Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28251 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28251 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ET TAIR AZIZ N. IL 10/12/1982
AANIBA YASYN N. IL 16/08/1982
avverso la sentenza n. 977/2015 CORTE APPELLO di GENOVA, del
17/06/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/06/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. efo5tA.e , ‘Pc-1-212(4
che ha concluso per
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Udit per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 15/06/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Genova, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti, ET TAIR AZIZ e AANIBA YASYN, con sentenza del 17.6.2015, confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Genova, con condanna al pagamento delle spese processuali del grado.
Il GIP del Tribunale di Genova, all’esito di giudizio con rito abbreviato, dichiarava, ET TAIR AZIZ e AANIBA YASYN, colpevoli, del reato di cui agli artt. 110
cod. pen., 73 co. 1 DPR 309/90 per avere, in concorso tra loro e con la reciproca

ed introdotto nel territorio italiano al fine di cederne a terzi, complessivi Kg.
3,175 di sostanza stupefacente del tipo hashish occultata in involucri (ovuli dagli
stessi precedentemente ingeriti e successivamente evacuati e segnatamente n.
152 ovuli ingeriti da ET TAIR per gr. 1.516,80 netti e n. 166 ovuli ingeriti
dall’AANIBA pari a gr. 1.658,34 netti); in particolare gli uomini venivano fermati
presso il Porto di Genova a bordo dell’autovettura VW Golf tg. BY115MB, appena
sbarcata dalla motonave Majestic proveniente da Tangeri (Marocco Via Barcellona e trovati in possesso di quanto suindicato; dallo stupefacente in sequestro
(avente medesima composizione qualitativa e quantitativa, proveniente da un’unica partita) si potevano ricavare n. 24.898,8 dosi medie singole rispettivamente
n. 11.831 dosi per ET TAIR e n. 13.067 dosi per l’AANIBA; commesso ed accertato in Genova Porto il 25.9.2014.
Gli imputati venivano condannati alla pena, ridotta per il rito, di anni 3 di reclusione ed € 3.000,00 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere, con interdizione temporanea dai pubblici uffici, confisca di quanto in sequestro e distruzione dello stupefacente.

2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a
mezzo dei propri difensori di fiducia, ciascuno con proprio ricorso, deducendo i
motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
• ET TAIR AZIZ
a. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata, violazione dell’art. 606 e) cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata si limita a confermare la decisione di primo grado, dichiarando infondati i motivi di appello, senza operare
alcuna valutazione degli stessi, né fornire un’adeguata motivazione.
La sentenza utilizzerebbe soltanto formule di stile.
Sui motivi relativi al trattamento sanzionatorio ed alla concessione dei benefici, non verrebbe dato conto dei criteri di valutazione, né sarebbero elencate le

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consapevolezza dell’altrui condotta delittuosa, illecitamente detenuto, trasportato

condizioni soggettive degli imputati, a fronte della conferma della pesante condanna.
Nessun cenno vi sarebbe all’incensuratezza del ricorrente e all’assenza di carichi pendenti, senza dare atto dei criteri di valutazione, o degli elementi relativi
alle condizioni di vita come le scarse condizioni socio-economiche.
Il richiamo all’art. 133 cod. pen., pur astrattamente corretto, non fornirebbe
elementi di motivazione.
b. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza
cod. pen. e l’affermazione di responsabilità in relazione alla sostanza stupefacente trasportata da AANIBA YASYN.
Il ricorrente ripercorre i fatti del giudizio, evidenziando che ciascun imputato
aveva autonomamente e disgiuntamente scelto e posto in essere il trasporto di
una certa quantità di hashish.

I giudici di merito hanno ritenuto sussistente l’ipotesi di concorso dell’illecita
detenzione della complessiva quantità di stupefacente.
La difesa ha, invece, contestato la sussistenza del concorso, ritenendo che
ciascun imputato dovesse rispondere per la quantità trasportata personalmente,
sia in relazione all’origine della condotta illecita che alla particolarità del trasporto, tramite ingerimento di ovuli, in assenza, tra l’altro, di elementi che suggeriscano un diverso inquadramento.
La corte di appello avrebbe, invece, confermato il concorso in ragione della
condivisione del viaggio e della reciproca rassicurante presenza. Tali circostanze,
però, non valgono a costituire un rapporto di codetenzione, mancando il vincolo
dell’unícítà.
c. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. con riferimento
all’art. 133 cod. pen. nonché dell’art. 27 Cost., con particolare riferimento
all’eccessività della pena base, confermata nel giudizio d’appello.
Il ricorrente ribadisce la mancanza di motivazione sull’entità della condanna,
rilevando che non viene dato conto dell’incensuratezza in relazione al giudizio
sulla capacità a delinquere. Nessun accenno vi sarebbe sull’aspetto socio economico familiare. L’imputato aveva dichiarato di aver agito a causa della pressante
situazione economica, avendo perso il lavoro con una famiglia da mantenere e
privo di fonti di reddito. Il giudice, invece, si limita a delineare scenari di traffico
internazionale senza analizzare il carattere del reo, la sua capacità a delinquere,
il pericolo di reiterazione e via dicendo.
La pena base irrogata appare, alla luce dei criteri dell’art. 133 cod. pen., eccessiva sia che l’imputato debba rispondere della sostanza trasportata che
dell’intera quantità.
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o erronea applicazione della legge penale, con particolare riferimento all’art. 110

