Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28271 del 27/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28271 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: CAPPELLO GABRIELLA

SENTENZA
sul ricorso promosso da:
MEROLA Vincenzo n. 24/02/1993
avverso l’ordinanza n. 661/2016 DEL TRIBUNLE DELLA LIBERTA’ DI
NAPOLI DEL 26/02/2016
visti gli atti;
fatta la relazione dal Cons. dott. Gabriella CAPPELLO;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. Pietro
GAETA, il quale ha concluso per l’annullamento con rinvio.

Data Udienza: 27/06/2016

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 codice di rito, il Tribunale di
Napoli ha rigettato la richiesta di riesame formulata nell’interesse di MEROLA
Vicenzo, avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in
carcere emessa dal GIP partenopeo in data 19 gennaio 2016, per partecipazione ad
associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (condotta perdurante

2013) e per numerosi reati fine.
2. Dato atto che il riesame era limitato al solo profilo delle esigenze cautelari, il
Tribunale ha osservato che la reiterazione delle condotte, poste in essere con grande
sistematicità, in uno con il radicamento territoriale in un ambiente nel quale

il

MEROLA è percepito come spacciatore e, quindi, è sollecitato da ragazzi e studenti
assuntori di fumo ed erba, renderebbero attuale e concreto il pericolo di reiterazione
dei reati, valutato il pericolo di recidiva secondo un necessario giudizio prognostico.
Una misura diversa da quella più afflittiva non potrebbe, a giudizio del Tribunale,
scongiurare detto pericolo, non fungendo da efficace deterrente, stante la pluralità
dei fatti, posti in essere in un arco temporale considerevole, in un contesto
organizzativo ideato e promosso proprio dal ricorrente, con la partecipazione di
numerosi adepti, a dimostrazione di una significativa ed elevata propensione al
crimine, nonostante lo stato di incensuratezza e lo svolgimento di attività lavorativa.
3. L’indagato ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando un unico
motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio motivazionale, con
riferimento alla valutazione del quadro cautelare, deducendo, in particolare, la
mancata considerazione di alcune circostanze, a suo parere influenti sulla valutazione
della permanenza delle esigenze cautelari e, segnatamente, il decorso di oltre due
anni dai fatti (poiché le ultime captazioni che riguardano il MEROLA risalirebbero al
gennaio 2014); il trasferimento dell’indagato immediatamente dopo tale data in
provincia di Como, ove viveva all’atto della esecuzione della misura; lo svolgimento
di un’attività lavorativa con contratto a tempo indeterminato e relativa busta paga,
elementi tutti portati a conoscenza del Tribunale del riesame e da questo non
valutati.
Sotto altro profilo, la parte rileva le modeste dimensioni del fenomeno associativo,
la qualità della droga smerciata (solo fumo ed erba), il luogo d’elezione dello spaccio,
dal quale il MEROLA è ormai lontano, infine, il breve periodo di attività oggetto delle
captazioni telefoniche (appena quattro mesi), elementi tutti convergenti nel
dimostrare la non attualità delle esigenze cautelari ritenute esistenti dal Tribunale.

Considerato in diritto
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posta in essere in Santa Maria Capua Vetere e provincia di Caserta dal settembre

1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno ad esporre.
2. Il quadro cautelare concernente la posizione dell’indagato MEROLA è stato
esaminato dal Tribunale dopo avere richiamato il grave compendio indiziario che lo
riguarda e che ne ha delineato il ruolo di promotore dell’associazione criminosa,
l’attività di coltivazione della canapa indiana e la cooperazione sinergica con altri
individui per mesi, al fine di soddisfare il bisogno di numerosi tossicodipendenti
acquirenti.
Alla luce di tali elementi, il Tribunale ha correttamente ritenuto concreto ed attuale

