Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28258 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28258 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEJDIC ELVA N. IL 03/03/1979
avverso l’ordinanza n. 1880/2013 TRIBUNALE di FIRENZE, del
23/07/2013

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sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MO ICA BONI; /1
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Data Udienza: 13/06/2014

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza del 23 luglio 2031 il Tribunale di Firenze, pronunciando
quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Renata Sejdic,
alias Elva Sedic, per l’applicazione in sede esecutiva dell’istituto della
continuazione fra i reati giudicati con le sentenze ivi indicate, ritenendo
carenti i presupposti applicativi ed al più ravvisabile l’abitualità nella
commissione di condotte criminose.

l’interessata a mezzo del suo difensore, il quale lamenta i seguenti vizi:
a) contraddittorietà, illogicità e mancanza di motivazione in relazione al
disposto degli artt. 125, 666 cod. proc. pen. per avere il Tribunale formato il
proprio convincimento sull’infondatezza dell’istanza, pur senza avere disposto
l’acquisizione d’ufficio di tutte le sentenze indicate dalla ricorrente e ciò in
violazione del dovere di assunzione di informazioni e documenti, impostogli
dall’art. 666 cod. proc. pen., comma 5 e dall’art. 186 disp. att. cod. proc.
pen.. Pertanto, deve ritenersi aprioristica ed irrazionale la motivazione che
rileva l’assenza dagli atti degli elementi indicativi della commissione dei reati
già giudicati in esecuzione della medesima deliberazione.
b) Erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto
dell’art. 81 cpv. cod. pen. e mancanza ed illogicità della motivazione: il
Tribunale ha rilevato l’assenza dei requisiti prescritti per l’accoglimento della
domanda in riferimento a tutte le violazioni commesse, senza valutare gli
indici ritenuti sintomatici dell’unicità del proposito criminoso, quali
l’omogeneità delle condotte, la distanza cronologica ravvicinata tra i fatti, le
abitudini di vita, la finalità perseguita, le circostanze di tempo e luogo in
riferimento alle fattispecie concrete.
3.11 Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Oscar
Cedrangolo, con requisitoria scritta depositata il 29 gennaio 2014 ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso, perché fondato su censure in punto di
fatto.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va dunque accolto.
1.Va premesso che, per poter applicare in sede di cognizione, come in
quella esecutiva, l’istituto della continuazione è necessario che ricorrano sotto
il profilo oggettivo una pluralità di azioni od omissioni e più violazioni di legge
e, dal punto di vista soggettivo, che la loro commissione sia avvenuta in
1

2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione

esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tale ultimo requisito di natura
psicologica e quindi interiore al soggetto agente, postula la rappresentazione
dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro linee essenziali sin
dall’inizio dell’attività illecita, ossia che l’autore abbia già previsto e deliberato
in origine ed in via generale l'”iter” criminoso da percorrere ed i singoli reati
attraverso i quali attuarlo, che nella loro oggettività si devono presentare
compatibili giuridicamente e posti in essere in un contesto temporale di
successione o contemporaneità. Resta comunque escluso che l’unicità di

