettivo del delitto; l’uso arbitrario del bene sarebbe quindi
penalmente irrilevante, non essendo previsto esplicitamente come reato a
differenza del peculato d’uso (art.314 co.II cod.pen.) e del furto d’uso (art.626
comma I n.1 cod.pen.); appropriarsi significa infatti, oltre che annettere al

2

2.

proprio patrimonio la

res,

anche disporne come proprietario rinnegando

l’esistenza dell’altrui diritto di proprietà; si chiede, nel caso che la Corte ritenga
di non accogliere il motivo di ricorso, di rimettere la questione alle Sezioni Unite
per risolvere il contrasto giurisprudenziale in ordine alla rilevanza
dell’appropriazione indebita d’uso (sul contrasto, si richiama l’attenzione sulla
sentenza della Seconda sezione penale n.12740 del 26 febbraio 2014);
2)

la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione quanto

all’affermazione di responsabilità basata sull’attribuzione all’imputato della

del veicolo; la Corte si sarebbe limitata ad un ragionamento deduttivo per
attribuire all’imputato sia la contraffazione che l’uso dell’autovettura, mentre
dalle dichiarazioni del capoofficina Grimaldi risultava che era stato Felice Gallo a
provare l’auto dopo la manutenzione e ad incorrere nell’incidente stradale che
aveva provocato la distruzione dell’auto; quanto alla manomissione della scheda
tecnica, ammessa dall’imputato, si trattava di un elemento meramente
indiziario; le chiavi delle autovetture custodite non erano nella disponibilità solo
dell’Imparato, ma anche di altri soggetti, e comunque non si tratterebbe di un
elemento idoneo a dimostrare la responsabilità dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1

Il primo motivo è manifestamente infondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Sez.2, n.44650 del
24/09/2015, Nannei, Rv.264899) nel caso analogo di un titolare di un’officina
meccanica che aveva utilizzato una vettura consegnatagli per la riparazione
quale auto di cortesia per i propri clienti, il reato di appropriazione indebita può
sussistere sia nel caso in cui l’agente dia alla cosa una destinazione incompatibile
con il titolo e con le ragioni del suo possesso sia nel caso in cui egli ometta
deliberatamente di restituire la cosa, giacché in entrambe le ipotesi è manifesta
la sua volontà di affermare un dominio sulla cosa posseduta. La Corte ha inoltre
affermato -nel caso di un gommista che, avendo ricevuto in custodia una
autovettura Ferrari per la sostituzione dei pneumatici, l’aveva in più occasioni
usata per ragioni personali, fino a provocare un incidente stradale che aveva
danneggiato gravemente l’autovettura (Sez.2, n.47665 del 27/11/2009,
Cecchini, Rv.245370)- che il reato di appropriazione indebita è integrato anche
dal mero uso indebito di una “res”, quando esso sia avvenuto eccedendo
completamente i limiti del titolo in virtù del quale l’agente deteneva in custodia
la stessa, di modo che l’atto compiuto comporti un impossessamento, sia pur

3

contraffazione della scheda tecnica dell’autovettura, ritenuta strumentale all’uso

temporaneo, del bene. Non ritiene questo Collegio di discostarsi dai principi
anche di recente affermati con le citate pronunce della Corte, e segnatamente di
questa Sezione. Rileva peraltro che nella motivazione della sentenza impugnata,
con una valutazione di merito insindacabile in questa sede e comunque
giustificata in maniera logicamente coerente, si afferma che l’uso indebito
dell’autovettura per più di 800 km. “sia sintomatico di per sé di un’interversione
del possesso, non più da mero detentore ma proprio

uti dominus” e che

all’imputato l’autovettura era stata affidata “ai soli fini manutentori e

inevitabilmente ad effettuare giri di «prova» e non certo un uso per fini personali
per 800 km., da considerarsi interdetto dal titolo di detenzione”.
1.2 Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato in quanto il
giudice di merito ha posto in adeguato rilievo che l’Imparato, quale addetto
all’accettazione dell’autovettura per conto della concessionaria, doveva ritenersi
responsabile dell’uso del veicolo affidatogli al di fuori delle operazioni convenute
con il proprietario del mezzo. L’aver alterato personalmente, per ammissione
dello stesso imputato come risulta dalla sentenza di primo grado, la scheda
tecnica dell’autovettura (nella parte riguardante il numero dei chilometri percorsi
all’atto della consegna per farlo coincidere con quello riportato dal
contachilometri all’atto della riconsegna del veicolo ridotto ad un rottame) è
stato valutato coerentemente come un significativo e rilevante elemento
indiziario della consapevolezza dell’uso dell’autovettura secondo modalità
denotanti l’interversione del possesso.
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore
della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
determinare in euro 1.500,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel
grado dalla parte civile nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Iovane
Gerardo che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori di legge.
Così deciso il 22/03/2016.

limitatamente all’espletamento del tagliando di routine, utilizzo che portava

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