sodali che dallo stesso dipendevano, idonei a delinearne una spiccata propensione
criminosa.
3. Ciò che tuttavia quel giudice ha mancato di esaminare adeguatamente, a fronte
delle deduzioni difensive indicate nell’ordinanza, che pure avevano introdotto il tema
della idoneità della misura in atto, è appunto la valutazione in ordine alla misura
prescelta, essendosi limitato a svalutare la incensuratezza e lo svolgimento di attività
lavorativa, senza tuttavia spiegare perché, concretamente, l’allontanamento
dell’indagato dal luogo di consumazione delle condotte criminose (e, quindi, non la
sola circostanza che egli abbia intrapreso una attività lavorativa stabile), non incida
sul giudizio di idoneità di una misura graduata a tutelare le esigenze cautelari
esistenti, che lo stesso giudice ha ricollegato anche al radicamento del ricorrente
nell’ambiente nel quale egli era percepito come uno spacciatore.
Sul punto, pare sufficiente un rinvio ai principi cristallizzati nel recente arresto
delle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 20769 del 28/04/2016, Rv.
266651, laddove si è affermato che la modifica del comma 1 dell’art. 275-bis cod.
proc. pen. è stata concordemente letta dalla dottrina quale espressione di una chiara
scelta del legislatore di puntare sulle modalità di sorveglianza elettronica, in linea con
le contemporanee prese di posizione in ambito europeo, rafforzando, nell’ottica di
una effettiva gradualità delle misure cautelari, il principio della custodia cautelare
quale extrema ratio, attraverso l’incremento degli arresti domiciliari controllati.
Alla luce di tali dichiarati obiettivi, si è ritenuto non potersi dubitare che il giudice
chiamato ad applicare una misura cautelare, anche in sostituzione della custodia in
carcere, deve obbligatoriamente considerare il braccialetto elettronico come
alternativa al carcere – invertendosi così il rapporto regola/eccezione, in cui la regola
è rappresentata dagli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, e l’eccezione
dalla custodia cautelare – e prescrivere le particolari modalità di controllo «salvo che
non le ritenga necessarie in relazione al grado ed alla natura delle esigenze cautelari
da soddisfare nel caso concreto».
L’approdo di tale percorso è, all’evidenza, quello di creare le condizioni affinché le
misure cautelari siano ispirate davvero al principio del “minimo sacrificio per la
libertà personale”, facendo leva sul principio cardine di adeguatezza, in base al quale

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il pericolo di recidiva, proprio in virtù del ruolo direttivo del MEROLA e del numero dei

la misura deve essere commisurata alla natura e al grado delle esigenze cautelari da
soddisfare, che devono essere indicate nella motivazione del provvedimento.
Peraltro, l’inserimento del comma 3-bis nel corpo dell’art. 275 cod. proc. pen., alla
luce degli illustrati obiettivi, deve ritenersi diretta espressione dell’intenzione del
legislatore di considerare gli arresti dorniciliari con braccialetto elettronico
ugualmente idonei, rispetto alla custodia in carcere, a tutelare le esigenze cautelari
poste alla base della misura, restituendo centralità alla motivazione del giudice,
affinché, tramite un rafforzato onere motivazionale, consideri tutte le alternative
possibili per escludere il ricorso alla custodia carceraria.

presunzione assoluta di adeguatezza (ormai limitata, a seguito delle molte
declaratorie di illegittimità costituzionale, agli artt. 270, 270-bis e 416-bis cod. pen.),
deve ritenersi sempre necessaria, in sede di applicazione di una misura cautelare
personale, una esplicita motivazione sulla inidoneità degli arresti domiciliari
controllati.
4. L’ordinanza deve pertanto essere annullata, limitatamente alla scelta della
misura applicata, con rinvio al Tribunale del riesame di Napoli, con trasmissione di
copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario per quanto di
competenza.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato limitatamente alla selezione della misura
cautelare, con rinvio al Tribunale del riesame di Napoli.
Rigetta nel resto.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p.
Deciso in Roma il 27 giugno 2016.
Il Consigliere est.

Il Presidente

Gabriella Cappello

Rocco Marco Blaiotta

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONZ
IV Sezione Penale

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