Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28251 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28251 Anno 2013
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 23/04/2013

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. Amoruso Gian Pietro, nato a Roma il 2-1-50;
2. Buetì Salvatore, nato a Scìlla il 14-10-55;
3. Miserocchi Gianluca, nato a Roma il 7-4-71;
4. Trimboli Salvatore, nato a Buenos Aires (Argentina) il 14-5-59;
5. Ferrò Bruno, nato a Careri il 21-3-76;
6. Amante Pietro, nato a Messina il 2-8-48;
7. Suraci Maurizio, nato a Reggio Calabria 1’8-8-59:
8. Callipari Rocco Giuseppe, nato a Careri il 9-9-64;
9. Sedda Gianfranco, nato a Cagliari il 29-1-43;
10. Cortellessa Franco, nato a Roma il 13-9-71,
avverso la sentenza in data 13-5-11 (depositata in data 31-10-11) della Corte di Appello di
Reggio Calabria;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere, dott. Vincenzo Rotundo;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa H-G
Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di Cortellessa Franco, per il rigetto
dei ricorsi di Amoroso Giampietro, Bueti Salvatore, Ferrò Bruno e Sedda Gianfranco, per
l’annullamento con rinvio della sentenza di primo grado e dì quella impugnata con trasmissione
degli atti per competenza alla Autorità Giudiziaria di Milano per Callipari Rocco Giuseppe,
Amante Pietro e Suraci Maurizio, per l’annullamento con rinvio della sentenza di primo grado e
di quella impugnata con trasmissione degli atti per competenza alla Autorità Giudiziaria di
Torino per Trimboli Salvatore, e per l’annullamento con rinvio della sentenza di primo grado e
di quella impugnata con trasmissione degli atti per competenza alla Autorità Giudiziaria di Roma
per Miserocchi Gianluca;
uditi i difensori, avv.ti Dell’Anno, Krogh, Taddei, Onesti, Managò e Vanni, che si sono associati
alle conclusioni del P.G.

FATTO
Amoruso Gian Pietro, Bueti Salvatore, Miserocchi Gíanluca, Trimboli Salvatore, Ferrò
Bruno, Amante Pietro, Suraci Maurizio, Callipari Rocco Giuseppe, Sedda Gianfranco e
Cortellessa Franco hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, con la quale, in
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data 13-5-11, la Corte di Appello di Reggio Calabria, in riforma della condanna pronunciata in
primo grado dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria in data 12-5-10, ha così deciso:
concesse le attenuanti generiche ad Amoruso Giampietro, ha rideterminato la
pena nei suoi confronti in dieci anni di reclusione;
• riconosciuta, in relazione alla posizione di Sedda Gianfranco, la continuazione
tra i reati in contestazione e quello di cui alla sentenza della corte di Appello di
Trieste del 17-11-06, ha rideterminato la pena nei suoi confronti, con riferimento
a tutti i reati in sette anni e quattro mesi di reclusione e ventiquattromila euro di
multa;
• ha rideterminato la pena nei confronti di Cortellessa Franco in un anno e sei
mesi di reclusione e tremila euro di multa;
• ha rideterminato la pena nei confronti di Ferrò Bruno in sette anni di reclusione;
• ha confermato nel resto, condannando Amante Pietro, Bueti Salvatore, Callipari
Rocco Giuseppe, Miserocchi Gianluca, Suraci Maurizio e Trimboli Salvatore al
pagamento delle ulteriori spese del grado.

2 . – . E’ opportuno procedere ad un esame analitico delle singole posizioni dei ricorrenti.
2.1 .-. AMORUSO GIANPIETRO
In primo grado è stato condannato alla pena (ridotta per il rito abbreviato) di anni 14 di reclusione
(con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena) per il
reato di cui all’art. 74 DPR 309/90, a lui ascritto al capo A) della rubrica.
In appello la predetta pena, previa riconoscimento delle attenuanti generiche, è stata rideterminata
in dieci anni di reclusione;
Il ricorrente deduce:

Difetto di correlazione tra sentenza ed accusa contestata, in quanto mentre la
contestazione sub A) riguardava una unica macro-struttura associativa, nella quale
erano coinvolti nei rispettivi ruoli tutti gli imputati, la sentenza di primo grado
aveva invece individuato tre diversi ed autonomi contesti associativi, ognuno con
specifica dimensione territoriale, il cui comune denominatore era il Trimboli,
componente organico di tutti e tre i gruppi. La mancata contestazione fin
dall’origine nel rito abbreviato dei tre nuclei associativi aveva per altro impedito
all’imputato di optare per il recupero del giudizio ordinario, ove avrebbe potuto
eccepire l’incompetenza per territorio della Autorità Giudiziaria di Reggio Calabria
in riferimento al cd. nucleo romano.
Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della
responsabilità per il reato associativo a lui ascritto e, specificamente, per il ruolo
apicale a lui contestato, pur in assenza di episodi specifici di spaccio o illecita
detenzione di sostanze stupefacenti, essendo stato l’Amoruso assolto dall’unica
contestazione in tal senso elevata nei suoi confronti [capo G)].