Pacifico sarebbe il ruolo strumentale di semplice corriere, dell’imputato,
svoltosi in un’unica occasione e per un breve arco di tempo.
Ci si duole che la pena base irrogata risulti eccessiva, vanificando la riduzione di un terzo operata, sul punto il ricorrente richiama l’orientamento espresso
dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di configurabilità dell’aggravante
dell’ingente quantità, secondo cui la stessa aggravante va esclusa per quantità di
stupefacente del tipo hashish inferiore a kg. 50.
Dal raffronto di tale quantità con quella di cui al caso di specie emergerebbe
d. Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. con riferimento
alla negazione della concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62
bis cod. pen.
Il ricorrente ritiene non condivisibile la motivazione resa dai giudici di merito
sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere concesse ricorrendone i requisiti soggettivi ed oggettivi.
L’imputato era incensurato, privo di carichi di pendenti, la condotta illecita
era stata determinata dalle difficili condizioni socio economiche familiari, il ruolo
ricoperto era marginale a fronte del rischio mortale in caso di rottura di un ovulo,
avrebbe, inoltre, reso dichiarazioni confessorie.
e. Mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale, in contrasto con l’art. 163 cod. pen.
Il ricorrente deduce di essere nelle condizioni soggettive per poter fruire del
beneficio in quanto non vi sarebbe motivo di dubitare che in futuro si asterrà da
ulteriori condotte criminose.
Del resto oltre alla condotta precedente al reato e alla strumentalità non più
reiterabile della specifica condotta, rileverebbe in tal senso la circostanza che
trovandosi da tempo agli arresti domiciliari, dopo un periodo di carcerazione, si
sarebbe attenuto scrupolosamente agli obblighi imposti dalla misura.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge.
• AANIBA YASYN

a. Mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione ex
art. 606 comma 1 lettera e) cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta responsabilità per la sostanza stupefacente detenuta dal coimputato.
Il ricorrente deduce l’illogicità e la carenza della motivazione sulla ritenuta
sussistenza di un reato concorsuale.
Infatti, la consapevolezza da parte dell’Aaniba che anche il coimputato trasportasse sostanza stupefacente non sarebbe sufficiente ad integrare il concorso

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l’eccessività della pena.

in assenza di elementi comprovanti un contributo agevolativo all’attività illecita
dell’altro soggetto.
Non sussisterebbero, né sarebbero stati indicati, dai giudici di merito, elementi a dimostrazione della condivisione della detenzione dell’intero quantitativo
sequestrato, non potendo dedurre tale indispensabile presupposto, dalla mera
circostanza di avere condiviso le fasi del viaggio.
La Corte di Appello, quindi, condividendo l’impostazione del Giudice di prime
cure, ha erroneamente ritenuto che l’Aaniba dovesse rispondere anche della decoimputato Et Tair.
h. Mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione ex
art. 606 comma 1 lettera e) cod. proc. pen. in relazione alla mancata riduzione
della pena ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente rileva che la corte distrettuale non avrebbe tenuto in considerazione la mera funzione di corriere svolta e i conseguenti vantaggi minimi tratti
dall’imputato, a fronte dei gravi rischi, sia in relazione alla mancata riduzione
della pena che al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Sul punto, in sede di appello, non sarebbe stata fornita adeguata valutazione a fronte di specifico motivo gravame.
Infine le conclusioni negative sul comportamento del ricorrente sarebbero
basate su mere congetture.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso sopra indicati sono tutti infondati e, pertanto, i proposti