disegno criminoso possa identificarsi con l’abitualità criminosa o con scelte di
vita ispirate alla continua violazione delle norme penali, così come, sul fronte
opposto, non può nemmeno pretendersi che tutti i singoli reati siano stati in
dettaglio progettati e previsti nelle varie occasioni temporali e nelle modalità
specifiche di commissione delle loro azioni, atteso che la disciplina normativa
richiede identità del “disegno” criminoso, ossia che i singoli reati siano mezzo
per il conseguimento di un unico intento, sufficientemente specifico e
rintracciabile sin dalla commissione del primo di essi sulla scorta di un
apprezzamento in punto di fatto spettante al giudice di merito, come tale, se
congruamente motivato, insuscettibile di censura nel giudizio di legittimità
(Cass. sez. 5, nr. 23370 del 14/5/2008, Pagliara, rv. 240489; sez. 1, nr.
18340 dell’11/2/2011, Scarcia, rv. 250305; sez. 1, nr. 12905 del 17/03/2010,
Bonasera, rv. 246838; sez. 5, n. 49476 del 25/9/2009, Notaro, rv. 245833).
1.1 A tal fine l’analisi, da condurre sulla base degli accertamenti di fatto
contenuti nelle sentenze che hanno giudicato le singole vicende criminose,
deve riguardare una pluralità di indici sintomatici, rivelatori dell’ideazione e
della determinazione volitiva unitaria, quali la prossimità temporale di
commissione, l’omogeneità delle condotte sotto il profilo oggettivo, le
circostanze concrete di tempo e luogo dell’azione, il bene giuridico leso, le
finalità perseguite, le abitudini programmate di vita, con la specificazione che
non è necessario rintracciare la compresenza di tutti questi elementi, potendo
assumere valore significativo anche la ricorrenza di uno o più di essi e che
tanto maggiore è il novero degli elementi indicativi tanto maggiore sarà la
possibilità di riconoscere la continuazione.
2. A tali principi, basati sul chiaro disposto dell’art. 81 cpv. cod. pen. e
sulla considerazione della “ratio” dell’istituto, il Tribunale non si è attenuto ed
è comunque incorso in errore nel ritenere ostativa all’accoglimento della
richiesta della condannata la mancata allegazione di elementi specifici a
sostegno dell’istanza, che, al contrario risulta dettagliata quanto
all’indicazione dei reati commessi ed alle sentenze che li avevano accertati
irrevocabilmente.
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2.1 Inoltre, la motivazione dell’ordinanza in verifica si limita ad un unico
ed apodittico rilievo, espresso nelle seguenti locuzioni: “allo stato, non
risultano elementi per poter consentire in questa fase l’applicazione del
beneficio anzidetto. Mancando elementi da cui desumere con riferimento alle
varie sentenze-e quanto agli episodi sottostanti-la preordinazione di fondo che
cementa tra loro le singole violazioni, ricollegandole ad un’unica previsione
criminosa, al più sarebbe ravvisabile un’abitualità nelle condotte
dell’imputata”. Ebbene, come fondatamente denunciato col ricorso, il corpo

che nega la ravvisabilità delle condizioni applicative della continuazione, ma
prescinde da qualsiasi, anche sommaria, disamina delle fattispecie concrete. A
dispetto delle specifiche indicazioni contenute nell’istanza, non dà, infatti,
conto della natura giuridica dei reati commessi, non indica se siano o meno
omogenei per modalità realizzative o per bene giuridico leso, in quali
circostanze di fatto sia avvenuta la loro perpetrazione, per quali finalità, a
quale distanza temporale l’uno dall’altro, dimostrando la mancata delibazione
dell’istanza alla luce di un’approfondita disamina dei casi giudiziari” risolti
nelle sentenze irrevocabili, peraltro nemmeno acquisite, unica operazione
valutativa che consente di apprezzare con cognizione completa la ricorrenza o
meno del presupposto dell’unicità del disegno criminoso (Cass., sez. 1, n. 802
del 10/2/1995, Spadaro, rv. 200586; sez. 1 n. 6587 del
10/12/1996,Pancione, rv. 206403; sez. 1., n. 19987 del 29/04/2010,
Oussaifi, rv. 247593). Né il Tribunale ha offerto risposta esauriente e
razionale, capace di confutare gli argomenti che la difesa aveva prospettato
con la sua richiesta, incorrendo nel vizio di apparenza ed insufficienza della
motivazione e di violazione del disposto degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod.
proc. pen..
Va dunque disposto l’annullamento del provvedimento impugnato con
rinvio al Tribunale di Firenze al fine di procedere ad un nuovo esame
dell’istanza della ricorrente, che dovrà tener conto dei principi di diritto sopra
enunciati.
P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Firenze .
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014
Il Consigliere estensore

Presidente

giustificativo dell’ordinanza si risolve in una formula generica e stereotipata,

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