2.2 .-. BUETI SALVATORE
In primo grado è stato condannato alla pena (ridotta per il rito abbreviato) di anni due e mesi
quatto di reclusione ed euro cinquemila di multa per i reati di cui ai capo E) ed F) della rubrica (art.
73, comma 4, DPR 309/90).
In appello detta pena è stata confermata.
Con il suo ricorso lamenta:

Violazione di legge e vizio di motivazione per la assoluta genericità dei due capi di
imputazione E) ed F) a lui ascritti, nei quali si sarebbe fatto riferimento ad un
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2.3 .-. MISEROCCHI GIANLUCA
In primo grado è stato condannato alla pena di anni sedici di reclusione per i delitti di cui ai capi
A), H), Z, B1) e Ci) della rubrica [artt. 74 e 73 DPR 309/90], unificati ai sensi dell’art. 81 cpv c.p.
(con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena);
condanna poi confermata in grado di appello.

Con il ricorso presentato nell’interesse del Miserocchi si deduce:

Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di incompetenza
territoriale in favore della Autorità Giudiziaria di Roma. Nel caso di specie non poteva
farsi ricorso al criterio di cui all’art. 9, comma 3, c.p.p. senza prima verificare il luogo
di consumazione dei reati via via meno gravi ascritti al Miserocchi: essendo il reato
meno grave immediatamente discendente dalla associazione una ipotesi di spaccio
consumato, commessa in Roma [capo H)], come d’altra parte tutti i reati connessi
ascritti al Miserocchi, doveva essere ritenuta la competenza territoriale romana.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, la scelta del rito abbreviato
non precluderebbe la possibilità di sollevare la questione di competenza territoriale e
nel caso in esame il Miserocchi aveva ritualmente eccepito e riproposto la questione
nei termini di legge.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato
associativo ed alla ritenuta partecipazione allo stesso del Miserocchi. Segnatamente la
Corte di Appello non avrebbe dato risposta alcuna ai motivi di gravame e si sarebbe
limitata ad una motivazione tutta proiettata sui singoli episodi contestati e
specificamente sui colloqui registrati tra Miserocchi e Trimboli, che al più avrebbero
potuto iscriversi nell’ambito dì un concorso personale nel reato. Inoltre la Corte di
merito avrebbe ritenuto provata la sussistenza di un allargato sodalizio criminale, di
sede non individuata, avente al suo interno gruppuscoli operanti in varie zone
territoriali, tra i quali il gruppo romano, al quale avrebbe partecipato il Miserocchi. In
questo contesto non sarebbe stato spiegato come lo stesso Miserocchi potesse essere
ritenuto organizzatore e finanziatore dell’intera associazione nel suo complesso.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di responsabilità per i capi Z), B1),
H) e Cl), in quanto le sole fonti di prova sarebbero costituite da spezzoni di
intercettazioni di dubbio significato e prive di riscontri.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti
genetiche ed alla eccessività della pena inflitta, anche in riferimento agli aumenti
applicati per la continuazione.
2.4 .-._TRIMBOLI SALVATORE
E’ stato condannato in primo grado alla pena (già ridotta per la scelta del rito abbreviato) di anni
nove e mesi quattro di reclusione per i reati di cui ai capi A), 13) e R) (74 e 73 DPR 309/90), avvinti
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imprecisato quantitativo di sostanze stupefacenti, indicate “verosimilmente” del tipo
cocaina, e sarebbe rimasto del tutto indeterminato il contesto temporale e spaziale dei
fatti.
Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua
responsabilità, in quanto le conversazioni intercettate avrebbero fatto riferimento non a
forniture di sostanza stupefacente ma al reperimento di carte di identità false da
utilizzare per giocare al Casinò. A parte il fatto che non sarebbe stata dimostrata la
identificazione del Salvatore di cui si parla nei colloqui registrati con esso ricorrente.
Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti
generiche.

dalla continuazione, con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed interdizione legale per la
durata della pena.
In appello detta pena è stata confermata.
Con il suo ricorso, il Trimboli deduce:

Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di
incompetenza territoriale della Autorità Giudiziaria Reggina in favore di
quella di Torino. Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di
merito, la scelta del rito abbreviato non precluderebbe la possibilità di
sollevare la questione di competenza territoriale e nel caso in esame il
Trimboli aveva ritualmente eccepito e riproposto la questione nei termini
di legge.
Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla denunciata
indeterminatezza e genericità del capo A) delle imputazioni, nonché
mancata risposta alla eccezione di legittimità costituzionale sollevata in
riferimento agli artt. 441 e 417 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 25 e
111 Cost., nella parte in cui tali norme non prevedono che, analogamente
a quanto avviene per il decreto di rinvio a giudizio, non venga sanzionata
con la nullità l’omessa enunciazione del fatto in forma chiara e precisa,
una volta che l’imputato abbia optato per il giudizio abbreviato.
Totale mancanza di motivazione in riferimento alla richiesta di
riconoscimento della attenuante di cui al comma quinto dell’art. 73 DPR
309/90 in ordine ai reati specifici di cui ai capi R) e B) nonché in
riferimento alla richiesta di inquadramento della associazione nell’alveo
di cui al comma sesto dell’art. 74 DPR 309/90.
Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al mancato
riconoscimento del consumo di gruppo di sostanze stupefacenti con
conseguente non punibilità degli episodi specifici ascritti al Trimboli al
capo R) della rubrica, risalenti all’anno 2004 e cioè a data anteriore alla
entrata in vigore della legge 49/2006.
Vizio di motivazione in riferimento alla affermazione della responsabilità
del Trimboli in ordine al reato di cui all’art. 73 DPR 309/90, a lui ascritto
al capo 13), avendo la Corte di merito malamente interpretato i colloqui
intercettati, che al più farebbero riferimento ad un tentativo di acquisto di
gruppo per uso personale di sostanze stupefacenti, non punibile per le
ragioni espresse al capo che precede.
Vizio di motivazione in riferimento alla affermazione di responsabilità
per il reato associativo contestato sub A), non avendo i Giudici di merito
fornito adeguate argomentazioni in ordine alla esistenza del sodalizio
criminoso e in ordine alla partecipazione ad esso del Trimboli. Le
risultanze processuali avrebbero unicamente dimostrato lo stato di
tossicodipendenza del Trimboli e i contatti assidui da lui tenuti con altri
soggetti per il reperimento spasmodico della dose giornaliera.
Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle
attenuanti generiche ed alla pena inflitta, considerata eccessiva.