ricorsi vanno rigettati.
2. Motivo comune ad entrambi i ricorsi è quello che attinge la motivazione
della sentenza impugnata in relazione al ritenuto concorso di ciascuno dei due
odierni ricorrenti nella detenzione dello stupefacente altrui.
Va chiarito che, come si evince ex actis dalla sentenza di primo grado e dalla
stessa intestazione della sentenza della Corte genovese, che gli esatti quantitativi di stupefacente rinvenutksono quelli indicati in imputazione e di cui si è dato
conto in premessa (152 ovuli ingeriti da Et Tair e 166 da Aaniba).
I diversi quantitativi indicati dalla Corte territoriale nel corpo della motivazione (55 e 73 ovuli) dipendono dall’erroneo riferimento che i giudici genovesi
hanno operato all’iniziale (e parziale) quantitativo di stupefacente ingerito ed
espulso dai due ricorrenti all’atto della convalida dell’arresto.

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tenzione e del trasporto della sostanza stupefacente materialmente detenuta dal

Orbene, va rilevato che i giudici di primo e secondo grado, con motivazioni
che legittimamente si completano e costituiscono un tutt’uno, hanno dato ampiamente conto della sussistenza del concorso di persone nel reato.
Ed invero depongono nel senso della consapevolezza dell’altrui detenzione
una pluralità di elementi, e, in primis, il fatto che si trattasse della medesima
partita di stupefacente, sostanzialmente divisa in due parti di peso analogo, e
che i due odierni ricorrenti avessero compiuto un lungo viaggio insieme per ap-

Come rileva il giudice di primo grado con motivazione logica e congrua, oltre
che corretta in punto di diritto -e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimità- il fatto che la sostanza stupefacente avesse la medesima composizione
qualitativa e quantitativa prova evidentemente che fosse proveniente da un’unica partita. Quanto alla tesi difensiva vertente sulla impossibilità di configurare,
per ciascun imputato, il concorso nella detenzione dello stupefacente materialmente trasportato nell’altrui tubo digerente, già il giudice di primo grado l’aveva
argomentatamente confutata, in maniera logica e congrua, valorizzando in senso
sfavorevole agli imputati il fatto che gli stessi avessero viaggiato insieme, occupando la medesima cabina sulla motonave Majestic, ed avessero utilizzato la
stessa autovettura a bordo della quale erano stati fermati. Posto poi che lo stupefacente risultava, come detto, provenire da un’unica partita, considerato che
era evidente, e, comunque, ammesso dagli imputati, che il viaggio intrapreso era
finalizzato a portare lo stupefacente nella città di Genova, ove lo avrebbero consegnato a terzi, logica appare la conclusione cui è pervenuto il giudice di prime
cure – e che la Corte territoriale ha avallato- che non potesse dubitarsi della reciproca conoscenza del fatto che entrambi detenessero lo stupefacente, che,
probabilmente, avevano ingurgitato all’interno della cabina durante il viaggio.
Coerente è anche l’affermazione che la compresenza dell’uno e dell’altro, in
un viaggio effettuato interamente insieme, abbia avuto un ruolo di rafforzamento
del proposito criminoso per l’altro detentore, in quanto, insieme, i soggetti hanno
condiviso la detenzione, tra l’altro indubbiamente pericolosa, rappresentando l’uno per l’altro una reciproca e rassicurante presenza.
Conferente appare in tal senso anche il richiamo al dictum di questa Corte di
legittimità secondo cui, in tema di concorso nella detenzione di sostanza stupefacente, è necessario e sufficiente, che taluno partecipi all’altrui attività criminosa
con la semplice volontà di adesione, che può manifestarsi in forme che agevolino
detta detenzione anche solo assicurando al concorrente una relativa sicurezza
8in tal senso sez. 6, n. 8389 del 29/04/1996, Santi ed altro, Rv. 205561 ove si è
affermato che risponde di concorso in detenzione di sostanza stupefacente colui
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provvigionarsene.

