Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28265 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28265 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI CANDIDO SALVATORE N. IL 03/10/1991
avverso l’ordinanza n. 463/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
05/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
leac/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 13/06/2014

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 5 febbraio 2014 il Tribunale di Napoli, costituito
ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza del G.I.P. del
Tribunale di Napoli del 7 gennaio 2014, che aveva disposto la sottoposizione
di Salvatore Di Candido alla misura coercitiva della custodia cautelare in
carcere perché gravemente indiziato dei delitti di concorso in resistenza a
pubblico ufficiale, tentato omicidio aggravato e detenzione illegale e porto di

arma comune da sparo.
Il Tribunale riteneva integrato il quadro di gravità indiziaria in ordine ai
predetti reati sulla scorta di quanto attestato dai componenti della pattuglia
della P.d.S., che nel corso di un servizio di controllo sul territorio la notte del 7
gennaio 2014 avevano incrociato un motociclo, a bordo del quale si erano
trovati tre giovani sprovvisti di casco; costoro non avevano ottemperato
all’ordine di fermarsi e si erano dati a precipitosa fuga sino a che, dopo aver
superato un cavalcavia, quando la pattuglia si era loro avvicinata, avevano
rallentato la marcia e quindi sparato diversi colpi di pistola, che avevano
attinto entrambi gli agenti, cagionando loro serie ferite, per poi continuare la
fuga anche a piedi, una volta precipitati a terra ed abbandonato il motociclo,
che era risultato provento di rapina commessa durante quella stessa nottata
da due soggetti riconosciuti dalle vittime in Michele Mazio ed Ivan Zinzi. I due
erano stati identificati come i passeggeri del motociclo, condotto da Salvatore
Di Candido, datosi alla fuga unitamente ai due complici, del cui possesso di
un’arma da fuoco era stato consapevole. Riteneva dunque smentita dai
risultati delle indagini la versione dei fatti offerta dall’indagato, secondo il
quale egli era stato costretto dal Mazio a condurre il veicolo sotto la minaccia
dell’arma ed era poi fuggito per il timore di essere considerato correo dei altri
due.
In punto di esigenze cautelari, il Tribunale riteneva concreto il pericolo di
recidivazione specifica per salvaguardare il quale unica misura adeguata era
quella in corso di esecuzione.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione l’indagato a
mezzo del suo difensore, il quale deduce i seguenti motivi:
a) insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di tentato
omicidio. Il Tribunale non aveva tenuto conto del reale significato delle
dichiarazioni del Di Candido, il quale aveva riferito di essere stato costretto a
condurre il motociclo sotto la minaccia del coindagato ed a rallentare la

A

marcia, non per colpire meglio gli agenti, ma per l’approssimarsi ad una curva

e di non avere avuto alcun motivo per darsi alla fuga, non avendo commesso
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__.

la rapina del ciclomotore e non essendo sottoposto a misure cautelari a
differenza degli altri due giovani con i quali si era trovato. Difettava dunque la
prova del compimento di una condotta materiale determinatrice, agevolatrice
o istigatrice del comportamento criminoso del Mazio.
b) Insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di tentato
omicidio, posto che: 1) il ricorrente aveva condotto il ciclomotore che però era
rimasto nella signoria dei due coindagati; 2) era consapevole della presenza di
un’arma da fuoco, con la quale era stato minacciato; 3) non era provato quale