2.5 . . FERRO’ BRUNO
In primo grado è stato condannato per il reato di cui all’art. 74 DPR 309/90 [capo A)] alla pena di
anni otto di reclusione, con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la
durata della pena. In appello detta pena è stata ridotta ad anni sette di reclusione.

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Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della sua
responsabilità per il reato associativo, che sarebbe stata basata unicamente su
intercettazioni telefoniche effettuate nel breve periodo intercorrente tra il settembre
2003 ed il marzo 2004, erroneamente interpretate come riferite a sostanze
stupefacenti. In buona sostanza la Corte di Appello avrebbe adottato argomentazioni
meramente riproduttive della decisione di primo grado, recependo acriticamente la
prospettazione accusatoria, e non avrebbe preso in esame le censure difensive
sollevate con i motivi di gravame. In particolare, la Corte di merito non avrebbe
tenuto conto del fatto che il Ferrò era stato assolto dal reato specifico di cui all’art. 73
DPR 309/90 a lui originariamente ascritto e non avrebbe dato il giusto peso al fatto
che gli interlocutori del Ferrò nei colloqui registrati erano stati assolti per
insufficienza del quadro indiziario a loro carico.
Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche ed alla mancata mitigazione del trattamento sanzionatati°.

2.6 . . AMANTE PIETRO
In primo grado è stato condannato alla pena (già ridotta per il rito abbreviato) di anni dieci e mesi
otto di reclusione per i reati di cui a capi A) (art. 74 DPR 309/90, esclusa la qualità di promotore,
dirigente, organizzatore o finanziatore) M), Q), U) e V) (73 DPR 309/90), unificati ex art. 81 cpv
c.p., con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della pena.

Detta pena è stata confermata in appello.
Con il suo ricorso l’Amante denuncia:
Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di
incompetenza territoriale della Autorità Giudiziaria Reggina.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, la scelta del rito
abbreviato non precluderebbe la possibilità di sollevare la questione di
competenza territoriale e nel caso in esame l’imputato aveva ritualmente
eccepito e riproposto la questione nei termini di legge.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della
sua responsabilità per il reato associativo di cui al capo A). In primo
luogo non sarebbe stata dimostrata la esistenza di un sodalizio criminoso
milanese facente capo ad una superassociazione/joint venture. In secondo
luogo non sarebbe stata provata la partecipazione di esso Amante al
sodalizio, anche per il ruolo squisitamente gregario rispetto a Nizzola
Francesco a lui attribuito. In ogni caso non sarebbe stato delineato in
alcun modo il ruolo ricoperto da esso Amante all’interno del sodalizio
milanese e le intercettazioni telefoniche effettuate non sarebbero state
vagliate in riferimento alla effettiva consapevolezza della partecipazione
dell’Amante alle attività criminose organizzate in ambito associativo.
• Violazione dell’art. 56 c.p. in riferimento ai capi M), Q) ed U) delle
imputazioni. Si tratta dei tre tentativi di importazione di droga per mezzo
della motonave Cala Pedra e con l’ausilio del presunto corriere
Monteleone Pasquale. Le risultanze acquisite avrebbero dimostrato che si
sarebbe trattato di mere trattative penalmente irrilevanti, essendo rimaste
nell’ambito degli atti preparatori senza dare inizio alla esecuzione dei
delitti in questione.

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Con il suo ricorso il Ferrò deduce:

Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle
attenuanti generiche ed alla reiezione della richiesta di mitigazione della
pena.

Detta pena è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria con la sentenza
impugnata.
Con il suo ricorso Stiraci lamenta:




Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di
incompetenza territoriale della Autorità Giudiziaria Reggina.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, la scelta del rito
abbreviato non precluderebbe la possibilità di sollevare la questione di
competenza territoriale e nel caso in esame l’imputato aveva ritualmente
eccepito e riproposto la questione nei termini di legge.
Violazione di legge per difetto di correlazione tra accusa e sentenza in
relazione alla contestazione di reato associativo mossa al capo A) in
riferimento ai reati-fine previsti dalle lettere I), L), T) e V), in quanto
mentre l’associazione sarebbe stata contestata come avente lo scopo di
importare cocaina dal Sudamerica, le predette imputazioni specifiche
riguarderebbero altre ipotesi di reato (importazione di droga dall’Olanda
ed altro).
Mancanza di motivazione in ordine alla esistenza di una realtà associativa
milanese, che si sarebbe iscritta nella più complessa organizzazione
criminale unitamente al gruppo facente capo al Trimboli e all’ulteriore
sottogruppo romano
Vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità del
Suraci per partecipazione al gruppo associativo milanese.
Vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta colpevolezza del Suraci
per i reati-fine [capi I), M) e Q)].
Nullità della sentenza relativamente al capo Q), essendosi il P.M. nel
processo di primo grado limitato a depositare richieste scritte nelle quali
tale capo non era neanche menzionato.
Nullità della sentenza in relazione ai reati di cui ai capi M), Q), S) e U),
trattandosi di fatti inidonei a concretizzare un tentativo punibile di
importazione di sostanze stupefacenti.