che, dopo aver trasportato il soggetto in un luogo determinato per acquistare
droga, ad acquisto avvenuto lo riconduce nel luogo di provenienza, offrendo così,
con il viaggio di ritorno, un consapevole ed apprezzabile contributo all’attività illecita del soggetto trasportato; conforme sez. 6, n. 2297 del 13/11/2013 dep.
2014, Paladini, Rv. 258244, relativa ad un caso di un soggetto che aveva trasportato a bordo della propria auto, fino al luogo concordato con i cedenti, la
persona individuata quale acquirente effettivo della droga oltre ad un pacco contenente il corrispettivo in danaro, ed aveva poi partecipato poi all’incontro con i
Può pertanto affermarsi il principio di diritto secondo cui, nel (purtroppo non
infrequente) caso di più soggetti che vengano sorpresi, insieme, all’esito di un
trasporto di stupefacente attraverso il sistema dell’occultamento in ovuli che
vengono poi ingeriti, le circostanze che per tipo e modalità di confezionamento
possa affermarsi che si tratta di stupefacente appartenente ad una medesima
“partita”, che il viaggio finalizzato all’acquisto e/o il successivo ritorno siano stati
effettuati insieme – per ciò che questo significa in termini anche di reciproco affidamento sull’intervento dell’altro nel caso (anche quello non infrequente) di possibili problemi di salute legati all’ingestione degli ovuli – sono elementi sufficienti
a provare la reciproca consapevolezza dell’altrui detenzione e, realizzando anche
un evidente rafforzamento nell’altrui proposito criminoso, a determinare la sussistenza del concorso di persone nel reato in relazione all’intera quantità dello stupefacente caduto in sequestro.
3. Infondati sono anche i motivi di doglianza che attengono al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla dosimetria della pena.
Il GUP genovese ha ritenuto non concedibili ai due odierni ricorrenti le attenuanti generiche, in quanto le dichiarazioni rese dall’Aaniba di avere trovato una
persona in Marocco di nome Omar che gli ha consegnato lo stupefacente e che
all’arrivo a Genova sarebbe stato contattato da altra persona, non possono essere ritenute tali da riconoscere un apprezzamento rilevante del comportamento
dell’imputato. Ciò in quanto – rilevava ancora il giudice di prime cure- se è vero
che non necessariamente il trasportatore di stupefacente è a conoscenza dei
nominativi precisi e degli indirizzi degli appartenenti all’organizzazione, certo,
l’assoluta genericità delle dichiarazioni, oltre a rendere le stesse del tutto ininfluenti, esclude che l’imputato abbia inteso effettivamente dichiarare tutto quanto a sua conoscenza. Le dichiarate condizioni di bisogno che avrebbero indotto
alla commissione del reato i due imputati sono state tenute in considerazione ai
fini della pena, ma si è argomentatamente ritenuto che non potessero costituire

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venditori).

una giustificazione del reato, né, ovviamente, in punto punibilità, e nemmeno
quale ipotesi di attenuazione del fatto.
Anche la Corte territoriale ha ritenuto, dal suo canto, che il comportamento
di entrambi gli imputati non è certo stato improntato a resipiscenza (e ha ribadito che le parziali ammissioni dell’Aaniba Yasin, lungi dal manifestare una volontà
di recidere in legami con le fonti di approvvigionamento, sono parse — per la loro “fumosità” e scarsa verosimiglianza — indirizzate a “confondere le acque”
piuttosto che a fornire seri contributi alle indagini, non essendo credibile che un
circa il destinatario della sostanza).
Anche il giudice di secondo grado, dunque, ha concluso che non vi fossero
elementi per riconoscere agli imputati le circostanze attenuanti generiche. E la
pronuncia appare inserirsi nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte
di legittimità secondo cui, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione
in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, come più volte
ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli
atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.
(così sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172, fattispecie in cui
la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con
esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al
suo negativo comportamento processuale).
4. Quanto al trattamento sanzionatorio la Corte territoriale, ha ritenuto che
la sanzione comminata a ciascuno dei due odierni ricorrenti in primo grado fosse
da confermare, ritenendola “rispondente ai criteri valutativi tutti indicati dall’art.
133 cod. pen.”.
Dal canto suo, il giudice di prime cure aveva argomentato specificamente in
punto di pena con riferimento alla personalità degli imputati, alle modalità della
condotta e anche dell’entità del fatto, ritenuto sicuramente grave nell’ambito della fattispecie.
Ed anche in questo caso la motivazione si palesa congrua, logica e corretta
in punto di diritto.
In proposito va ricordato che la determinazione della pena tra il minimo ed il
massimo edittale rientra, infatti, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed
è insindacabile nei casi, come quello che ci occupa, in cui sia sorretto da adeguata motivazione che dia conto degli elementi valutati preponderanti dal giudicante.
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“corriere” non disponga di riferimenti certi né per quanto riguarda il fornitore, né

La pena irrogata era evidentemente incompatibile con la concessione del
beneficio della sospensione condizionale della pena e, pertanto, si palesa incomprensibile il motivo di doglianza sul punto di Et Tair Aziz.

5. Al rigetto dei ricorsi consegue ex lege la condanna delle parti ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15 giugno 2016
Il

sigliere est nsore

Il Presidente

P.Q.M.

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