Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28265 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28265 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KOCEKU ABEDIN N. IL 18/04/1975
avverso l’ordinanza n. 125/2016 TRIB. LIBERTA’ di GENOVA, del
05/04/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
leggisentite le conclusioni del PG Dott. r9e.Q9à.0 90 ‘etne.QQ■i

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Data Udienza: 15/06/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del Riesame di Genova, con ordinanza del 5.4.2016, pronunciando sull’appello proposto da KOCEKU ABEDIN, avverso l’ordinanza di rigetto
della richiesta di revoca e/o sostituzione della misura in atto della custodia in
carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Genova il 2.3.2016, rigettava l’appello
con condanna al pagamento delle spese della procedura.
Il GIP presso il Tribunale di Genova aveva applicato la misura della custodia
cautelare in carcere in relazione ai fatti di reato previsti dagli artt. 73 e 80 DPR

2012 e tra marzo e luglio 2012 a Genova e altri luoghi.

2. Avverso tale provvedimento aveva proposto ricorso per Cassazione, a
mezzo del proprio difensore di fiducia, KOCEKU ABEDIN, deducendo i motivi di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale relativamente al
requisito della “attualità” di cui all’art. 274 cod. proc. pen., con riferimento
all’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. — Omessa e comunque contraddittoria motivazione in ordine al requisito della “attualità” di cui all’art. 274 cod.
proc. pen. con riferimento all’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
Il ricorrente riportava i motivi di appello, avverso l’ordinanza del 2.3.2016,
con cui lamentava la natura meramente apparente della motivazione offerta dal
GUP sull’attualità delle esigenze cautelari.
Il ricorrente evidenziava il venir meno delle esigenze che giustificassero il
mantenimento della misura, tenuto conto della modifica dell’art. 274 cod. proc.
pen., ad opera della L.47/2015, che ha fortemente limitato la discrezionalità del
decidente e depurato, il percorso logico giuridico che conduce al mantenimento
di una misura, da valutazioni estranee alla finalità della custodia.
In sostegno del ritenuto venir meno delle esigenze cautelari, richiamava
l’avvenuta resipiscenza dimostrata dal riconoscimento per iscritto della propria
responsabilità e del proprio ravvedimento; l’avvenuta nascita di due gemelli che
ancora non aveva conosciuto; l’influenza della paternità sul proprio pentimento.
Il GUP, a fronte di tali argomentazioni avrebbe affermato la sussistenza del
pericolo di fuga, del pericolo di commissione di altri delitti della stessa specie e
della inidoneità della misura degli arresti domiciliari presso l’abitazione di un cugino, omettendo la rigorosa verifica sull’eventuale sopravvenuta carenza dei presupposti per l’applicazione della misura e il doveroso controllo dell’adeguatezza e
proporzionalità della misura.

2

309/90 e 56, 110, 629 cod. pen. commessi rispettivamente tra febbraio e luglio

In riferimento all’asserito pericolo di fuga, il provvedimento impugnato argomenterebbe esclusivamente in relazione al pregresso stato di latitanza.
Il ricorrente riportava le proprie argomentazioni sul punto in sede di gravame, evidenziando l’inconsapevolezza dello stato di latitanza e l’inconferenza della
mancanza di permesso di soggiorno e di attività lavorativa in Italia, ai fini della
misura coercitiva. Ribadiva che l’arresto avveniva in Austria allorquando
l’indagato serenamente si muoveva attraverso l’unione europea.
Ricordava di aver prodotto a sostegno della propria richiesta la dichiarazione