2.7 .-. SURACI MAURIZIO
In primo grado è stato condannato alla pena (già ridotta per la scelta del rito abbreviato) di anni
dieci di reclusione per i reati di cui ai capi A), I), M) e Q) (74 e 73 DPR 309/90), unificati ex art. 81
cpv c.p., con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della
pena.

2.8 .-. CALLIPARI ROCCO GIUSEPPE
In primo grado è stato condannato alla pena (già ridotta per il rito abbreviato) di anni undici e
mesi quattro di reclusione per i reati di cui ai capi A), M), Q) S), U) e V) (arti. 74 e 73 DPR
309/90), esclusa la qualità di promotore-dirigente-organizzatore-finanziatore, unificati ex art. 81
cpv c.p., con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e interdizione legale per la durata della
pena.
Detta pena è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria on la sentenza
impugnata.
Con un primo ricorso (a firma dell’avv. Managò) Callipari denuncia:
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Violazione di legge in riferimento alla mancata dichiarazione di incompetenza
territoriale in favore della Autorità Giudiziaria Torinese. La relativa eccezione era
stata ritualmente sollevata in udienza preliminare e riproposta nei motivi di appello.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, si trattava, secondo la
prevalente giurisprudenza di legittimità, di eccezione deducibile anche nel giudizio
abbreviato. In ogni caso si sollecita la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
Inoltre la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che, ex art. 51, comma 3 bis,
c.p.p. la vis actractiva avrebbe determinato una competenza funzionale dell’Ufficio
Distrettuale, indipendentemente da ogni criterio valutativo della competenza. Infatti la
giurisprudenza di legittimità avrebbe definitivamente chiarito che solo una volta
determinata la competenza territoriale con i criteri dettati dalla sentenza delle Sezioni
Unite del 16-7-09, la competenza in tal guisa determinata consente di individuare la
Procura Distrettuale funzionalmente competente a mente dell’art. 51 c.p.p.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza di
una associazione a delinquere dedita al narcotraffico, avendo la stessa Corte di
Appello affermato che in realtà si trattava di tre gruppi autonomi che operavano non
in funzione di un interesse comune e predeterminato ma in funzione di singoli ed
autonomi episodi di cessione e tentata importazione di droga, ciascuno con un proprio
fine. Si sarebbe in realtà trattato di soggetti mossi da individuali e particolaristiche
spinte criminose, mancando nel caso di specie gli elementi idonei per desumere
l’esistenza di una associazione, e cioè la ripartizione degli utili e delle perdite, o
meglio l’assunzione del rischio comune nella gestione della attività illecita. Gli
elementi fattuali che i Giudici di merito avevano ritenuto idonei per dimostrare
l’esistenza di un organismo associativo in realtà indicavano soltanto i profili di un
reato continuato. Quanto al capo V), nonostante gli specifici motivi di gravame sul
punto, la Corte di Appello si sarebbe limitata a ritenere provata la responsabilità del
Callipari in base ad argomenti del tutto congetturali.
• Vizio di motivazione in riferimento al diniego delle attenuanti generiche ed alla entità
della pena inflitta, ritenuta eccessiva.
Con un secondo ricorso (personalmente sottoscritto) si ribadiscono le censure sopra
sinteticamente illustrate, ci si sofferma anche sui reati di cui ai capi M), Q), S) e U), in ordine ai
quali si rileva la carenza oggettiva di elementi probanti a carico del Callipari e si sottolinea la
assoluzione del medesimo per il capo GI) [episodio che sarebbe perfettamente sovrapponibile a
quelli sopra rubricati], e si denuncia l’eccessivo rigore nella applicazione della disciplina del reato
continuato ai sensi dell’art. 81 c.p.
In prossimità della odierna pubblica udienza la Difesa del Callipari ha depositato motivi aggiunti,
con i quali insiste per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, evidenziando che,
successivamente alla proposizione della impugnazione, le Sezioni Unite di questa Corte di
Cassazione in data 29-3-12 (sent. n. 27996-12) hanno chiarito che l’eccezione di incompetenza
territoriale è proponibile in limine al giudizio abbrviato, che non sia stato preceduto dalla udienza
preliminare, mentre, quanto al giudizio abbreviato preceduto dalla udienza preliminare (giudizio
abbreviato tipico) tale eccezione è proponibile sempre in limine, solo se essa sia stata già proposta
(e rigettata) in sede di udienza preliminare.

