Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28277 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28277 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Polito Anna Maria, nata il 02.08.1963
avverso la sentenza n.4229 della Corte d’appello di Firenze, 2a sezione penale, del
19.12.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,Aurelio
Galasso , che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta
prescrizione
udito per le parti civili Valentino Ba_ni,Luca Bani, Graziella Maria Nicolai l’avv.
Andrea Reinieri, che ha concluso per il rigetto del ricorso, depositando note scritte e
nota spese;

Data Udienza: 10/03/2016

MOTIVI della DECISIONE

Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Firenze , confermava la
sentenza del Tribunale di Pisa ,sezione distaccata di Pontedera, in data
20.10.2010 , che aveva condannato Polito Annamaria , alla pena di anni uno di

reato p. e p. dall’art. 646, 61 n. 7 c.p., per essersi appropriata, al fine di
profitto, di somme di denaro pari ad 206.235, di cui aveva il possesso in quanto
affidate da Bani Valentino, Niccolai Graziella, Bani Luca affinché provvedesse ad
investirle, nella sua qualità di operatore nel campo immobiliare”.
Avverso tale sentenza propone ricorso personalmente l’imputata che deduce tre
motivi di ricorso. Lamenta,innanzitutto, che non è individuato l’elemento soggettivo
del reato, inteso come volontà di appropriarsi del denaro con conseguente ingiusto
profitto. E’ emerso,infatti, che in più occasioni, erano stati consegnati alle p.o.
assegni a garanzia della restituzione delle somme e che il denaro non fu restituito
perché gli investimenti promessi non avevano reso quanto sperato, configurandosi
,pertanto, la situazione già individuata dalla giurisprudenza di legittimità, come
rientrante nell’ambito di un mero inadempimento civilistico. In altri termini , non è
stato dimostrata la natura intenzionale della mancata restituzione del denaro, che
era stato consegnato all’imputata proprio per procedere agli investimenti
concordati. Nel caso oggetto del processo de quo è totalmente mancante la
prova circa il carattere intenzionale dell’omessa restituzione da parte della Sig.ra
Polito.Doveva e deve ritenersi mancante, quindi, l’elemento soggettivo della
fattispecie contestata all’imputata e per tale ragione giuridicamente non
qualificabile il fatto come ipotesi di appropriazione indebita.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che non sia stato correttamente
valutato il tempo prescrizionale: questo deve intendersi decorrente dal momento in
cui le p.o. hanno avanzato le prime richieste di restituzione , nell’estate del 2006 .
Ne conseguirebbe che, ad oggi, essendo trascorsi quasi nove anni dalla data di
commissione del reato, quest’ultimo dovrebbe intendersi prescritto.
Lamenta ,infine, che la Corte non ha preso in esame la doglianza relativa all’errata
applicazione dell’art.192 cod.proc.pen., non essendo state sottoposte a vaglio critico
le dichiarazioni testimoniali rese dalle persone offese.
Il ricorso è manifestamente infondato perché non prospetta censure di legittimità

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reclusione ed €. 500,00 di multa per il reato di seguito indicato:

ma si limita a formulare una diversa ricostruzione dei fatti ,sicuramente suggestiva
, ma alternativa ed opposta a quella prospettata dalla Corte di merito e per
accreditarla chiede l’avallo della Corte di legittimità, ipotizzando un vizio di
violazione di legge in realtà inesistente.La Corte di merito ,peraltro, ha già valutato
attentamente le tesi difensive della ricorrente e le ha respinte prima di tutto in fatto,
“sia con riferimento al primo motivo, attinente alla ricostruzione dei fatti,
che, diversamente da quanto asserito dalla difesa, risultano adeguatamente
grazie ai tre assegni ricorretti sia dando giustamente rilievo, a circostanze quali
la accertata mancanza di disponibilità finanziaria da parte della Polito , trattandosi
, come afferma la Corte di merito,”.., non di un “inadempimento avente natura

civilistica” ma del delitto di appropriazione indebita , commesso da una persona che
si era impossessata delle somme a lei consegnate e che fin dall’inizio, come
dimostrato dalle indagini bancarie, era assolutamente priva di fondi da cui
conseguiva l’impossibilità della restituzione…”. Secondo il costante insegnamento di
questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un.,
30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842
del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).1 motivi proposti tendono,
appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di
valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione
esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
Inammissibile è anche l’eccezione di prescrizione del reato : conteggiati i periodi di
sospensione il reato si è prescritto il 19.1.2016, ben dopo la pronuncia di appello
.Vale comunque il principio secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione
preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della
Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del

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dictum della Corte

provati dalle dichiarazioni delle parti civile ,riscontrate documentalmente,

costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima
equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).Alle parti civi che ne hanno fatto
richiesta vanno riconosciute le spese che si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende nonche’ alla
rifusione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili Bani Valentino, E
spese f rfettarie, C.P.A. e I.V.A.
Così deiso inoma , il 10 marzo 2016
Il Consi

Il Presid te
A. Pre pi o

Nicolai Graziella Maria e Bani LUCA, che liquida in complessivi euro 4.700,00 oltre

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