genze di vita. Nel caso di specie, sarebbe stato completamente omesso il doveroso globale apprezzamento del comportamento processuale, extraprocessuale,
dei precedenti penali, delle modalità del fatto e di tutti gli elementi utili ai fini
della valutazione.
Anche in relazione al pericolo di reiterazione del reato, il Tribunale avrebbe
affermato la gravità del fatto, omettendo di spiegare su quali indici di riferimento
la condotta dell’imputato fosse incompatibile con la richiesta gradazione della misura.
Il ricorrente riportava i motivi di gravame sul punto, rilevando che la gravità
indiziaria non possa essere utilizzata per legittimare la sussistenza delle esigenze
cautelari. Nel caso di specie difetterebbero i requisiti della concretezza e
dell’attualità del pericolo di reiterazione dei reati, infatti, il Koceku, incensurato
avrebbe aggiunto un atteggiamento del tutto incompatibile con la volontà di delinquere attraverso la richiamata resipiscenza rispetto ai reati per i quali ha presentato istanza di patteggiamento.
Il ricorrente rilevava che, come già denunciato in tema di pericolo di fuga,
anche sul rischio di recidivanza, la motivazione sarebbe meramente apparente,
ipotetica ed astratta, del tutto inidonea a giustificare il giudizio prognostico sulla
sussistenza delle esigenze cautelari. Il Tribunale avrebbe omesso qualsiasi valutazione sugli elementi, sottoposti alla sua attenzione, sicuramente idonei a dimostrare un comportamento resipiscente e incompatibile con la volontà di delinquere nuovamente. Detti elementi sarebbero: il riconoscimento della propria colpevolezza in relazione ai reati oggetto di richiesta di patteggiamento, la maturata
resipiscenza determinata anche dalla sopravvenuta nascita dei due figli e lo stato
di incensuratezza.
Il giudizio sulla sussistenza del periculum sarebbe stato basato unicamente
sulla ritenuta gravità del titolo dei reati, violando il principio sancito da questa
Corte con sentenza n.45512 del 20.10.2015.
Nessun rilievo, inoltre, sarebbe stato indicato, nel provvedimento impugnato, sulla concreta ed effettiva sussistenza di nuove occasioni per delinquere.

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del cugino che si dichiarava disponibile ad ospitarlo e a provvedere alle sue esi-

b. Omessa motivazione nonché inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 275, comma 3 e 3 bis cod. proc. pen. con riferimento all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.
Il ricorrente censurava l’omessa indicazione dei motivi per cui è stata ritenuta inidonea la misura degli arresti domiciliari. Veniva riportato lo specifico motivo
di appello, sul quale il Tribunale del riesame non avrebbe fornito alcuna motivazione, limitandosi ad affermare apoditticamente che non vi era possibilità di un
trattamento cautelare alternativo rispetto a quello in atto, pienamente propor-

Sarebbe stato violato, pertanto, il disposto normativo di cui all’art. 275
commi 3 e 3 bis cod. proc. pen., risultando completamente assente il necessario
apparato motivazionale sull’inadeguatezza delle altre misure cautelari e
sull’inidoneità degli arresti domiciliari. Vengono richiamate le sentenza di questa
Corte sez. 5 n. 51260 del 4.7.2014 rv. 261723 e sez. 3 n.842 del 17.12.2015
dep. 12.1.2016.
Chiedeva, pertanto, la cassazione dell’ordinanza impugnata con ogni conseguenza di legge.

3. In data 14.6.2016 perveniva, tuttavia, comunicazione a firma dei difensori del ricorrente che il GUP di Genova, con ordinanza del 13.6.2016, aveva sostituito la misura coercitiva della custodia in carcere con quella meno gravosa del
divieto di dimora nelle province di Genova e Torino, ordinando l’immediata liberazione di Abedin Koceku. In ragione di ciò i difensori comunicavano la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’interesse all’impugnazione è venuto meno avendo la parte già conseguito il risultato che sperava di ottenere da questa Corte e che pertanto ne va dichiarata l’inammissibilità ai sensi dell’art. 568 comma 4 cod. proc. pen.,

2. Trattandosi di carenza d’interesse sopravvenuta per causa non imputabile
al ricorrente, non deve essere pronunciata condanna la pagamento delle spese
processuali e della sanzione pecuniaria (tra le varie, vedasi questa sez. 3, n.
8025/2012).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 15 giugno 2016
Il

sigliere estensore

zionato all’imputazione.

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