2.9 .-. SEDDA GIANFRANCO.
In primo grado è stato condannato alla pena (già ridotta per il rito abbreviato) di anni sei e mesi
otto di reclusione ed euro ventiduemila di multa per i reati di cui ai capi O) e V) (110 c.p. e 73 DPR
309/90), unificati ex art. 81 cpv c.p., con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed interdizione
legale per la durata della pena.
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In appello, è stata riconosciuta al Sedda la continuazione tra i reati in contestazione e quello di cui
alla sentenza della Corte di Appello di Trieste del 17-11-06, ed è stata conseguentemente
rideterminata la pena a lui inflitta, con riferimento a tutti i reati, in sette anni e quattro mesi di
reclusione ed curo ventiquattromila di multa

Violazione di legge in riferimento al rigetto della eccezione di incompetenza per
territorio formulata (e reiterata) dai coimputati in favore del distretto giudiziario di
Torino, non accolta in virtù delle asserita preclusione processuale derivante dalla
scelta del rito abbreviato. In proposito si rappresenta che l’eccezione era stata dedotta
tempestivamente e riproposta successivamente con l’atto di gravame e si cita recente
giurisprudenza di legittimità che in queste ipotesi non ha riconosciuto l’effetto
preclusivo derivante dalla scelta del rito alternativo.
Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla affermazione della sua
responsabilità per gli episodi di cessione di droga a lui ascritti, che sarebbe stata
basata su colloqui intercettati dal contenuto ambiguo e su mere illazioni e congetture.
Vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e in riferimento
all’eccessivo rigore nella applicazione del reato continuato ai sensi dell’art. 81 c.p.

2.10 .-. CORTELLESSA FRANCO
In primo grado è stato condannato alla pena (già ridotta per la scelta del rito abbreviato) di anni uno
e mesi otto di reclusione ed euro tremila di multa per i delitti di cui all’art. 73, comma 4, DPR
309/90, a lui ascritti ai capi H) e C1), unificati ex art. 81 cpv c.p., previo riconoscimento in
riferimento al capo H) della attenuante di cui al comma quinto dell’art. 73 DPR 309/90 e previa
concessione delle attenuanti generiche.
In appello la pena nei confronti di Cortellessa Franco è stata rideterminata in un anno e sei mesi di
reclusione e tremila euro di multa.
Con il suo ricorso il Cortellessa deduce:

Violazione dell’art. 81 c.p. per avere i Giudici di merito errato nel ritenere più grave il
reato contestato sub Ci) (tentativo di importazione in Italia di kg. 158 di hashish dalla
Spagna) rispetto a quello di cui al capo H) (cessione di una modica quantità di
cocaina). A parte il fatto che il reato sub H) sarebbe da tempo prescritto.
• Violazione di legge in riferimento al rigetto della eccezione di incompetenza per
territorio in favore del distretto giudiziario di Torino, non accolta in virtù delle asserita
preclusione processuale derivante dalla scelta del rito abbreviato. Stante il contrasto
della giurisprudenza di legittimità sul punto, si chiede la rimessione della questione
alle Sezioni Unite.
• Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della
responsabilità. Segnatamente in riferimento al capo H), l’unico elemento a carico del
Cortellessa sarebbe una conversazione intercettata in data 29-5-04, ma il colloquio
avrebbe un contenuto per nulla chiaro ed inequivoco. Quanto al capo C), la
colpevolezza del Cortellessa sarebbe stata basata su mere congetture, non essendo
stato dimostrato che l’imputato si fosse recato in Spagna per concludere l’acquisto
dell’hashish successivamente prelevato dal Gaviano.

DIRITTO
3 .-. Il ricorso presentato nell’interesse di Cortellessa Franco è inammissibile per tardività.
Nel ricorso si afferma che la sentenza impugnata è stata “notificata al ricorrente il 21-2-2012”.
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Con il suo ricorso il Sedda denuncia:

In realtà dagli atti risulta che detta sentenza (resa in data 13-5-2011 e depositata in data 3 1-102011), è stata notificata in data 14-11-2011 al difensore di fiducia del Cortellessa, avv. Gaetano
Tanzi, e in data 16-1-2012 al Cortellessa Franco ai sensi dell’art. 161 c.p.p. presso il medesimo avv.
Tanzi, facendone consegna di copia conforme a mani di Fornito Giuseppe, addetto alla recezione
degli atti.
Il ricorso nell’interesse del Cortellessa risulta presentato in data 5-4-2012.