interesse avesse indotto i tre a muoversi assieme durante la notte. Tanto
premesso, la presenza della pattuglia della P.d.S. si era posto come un evento
imprevisto ed imprevedibile e la fuga era parsa al ricorrente, privo di
istruzione, come l’unico modo per non essere ritenuto complice degli altri due
individui che avevano sparato contro gli agenti e riuscire a far perdere le
tracce all’interno dei vicoli del vicino rione Luzzatti; i fatti si erano quindi
sviluppati in un arco temporale brevissimo di pochi minuti per cui la decisione
di sparare era stata assunta dal Mazio in modo improvviso ed autonomo con
dolo d’impeto al fine di evitare di essere tratto in arresto, senza che il
ricorrente avesse potuto nemmeno rendersi conto dell’evento e fornirvi un
contributo.
c) E’ insussistente il pericolo di fuga, che non era stato adeguatamente
motivato dal Tribunale al fine di dimostrare il grado di probabilità di tale
evenienza; per contro, il Di Candido aveva fornito elementi chiarificatori al
fine della prosecuzione delle indagini, dimostrando un atteggiamento
collaborativo che non si concilia con il pericolo paventato dai giudici cautelari.
d) Violazione di legge in riferimento al disposto dell’art. 274 lett. c) cod. proc.
pen. quanto all’inosservanza dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della
misura applicata senza tener conto della sostanziale ammissione dei fatti e
delle chiamate in correità ed in reità effettuate.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
lrimpugnazione investe in primo luogo la valutazione del requisito
della gravità indiziaria, condotta dal Tribunale in adesione ai rilievi contenuti
nell’ordinanza genetica.
1.1 n provvedimento ha condotto un’analisi motivata della fattispecie
concreta, laddove ha tratto elementi di valutazione dalle circostanze oggettive
del fatto, come ricostruite in base alle deposizioni rese dai due operatori di
polizia coinvolti nel conflitto a fuoco con i tre giovani intercettati in piena notte

2
,

a bordo del motociclo, risultato provento di rapina perpetrata dai soli Mazio e
Zinzi. Ha quindi ritenuto di poter ravvisare indizi univoci del consapevole
concorso del Di Candido nelle azioni di resistenza a pubblico ufficiale, tentato
omicidio e nei connessi reati concernenti l’arma da fuoco utilizzata nella
sparatoria, in ragione di elementi certi ed incontestati, ossia del fatto che egli
si era trovato alla guida del ciclomotore con a bordo gli altri due coindagati ed
aveva avuto precisa consapevolezza del possesso di un’arma da fuoco da
parte di costoro. E’ stato evidenziato come altrettanto incontestato che, nel

pattuglia della Polizia, quando il ciclomotore che stava conducendo era stato
affiancato dalla vettura delle forze dell’ordine con i colori ed i simboli
istituzionali, aveva dapprima rallentato la velocità e ciò aveva consentito al
Mazio di esplodere più facilmente plurimi colpi di pistola direzionati contro i
due agenti, che erano stati entrambi attinti, aveva quindi proseguito la marcia
nonostante costoro avessero risposto al fuoco e, dopo la caduta a terra del
mezzo, si era dato alla fuga unitamente agli altri due. Ha quindi ravvisato
l’apporto concorsuale del ricorrente alle condotte in contestazione in ragione
dell’oggettiva agevolazione loro offerta con l’aver condotto il mezzo, lasciando
liberi gli altri complici di far eventuale uso dell’arma detenuta illegalmente,
con l’aver rallentato la marcia quando si era creato il contatto col veicolo della
Polizia, permettendo di sparare più agevolmente e con migliori probabilità di
successo, quindi con l’aver continuato la fuga per consentire al gruppo di
sfuggire all’arresto.
1.2 n Collegio del riesame non si è sottratto alla disamina delle obiezioni
difensive; ha analizzato la versione dei fatti fornita dal ricorrente, ma l’ha
considerata priva di attendibilità dal momento che, secondo quanto riferito
dall’agente Parillo, il ciclomotore condotto dal Di Candido si era volutamente
affiancato al veicolo di servizio, rallentando la marcia, al solo fine di sparare
ed attingere i suoi occupanti per guadagnarsi l’impunità e la via fuga, che egli
aveva intrapreso con gli altri due, sebbene in quel momento avrebbe potuto
fermarsi e non opporre resistenza, dissociandosi quindi dalle loro iniziative e
dimostrando nei fatti e nell’immediatezza di essere stato costretto alle azioni
compiute, ritenute indicative nel loro sviluppo di una piena ed incondizionata
adesione del ricorrente alle condotte ed ai propositi degli altri soggetti con i
quali si era trovato.
1.3 Quanto dedotto in ricorso costituisce la riproposizione della versione
prospettata al Tribunale col riesame e s’incentra sulla dinamica dei fatti e sulle
motivazioni individuali del ricorrente, ma ribadisce una linea difensiva già
esaminata e disattesa circa la subita costrizione da parte degli altri due

