Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28258 del 09/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28258 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
KELI Arjan, nato a Rubik Mirdite (ALBANIA) il 16/05/1971
avverso l’ordinanza del 25/01/2016, del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 09/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 25/01/2016, il Tribunale di Torino, giudice
dell’appello cautelare, confermava (rigettando l’appello) l’ordinanza del 5
dicembre 2015 con cui il G.I.P. del Tribunale di Torino aveva rigettato l’istanza di
revoca ovvero di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere

2. Avverso tale ordinanza di appello cautelare, propone ricorso per
cassazione Keli Arjan, a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi
giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) vizi motivazionali. Deduce che l’attribuzione dell’utenza telefonica
mobile 3285657704 al ricorrente (posto che essa non è intestata al medesimo,
che nessun interlocutore lo ha chiamato per nome nelle conversazioni captate,
che a mezzo di essa non è stato contattato alcun famigliare del Keli, che essa
non viene mai reperita nella disponibilità di quest’ultimo) viene effettuata in via
puramente indiretta ed indiziaria attraverso la comparazione dei tabulati delle
due utenze telefoniche, l’una pacificamente intestata ed in uso al Keli
(3899064732), l’altra no (3285657704).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato

inammissibile.

4. Occorre premettere che l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del
giudice di merito. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo
di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro
negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1)
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;
2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto

2

proposta dalla difesa nell’interesse di Keli Arjan.

al fine giustificativo del provvedimento; requisiti, questi, sussistenti nella specie
(sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, rv 201840).
4.1. Si aggiunga che il controllo di legittimità sulla motivazione delle
ordinanze di appello dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto
a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale
controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio

delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio,
quando la motivazione -come nel caso che occupa- sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici.

5. Ciò premesso, per replicare ai motivi del ricorso, basterà rimarcare
che il giudice, per rigettare l’appello cautelare, ha, incensurabilmente, ritenuto di
porre alla base del proprio convincimento, tra l’altro, i seguenti argomenti: a) le
captazioni telefoniche (in particolare quelle del 13/10/2011 ore 12:19 e ore
21:37; del 14/10/2011, ore 17:41; del 15/10/2011; del 16/10/2011 ore 10:36 e
11:02; b) le dichiarazioni rese da Cauzzo Mauro Alvise, in sede di interrogatorio
di garanzia conseguente il suo arresto, secondo le quali il Cauzzo, in una
domenica dell’ottobre 2011, si incontrò a Milano, in viale Corsica, con il Keli per
ricevere da questi una somma di danaro: il 16/10/2011 era proprio la domenica
in cui furono captate le telefonate intercorse tra il Cauzzo e il possessore
dell’altra utenza cellulare (secondo l’insindacabile ragionamento del giudice
dell’appello cautelare detto possessore non poteva che essere il Keli); sempre il
16/10/2011 il Keli, infatti, si trovava a Milano -come si desume dalle celle
telematiche agganciate dalla utenza cellulare in suo uso e dalle telefonate
captate intercorse tra lui e i suoi cognati Lleshi Besnik e Lleshi Elis- nei pressi di
viale Corsica (zona nella quale dimorano i citati cognati del Keli); c) nel
pomeriggio del 16/10/2011 e nella mattinata del lunedì 17/10/2011, sia l’utenza
cellulare n.3899064732 (pacificamente in uso al Keli), sia quella n.3285657704
agganciano contemporaneamente le stesse celle telematiche (secondo
l’insindacabile ragionamento del giudice dell’appello cautelare ciò conferma che il
Keli utilizzava anche l’utenza n.3285657704); d) detta utenza n.3285657704
risulta essere stata inserita nell’apparecchio cellulare contrassegnato dal numero
IMEI 355202033516240, in cui sono state inserite altre due utenze mobili
olandesi, la cui localizzazione coincide con la localizzazione dell’utenza
ufficiale n.3899064732 del KELI; e) il Keli risulta essersi sottratto all’esecuzione

3

ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità

dell’ordinanza genetica, di cui ha avuto contezza all’atto della notifica dell’avviso
dell’udienza fissata ex art. 310 c.p.p. (notifica avvenuta a mani dell’indagato).
5.1. Da tutto ciò il Tribunale dell’appello ha ineccepibilmente
derivato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati ascritti al
ricorrente e delle ben descritte esigenze cautelari.

6. Alla stregua di quanto sopra detto, può ritenersi che la motivazione
dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa

della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento
dei requisiti previsti dalla legge per l’emissione e il mantenimento dei
provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca
consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

7. Conclusivamente, la mancanza, nel ricorso, di elementi di novità
sopravvenuti che impongano una rivisitazione delle esigenze cautelari già
altrimenti decise, impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso.

8. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa
di € 1.100,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

9.

Va, infine, disposta la trasmissione di copia del presente

provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè
provveda a quanto stabilito dall’art.94, comma 1-ter, disp. att. del c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia
trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a
quanto stabilito dall’art.94 c. 1 ter disp. att. del c.p.p..

Così deciso il 09/06/2016

Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole

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