In effetti il termine per impugnare la sentenza in esame (pari a 45 giorni dall’ultima notifica),
scadeva in data 1-3-2012, trattandosi di anno bisestile: ne deriva con tutta evidenza la tardività del
ricorso che risulta depositato in data 5-4-2012.
Alla inammissibilità del ricorso del Cortellessa consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del predetto
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si
stima equo determinare in euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità.
4 .-. I ricorrenti Miserocchi, Trimboli, Amante, Suraci e Callipari hanno espressamente riproposto
in questa sede la eccezione di incompetenza per territorio, già ritualmente prospettata nei precedenti
gradi di giudizio.
Sedda Gianfranco ha sollevato tale eccezione esclusivamente in questa sede, sottolineando che la
questione era stata ritualmente prospettata e nei precedenti gradi rigettata dai suoi coimputati.
Amoruso Gian Pietro ha in qualche modo implicitamente proposto anch’egli la medesima eccezione
nell’illustrare il suo primo motivo di ricorso, incentrato nel dedotto difetto di correlazione tra accusa
e sentenza.
5 .-. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che l’eccezione di incompetenza
territoriale è proponibile “in limine” al giudizio abbreviato non preceduto dall’udienza preliminare,
mentre, qualora il rito alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l’incidente di competenza
può essere sollevato, sempre “in limine” a tale giudizio, solo se già proposto e rigettato in sede di
udienza preliminare. (Sez. U, Sentenza n. 27996 del 29/03/2012, Rv. 252612, Forcelli). La
questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite era la seguente: se nel giudizio abbreviato, non
preceduto da udienza preliminare, fosse proponibile l’eccezione di incompetenza per territorio. La
Corte ha preliminarmente ritenuto che tale specifico quesito doveva essere esaminato nell’ambito
della più generale questione della proponibilità o meno dell’eccezione di incompetenza territoriale
una volta richiesto ed ammesso il giudizio abbreviato.
Le Sezioni Unite hanno preso atto di un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità,
contrario alla proponibilità dell’incidente di competenza nel giudizio abbreviato, (espresso, tra le
altre, dalle sentenze: Sez. 6, n.44726 del 18/09/2003, Ninivaggi, Rv. 227715; Sez. 6, n.33519 del
04/05/2006, Acampora, Rv. 234392; Sez. 2, n.11723 del 05/02/2008, Rotterdam, non massimata;
Sez. 6, n.26092 del 26/05/2010, Eddahani, non massimata; Sez. 5, n.7025 del 10/12/2010,
Bellacanzone, Rv. 249833).
Secondo tale filone giurisprudenziale, l’eccezione di incompetenza per territorio non é
proponibile:
– perché, imponendo l’art. 21 cod. proc. pen. la proposizione di tale eccezione prima della
conclusione dell’udienza preliminare, la questione, se presentata per la prima volta dopo
l’introduzione del rito alternativo, é da considerarsi tardiva, mentre, se reiterata dopo il rigetto di
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In calce alla sentenza vi è attestazione della Cancelleria che in data 6-3-2012 la sentenza era
divenuta esecutiva per Cortellessa.

istanza precedente proposta in sede di udienza preliminare, é inammissibile perché mera
reiterazione di eccezione sulla quale si é formato il giudicato (cfr. in particolare sent. Ninivaggi);

– perché la esplicita e consapevole richiesta di un rito governato da regole diverse rispetto a quelle
dell’ordinario dibattimento, ed altresì caratterizzato dalla mancanza del segmento processuale
dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari, configura rinuncia per facta
concludentia a far valere le nullità non assolute verificatesi nelle fasi anteriori ai sensi della regola
di sanatoria prevista dall’art. 183, cornma 1, lett. a) cod. proc. pen. (cfr. in particolare sent.
Acampora);
– perché, nel caso di giudizio abbreviato atipico, eccepire l’incompetenza per territorio in sede di
giudizio alternativo, richiesto dall’imputato dopo la citazione a giudizio immediato, si pone in
contrasto con la ratio stessa del giudizio immediato, vanificando l’interesse del legislatore,
prevalente rispetto anche all’esatta individuazione del giudice territorialmente competente ed alla
quale l’imputato ha di fatto dimostrato di rinunciare chiedendo di essere ammesso al giudizio
abbreviato, alla speditezza del processo (cfr. in particolare sent. Rotterdam);
– perché nella tesi contraria alla possibile proposizione dell’incidente di competenza nel giudizio
abbreviato non é ravvisabile alcuna potenziale violazione dell’art. 25 Cost., attesi il carattere
certamente disponibile della questione di competenza territoriale e la natura “negoziabile” del
giudizio abbreviato, che comporta la rinuncia da parte dell’imputato anche ad altre garanzie
costituzionali, quali, ad esempio, il principio del contraddittorio nella formazione della prova, e ciò
in cambio di plurimi benefici processuali e sostanziali (cfr. in particolare sent. Eddehani);
– perché in realtà non vi sarebbe violazione del principio costituzionale di precostituzione per
legge del giudice naturale in quanto, nelle ipotesi in questione, é proprio la legge processuale a
determinare specificamente quale giudice naturale del procedimento quello al quale l’imputato
chiede di celebrare il giudizio con rito abbreviato (dr. in particolare sent. Bellacanzone).
Le Sezioni Unite, nella sentenza Forcelli, hanno poi preso in esame il diverso orientamento
giurisprudenziale, favorevole alla proponibilità nel giudizio abbreviato dell’incidente di competenza
(espresso dalle sentenze Sez. 6, n.12894 del 28/06/1991, D’Andrea, Rv.188755; Sez. 6, n.1168 del
20/11/1997, Angeli, Rv.211126; Sez. 4, n.4528 del 28/10/1998, Generali, Rv.213136; Sez. 1,
n.37156 del 10/06/2004, La Perna, Rv.229532; Sez. 1, n. 34686 del 05/07/2011, Bega, Rv. 251135;
Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Ciancimino, Rv. 251196). Secondo tale orientamento, l’eccezione
di incompetenza per territorio é proponibile:

– perché la scelta del giudizio abbreviato, anche in ragione della connotazione assunta dal rito a
seguito della riforma del 1999, comporta la rinuncia a far valere le invalidità non assolute e le
inutilizzabilità non patologiche non solo degli atti a contenuto probatorio ma anche degli atti
processuali propulsivi ed introduttivi del rito nonché le eccezioni sulla competenza territoriale che,
per il regime ad essi riconosciuto, rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati (cfr. in
particolare sent. Acampora);