3

proseguire egli la marcia senza rispettare l’ordine di fermarsi intimato dalla

coindagati muniti di pistola, trascurando anche sul piano logico di illustrare le
ragioni per le quali costoro avrebbero avuto la necessità del suo aiuto, dal
momento che, essendo in due ed in possesso di una sola arma, dopo la rapina
uno avrebbe potuto agevolmente condurre il veicolo sottratto e l’altro, quale
passeggero, sarebbe stato libero di far uso della pistola per contrastare la
prevedibile azione di controllo o d’inseguimento delle forze dell’ordine. Né è
dato conoscere come e quando il Di Candido sarebbe stato coinvolto e messo
alla guida dagli altri due complici dopo la consumazione della rapina.

difensiva pecca di illogicità ed è ampiamente congetturale, sia nel calcolo dei
tempi di percorrenza del tragitto tra il punto dell’avvistamento e quello della
sparatoria, sia nel ricondurre il rallentamento della marcia alla necessità di
seguire l’andamento curvilineo della strada per immettersi nella via situata
alla destra, dal momento che nulla esclude l’intenzione di seguire percorsi
differenti ed il volontario rallentamento per porre in essere l’azione di
resistenza e di tentato omicidio. In ogni caso, anche la giustificazione fornita
al comportamento tenuto dopo la caduta al suolo investe profili fattuali, che i
giudici cautelari hanno già investigato in modo logico e dando conto dei
relativi esiti in modo sintetico, ma esauriente, senza che a questa Corte sia
consentito, per i limiti della propria cognizione, condurre il proprio sindacato
sino ad accogliere una ricostruzione alternativa a quella esposta nei
provvedimenti cautelari.
2.Vanno disattesi anche i due motivi riguardanti le esigenze cautelari: il
Tribunale ha già evidenziato non soltanto il pericolo di fuga, desunto dal
comportamento tenuto dal ricorrente e per nulla smentito dall’asserita
collaborazione, che in realtà non è servita a chiarire i fatti, ma a tentare di
scagionarlo da ogni addebito, prospettandone il ruolo di vittima inconsapevole
ed addossando ogni responsabilità ai due coindagati, ma soprattutto il
pericolo di recidivazione specifica, desunto dai plurimi e gravi precedenti
penali del Di Candido, anche specifici, soggetto indicato come contraddistinto
da personalità marcatamente negativa e da allarmante pericolosità anche in
relazione ai fatti spregiudicatamente compiuti ed oggetto dell’imputazione
provvisoria.
2.1 Anche in punto di adeguatezza della sola misura custodiale, i giudici
cautelari hanno giustificato in modo congruo tale giudizio in relazione alla sua
personalità trasgressiva delle regole penali ed alle modalità meno stringenti
dei controlli conducibili nei confronti dei sottoposti agli arresti domiciliari, tali
da non impedire la reiterazione di altre gravi condotte contro l’incolumità
personale, si ripete non efficacemente smentite dall’atteggiamento difensivo
4

In altri termini, la stessa ricostruzione dei fatti proposta in chiave

’trasmessa copia ex art. 23,
332.
n. I ter L. 8-8-95 p.
Roma, I
assunto dal ricorren , ai contenuti ritenuti privi di ogni attendibilità.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato in ogni sua
deduzione, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle
Ammende di una sanzione pecuniaria, che si reputa congruo determinare in C

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 (mille)
alla Cassa delle Ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria,
copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi
dell’art. 94, co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014.

1.000,00 (mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

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