Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2826 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2826 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Di Lello Mario, nato a Scemi in data 11/11/1946
avverso la sentenza del 26/04/2012 del Tribunale di Chieti R.G. n. 19/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 26/04/2012 il Tribunale di Chieti ha confermato la decisione di primo
grado, che aveva affermato la responsabilità di Mario Di Lello in relazione al reato di minacce
in danno della figlia, e, prendendo atto del contrasto tra la pena indicata in motivazione
(euro 30,00 di multa) e quella riportata in dispositivo (euro 40,00 di multa), ha optato per la
sanzione più favorevole al reo, ossia la prima.
2. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione con il quale lamenta: a) la mancata
considerazione dei motivi nuovi d’appello e delle memorie difensive di cui all’art. 121 cod.
proc. pen.; b) la mancata assunzione di prove decisive anche con riferimento alle ragioni del
contrasto con la figlia; c) l’assenza di motivazione in ordine alla provocazione sofferta e alle
divergenze non del tutto marginali nelle deposizioni testimoniali cui era affidata la
ricostruzione dei fatti; d) la mancata valutazione dell’assenza della parte civile in appello
come espressione della volontà di non procedere contro l’imputato, con conseguente
remissione tacita della querela e) la mancata valutazione della tenuità del fatto; f) l’assenza
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Data Udienza: 05/12/2013

di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e, in generale, in punto di
determinazione della pena e di concessione dei benefici; g) la condanna al pagamento delle
spese del grado, nonostante raccoglimento dell’appello in punto di dosimetria della pena;

Considerato in diritto
1. Esaminando partitamente e in ordine logico le doglianze espresse nel ricorso, osserva la
Corte: a) che le critiche relative alla mancata considerazione delle doglianze espresse nei
motivi nuovi d’appello e nelle memorie difensive sono assolutamente generiche, in quanto, a
fronte dell’espressa considerazione riservata dal Tribunale alla dedotta compressione dei

sarebbero state trascurate (al riguardo, dovendosi ribadire che l’omessa valutazione di
memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del
provvedimento impugnato, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della
motivazione della decisione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state
espresse le ragioni difensive: Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, Cataldo, Rv. 252713); b) che
le affermate contraddizioni nelle deposizioni dei testi, oltre a fondarsi su una frammentaria
esposizione delle stesse, confliggono con l’univoca indicazione fornita, quanto al tenore della
minaccia pronunciata in sua presenza, dal teste Marcuccitti, assistente della Polizia di Stato,
valorizzata dalla pronuncia di primo grado (è appena il caso di rilevare che, essendosi in
presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità dell’imputato,
le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in
un unico complesso argomentativo: cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011,
Battaglia, Rv. 251550); c) che il Tribunale ha puntualmente considerato le deduzioni relative
alle ragioni del contrasto tra le parti e alla presunta “provocazione” lamentata dall’imputato,
rilevando che la controversia esistente non giustificava il comportamento assunto e che
nessuna provocazione poteva essere rawisata nella decisione della persona offesa di
richiedere l’intervento delle forze dell’ordine; d) che le critiche relative alla mancata
partecipazione della parte civile al giudizio in appello non colgono nel segno, atteso il
principio c.d. di “immanenza” della costituzione di parte civile normativamente previsto
dall’art. 76, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui la costituzione di parte civile produce i
suoi effetti in ogni stato e grado del processo, con la conseguenza che la parte civile, una
volta costituita, deve ritenersi presente nel processo anche se non compaia (v., ad es., Sez.
4, n. 24360 del 28/05/2008, Rago, Rv. 240942); e) che le censure relative alla mancata
applicazione dell’art. 34 d. Igs. n. 274 del 2000 e alla mancata motivazione in ordine alla
concessione dei benefici di legge non sono state proposte nei motivi d’appello e sono,
pertanto, inammissibili in questa sede; f) che nell’atto di appello non sono state richieste
specificamente le attenuanti generiche, con una puntuale indicazione delle ragioni idonee a
sorreggere l’istanza, ma si è insistito per la riduzione della pena “tenuto conto di tutte le
attenuanti applicabili”.

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diritti difensivi, non si contrappone alcuna deduzione specifica delle argomentazioni che

Fondato è, invece, il motivo di censura che investe la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del secondo grado, alla luce della decisione assunta dal giudice dell’appello di
rideterminare la pena, in relazione al contrasto tra la parte motiva della sentenza e il
dispositivo.
Limitatamente a tale condanna, che va, in conseguenza, eliminata, si impone l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna dell’imputato alle

Così deciso in Roma il 05/12/2013

Il Componente estensore

spese del secondo grado, condanna che elimina; rigetta nel resto il ricorso.

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