– perché il rito alternativo rappresenta soltanto una modalità speciale di svolgimento del giudizio
di primo grado e perché l’esercizio del diritto di optare per il rito abbreviato non può comportare
ingiustificabili effetti discriminatori per l’imputato e per la sua possibilità di contestare la scelta del
giudice effettuata dal pubblico ministero con l’esercizio dell’azione penale (cfr. in particolare
sentenze D’Andrea e Angeli);
– perché la tesi della idoneità della richiesta di rito alternativo a configurare la rinuncia
all’incidente di competenza è priva di qualsivoglia ancoraggio normativo (cfr. in particolare
sentenze La Pema e Bega);
– perché inibire all’imputato la possibilità di insistere nel richiedere il controllo sul rispetto delle
nonne che attuano il principio dei giudice naturale determina una violazione degli articoli 24,
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ÌR

comma secondo, e 25, comma primo, Cost., atteso che il perseguimento del rispetto delle norme
sulla competenza, volto ad individuare il giudice naturale precostituito per legge, é sottratto alla
disponibilità della parte (cfr. sent. La Pema);

– perché non si rinviene alcun dato normativo, testuale o sistematico, dal quale ricavare la regola
per cui l’imputato, per poter essere giudicato dal giudice naturalmente competente, debba rinunziare
ai riti alternativi e perché entrambe siffatte opzioni vantano copertura costituzionale (cfr. sent.
Bega).
A questo punto le Sezioni Unite hanno ricordato i principi espressi in alcuni precedenti della
giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246; n.39298 del
26/09/2006, Cieslinsky, Rv. 234835) e di quella costituzionale (sentt. n. 130 del 1995 e n. 349 del
2000; sent. n. 70 del 1996; sent. n. 168 del 2006; sent. n.155 del 1996), rilevando che da tali
pronunzie emergeva con chiarezza che le indubbie connessioni costituzionali che presentavano sia
l’opzione per il rito alternativo sia la competenza territoriale (la prima attenendo all’esercizio dei
diritto di difesa e la seconda essendo espressione della generale prescrizione del giudice naturale
precostituito per legge) non consentivano di privilegiare l’una a danno dell’altra e di «escludere in
radice per l’imputato il diritto di essere giudicato con il rito abbreviato dal giudice per lui naturale»
(Sez. I. n. 34686 del 05/07/2011, Bega, Rv. 251135).
Su queste basi le Sezioni Unite hanno ritenuto meritevole di condivisione il secondo degli
indirizzi giurisprudenziali richiamati, osservando, per altro, che non era rinvenibile alcun dato
normativo -testuale o sistematico- da cui ricavare la regola per cui l’imputato per poter essere
giudicato dal giudice naturalmente competente dovesse rinunciare ai riti alternativi e, di converso,
per poter accedere al giudizio abbreviato dovesse essere costretto a rinunciare a perseguire la
legalità in tema di competenza.
Inoltre —ha puntualizzato questa Corte- le norme poste a tutela del procedimento probatorio e
dell’iter propulsivo dell’azione penale e quelle finalizzate a dare attuazione al principio del giudice
naturale rispondono ad esigenze difformi e i relativi regimi non sono in toto assimilabili, sicché,
nonostante sia stato affermato che la richiesta di accesso al rito abbreviato determina la rinuncia a
far valere nullità ed inutilizzabilità sia degli atti a contenuto probatorio sia di quelli propulsivi
dell’azione penale, ciò non consente – di per sé – di estendere la valenza della scelta del rito sino a
comprendere la rinuncia a sindacare la competenza del soggetto giudicante. Una siffatta indebita
estensione porterebbe ad ingiustificabili effetti discriminatori per l’imputato e per la sua possibilità
di contestare la scelta del giudice effettuata dal Pubblico Ministero con l’esercizio dell’azione
penale, all’evidenza ponendo seri problemi di costituzionalità.
D’altra parte tutti gli argomenti espressi nelle sentenze che aderivano all’indirizzo interpretativo
contrario sono stati puntigliosamente smontati dalle Sezioni Unite. Così si è precisato che la
sottolineata altematività del giudizio abbreviato rispetto al rito ordinario non implicava affatto
accettazione della competenza del Giudice adito attraverso la rinuncia definitiva a contestarla,
anche perché la tesi contraria avrebbe comportato per l’imputato inaccettabili sacrifici, ponendolo
nella alternativa tra ottenere una decisione sulla questione della incompetenza attraverso il rito
ordinario o rinunciare a tale obiettivo per accedere ai benefici sostanziali connessi con l’accesso al
rito abbreviato, pur essendo entrambe le opzioni garantite dall’ordinamento processuale.
Inoltre -ha osservato la Cotte- proprio la specificità del rito abbreviato, caratterizzato da estrema
“agilità procedimentale” e dall’assenza delle cadenze proprie del dibattimento non ha reso
necessaria l’imposizione di alcuna rigida e preclusiva scansione procedimentale, sicché nessun
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– perché il difetto nel rito alternativo del segmento processuale dedicato nel dibattimento alla
soluzione delle questioni preliminari é argomento inconferente, atteso che in un rito agile come
quello a prova contratta non é necessario fissare per le questioni preliminari rigide scansioni
procedimentali a contenuto preclusivo (cfr. sent. Bega);

