Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28252 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28252 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IMPAROLATO ALESSANDRO N. IL 14/06/1970
avverso l’ordinanza n. 1658/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
23/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
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DL-z-L9 4-,
lette/sentite-le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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49

Data Udienza: 11/06/2014

(AD-Q-a,

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. La Corte di appello di Napoli, giudice dell’esecuzione, con
ordinanza del 23 aprile 2013 rigettava l’istanza proposta da
Imparolato Alessandro volta all’applicazione della diminuente di
cui all’art. 438 c.p.p. sull’intera pena inflitta dalla Corte di appello
di Napoli con sentenza del 15.6.2010, irrevocabile il 13.3.2012.
Deduceva il G.E.: a sostegno dell’incidente di esecuzione, l’istante
ha esposto che con la richiamata sentenza del 15.6.2010 era stata
riconosciuta la continuazione tra i reati con essa giudicati e quelli di
cui alla precedente sentenza della medesima corte distrettuale
pronunciata il 29.4.2005; la pena finale, per effetto del citato
riconoscimento, era stata determinata in anni sedici di reclusione ed
euro 5000,00 di multa, ma in relazione ad essa non aveva però
provveduto la corte ad applicare la diminuente per il rito di cui
all’art. 442 c.p.p.; di qui la inammissibilità della doglianza difensiva
proposta in sede esecutiva dappoichè ormai consolidatosi il
giudicato sul punto; l’omessa riduzione per il rito avrebbe dovuto
infatti essere denunciata con ricorso per cassazione.
2. Ricorre avverso detta decisione l’Imparolato, assistito dal
difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimità per violazione
degli artt. 125 co. 3, 130 e 442 c.p.p. e difetto di motivazione sul
punto, in particolare osservando: secondo lezione giurisprudenziale
della suprema corte, in ipotesi di applicazione della continuazione,
all’aumento di pena per la condanna ritenuta meno grave deve
essere applicata la diminuente del rito se relativa essa a giudizio
definito con il rito abbreviato; nel caso di specie all’aumento di
pena per la continuazione la Corte di merito non ha applicato la
diminuente del rito benché giudicati i relativi reati nelle forme del
giudizio abbreviato; su tali premesse irritualmente è stato
richiamato dal G.E. la formazione del giudicato sull’errore in cui è
incorso il giudicante nel calcolo della pena; l’art. 130 c.p.p. in
materia di correzione degli errori materiali impone al giudice che ha
emesso il provvedimento di provvedere alla eliminazione degli
errori anche di ufficio; all’errore denunciato può porre rimedio
anche il giudice di legittimità ai sensi dell’art. 619 c.p.p..
3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso sul rilievo che deve
distinguersi il mero errore materiale e quello frutto, viceversa, di
i

4. Il ricorso è infondato.
Deve essere precisato, in primo luogo, che quello indicato dalla
difesa ricorrente non integra errore materiale giuridicamente
emendabile ai sensi dell’art. 130 c.p.p., gi cchè la determinazione
della pena non è stata erroneamente aerorznmntasulla base di una
svista matematica ovvero di un sillogismo logico articolato dal
giudice attraverso la motivazione la cui sintesi sia incongrua
rispetto a presupposti precisamente indicati, ma di una violazione di
legge, in quanto tale passibile di divenire definitiva con la
maturazione del giudicato se non impugnata la relativa decisione
nei modi e nelle forme previste dal rito. Altro è infatti l’emenda
della decisione, altro è viceversa la sua modifica.
E nel caso di specie, proprio perché in ipotesi di richiesta volta a
modificare una decisione adottata in violazione di legge, l’unico
rimedio possibile era dato dalla sua impugnazione nelle forme e nei
termini di legge, decorsi i quali si è ormai irrimediabilmente
definito il giudicato.
Né ritiene il Collegio di aderire alla tesi argomentata dal P.G. in
sede, il quale ha distinto tra pena illegale, ricorrente a suo avviso
nel caso in esame ed emendabile in executivis, e pena errata ma
frutto di motivazione, non emendabile oltre il giudicato.
Nel caso in esame infatti non di pena illegale può correttamente
discettarsi, di pena cioè non prevista dall’ordinamento, ma di pena
illegittima e cioè determinata in contrasto con i principi di legge per
la sua quantificazione.
Per mera completezza espositiva appare infine opportuno
rammentare che è inammissibile il ricorso proposto al solo fine di
ottenere che la Corte di cassazione provveda a rettificare la specie o
la quantità della pena per errore di denominazione o di computo da
parte del giudice di merito (Cass., Sez. VI, 29/05/2003, n. 30576,
rv. 225716; Sez. IV. 2.2.2004, 12597, rv. 229216).
Il ricorso, va in conclusione, dichiarato inammissibile con la sola
condanna alle spese di causa, attesa la oggettiva controvertibilità
della questione giuridica sottoposta all’esame del Collegio.
P. T. M.
la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 11 giugno 2014
Il cons. est.
Il Presidente

argomentate, ancorchè erronee, valutazioni e che soltanto per il
secondo caso può validamente richiamarsi il principio del giudicato.

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