Anche la tesi della rinuncia per facta concludentia è stata ritenuta, nella sentenza Forcelli, non
convincente, in quanto la sanatoria dell’accettazione degli effetti del vizio assumeva valenza – ove
non trattasi di rinuncia esplicita — solo quando dal comportamento degli interessati potesse
inoppugnabilmente desumersi la rinuncia definitiva a contestare il vizio. Ne conseguiva che non
poteva certo ritenersi prodotto alcun effetto sanante allorquando l’imputato avesse proposto e
reiterato, nel rispetto delle cadenze processuali ed unitamente all’opzione per il rito alternativo,
l’incidente di competenza.
Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, le Sezioni Unite hanno, pertanto, concluso per la
ammissibilità -in via generale- dell’incidente di competenza territoriale nel giudizio abbreviato,
precisando che l’eccezione di incompetenza territoriale è proponibile in limine al giudizio
abbreviato che non sia stato preceduto dalla udienza preliminare. Quanto al giudizio abbreviato
preceduto dalla udienza preliminare (giudizio abbreviato c.d. tipico) tale eccezione è proponibile,
sempre in limine, solo se essa sia stata già proposta (e rigettata) in sede di udienza preliminare.
6 .-. Nel caso in esame la Corte di Appello di Reggio Calabria, dopo avere dato atto che
l’eccezione di incompetenza per territorio era stata espressamente riproposta negli atti di
impugnazione di numerosi imputati, tra i quali Trimboli Salvatore, Amante Pietro, Callipari Rocco
Giuseppe, Suraci Maurizio e Miserocchi Gianluca, si è limitata a ricordare che, a seguito del rigetto
in sede di udienza preliminare dell’eccezione di incompetenza per territorio, gli appellanti avevano
formulato richiesta di giudizio abbreviato, ottenendo la trasformazione del rito, così liberamente
esercitando una opzione cui conseguiva la non riproponibilità della questione di competenza.

La Corte di Appello ha altresì dato atto che, l’eccezione era stata ritualmente sollevata in limine
all’udienza preliminare ed immediatamente riproposta dopo il passaggio al rito speciale, ma ha
ritenuto di adeguarsi al filone della giurisprudenza di legittimità in base al quale l’ammissione al
rito abbreviato precludeva la proposizione dell’eccezione di incompetenza territoriale.
Su queste basi la Corte di merito ha ritenuto infondati i motivi di gravame incentrati nella dedotta
incompetenza per territorio.
7 .-. Per i motivi esposti al punto § questo Collegio condivide, invece, l’orientamento
giurisprudenziale sfociato nella recente sentenza Forcelli
Alla stregua dei principi esposti in detta sentenza, deve, pertanto, convenirsi sulla fondatezza
degli assorbenti motivi di ricorso aventi per oggetto la incompetenza per territorio, questione che,
come si è visto, risulta ritualmente sollevata in limine all’udienza preliminare, riproposta
immediatamente dopo il passaggio al rito abbreviato e reiterata nei motivi di gravame.
Conseguentemente va disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra
Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria, che dovrà esaminare la fondatezza o meno della
eccezione di incompetenza territoriale avanzata dagli imputati Miserocchi, Trimboli, Amante,
Suraci, Callipari, Sedda ed Amoroso (v. punto 4), tenendo ben presenti i più recenti approdi della
giurisprudenza di legittimità in materia (v. in particolare: Sez. U, Sentenza n. 40537 del 16/07/2009,
Rv. 244330, Orlandelli, in base alla quale la competenza per territorio, nel caso in cui non sia
possibile individuare, a nonna degli artt. 8 e 9, comma primo, cod. proc. pen., il luogo di
commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso,
in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati; quando risulti impossibile
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rilievo poteva avere, secondo le Sezioni Unite, la circostanza che la disciplina del giudizio
abbreviato non prevedesse «il segmento processuale dedicato alla trattazione e risoluzione delle
questioni preliminari»., fra esse comprese quella relativa alla corretta individuazione del Giudice
territorialmente competente.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche in riferimento ai ricorrenti Bueti Salvatore e
Ferrò Bruno. E’ pur vero che questi imputati non hanno sollevato, nei ricorsi da loro presentati,
l’eccezione di incompetenza territoriale e che il Bueti è stato condannato unicamente per reati di cui
all’art. 73 DPR 309/90 [capi E) e FA. Tuttavia raccoglimento dei motivi a sostegno dei ricorsi
proposti dai suindicati imputati giova anche a Bueti e Ferrò in virtù dell’effetto estensivo
dell’impugnazione previsto dall’art. 587, comma 1, c.p.p., che opera di diritto come rimedio
straordinario nei confronti di tutti coloro che sono stati giudicati con la stessa sentenza soggetta ad
impugnazione, al fine di assicurare la par condicio degli imputati che si trovino in situazioni
identiche, rendendoli partecipi del beneficio conseguito dai coimputati non impugnanti. D’altra
parte tutti i ricorrenti (compreso il Bueti) erano originariamente imputati del reato associativo ed è
proprio in riferimento a tale reato che si pone la questione di competenza per territorio.
Per questi motivi
Dichiara inammissibile il ricorso di Cortellessa Franco, che condanna al pagamento delle spese
processuali e della somma di curo mille alla Cassa delle Ammende.
Annulla la sentenza implogegixissop#924t/ degli altri ricorrenti e rinvia petnuoyo giudiziead’altrasèíione della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Roma, 23-4-2013.

individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice
competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall’art. 9, colmai
secondo e terzo, cod. proc. pen.).

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