Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28249 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28249 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALTERI° BRUNO N. IL 12/08/1971
avverso l’ordinanza n. 4444/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 21/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/stettite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 11/06/2014

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 21.8.2013 il Tribunale di sorveglianza di Napoli rigettava l’appello
proposto da D’ALTERI° BRUNO avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di
Avellino del 20.5.2013, con il quale il predetto era stato dichiarato delinquente abituale ai sensi
dell’art.103 c.p., con applicazione della misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro per la
durata di anni due.
Il giudizio di pericolosità veniva desunto, oltre che dalle condanne riportate per delitti
commessi fino al 2008, dalla ordinanza cautelare del GIP del Tribunale di Napoli in data

203/1991; dal ruolo apicale assunto nel clan Pianese, dopo la morte nel 2006 di Pianese
Nicola; dalla ulteriore ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Napoli in data 11.1.2013 con
la quale il D’Alteri° era stato accusato non solo di reati di estorsione, ma anche del delitto di
omicidio.
Il Tribunale di sorveglianza riteneva che l’essere divenuto il D’Alteri° recentemente
collaboratore di giustizia non facesse venir meno il giudizio di pericolosità che derivava dalla
sualunga carriera criminale, tenuto anche conto del ruolo di capo che aveva assunto
nell’ambito del clan (denominato D’Alterio-Pianese) e dei numerosi e gravi reati commessi in
tempi recenti.
Il predetto risultava essere in stato di custodia cautelare per gravi reati. In base al
comportamento tenuto nel periodo di detenzione ed alla persistenza della condotta
collaborativa, potrà, secondo il Tribunale di sorveglianza, essere revocata anticipatamente la
misura di sicurezza, se saranno raccolti ulteriori elementi dimostrativi della cessata pericolosità
del D’Alteri°.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza non aveva considerato la copiosa documentazione prodotta dalla
difesa, dalla quale risultava che il D’Alteri° aveva completamente cambiato la propria vita,
rimettendosi nelle mani della giustizia e collaborando con la stessa.

4.6.2012 per reati di associazione per delinquere ed estorsioni aggravate dall’art.7 legge

La sua collaborazione era stata talmente ampia che aveva accusato di gravi reati non solo
componenti del clan, ma anche i suoi familiari, dando prova di aver reciso ogni contatto con
ambienti delinquenziali.
A causa delle sue dichiarazioni erano state condannate numerose persone e per reati da lui
commessi era stata già riconosciuta dall’autorità giudiziaria la speciale attenuante di cui all’art.
8 della legge 203/1991.
Non sussistevano, secondo il ricorrente, elementi concreti per ritenere il D’Alteri° ancora
pericoloso e la vita dello stesso sarebbe messa in pericolo se fosse ristretto in una casa di
lavoro.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il ricorso sono stati dedotti solo motivi di fatto che non possono essere presi in
considerazione in sede di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza ha desunto la pericolosità del D’Alteri° da elementi che non sono
contestati nei motivi di ricorso: precedenti penali per gravi reati; lunga militanza in un
sodalizio criminoso nel quale il predetto aveva assunto un ruolo apicale; pendenze giudiziarie
per gravi delitti come omicidio ed estorsione.
Il Tribunale di sorveglianza ha anche considerato che il ricorrente è divenuto recentemente

clan D’Alterio-Pianese e della gravità dei reati di recente commessi, nonché del breve periodo
in cui ha intrapreso la sua collaborazione con la giustizia, ha ritenuto che occorresse ancora un
periodo di osservazione per affermare che fosse cessata la pericolosità del soggetto.
Ha anche osservato che attualmente il D’Alteri° è detenuto per gravissimi reati in forza
dell’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli in data 11.1.2013, e quindi la misura di sicurezza
della casa di lavoro è sospesa, aggiungendo che detta misura potrà in seguito essere revocata,
se saranno raccolti ulteriori elementi dimostrativi della cessata pericolosità del ricorrente.
La suddetta motivazione rispetta i principi di diritto in base ai quali deve essere pronunciata la
dichiarazione di abitualità nel delitto e non presenta alcuna illogicità nel ritenere opportuno un
più congruo periodo di osservazione, prima di considerare cessata la spiccata pericolosità che il
D’Alteri° ha dimostrato commettendo gravi delitti per molti anni, fino ad epoca recente.
Il ricorrente non ha contestato la correttezza in diritto delle conclusioni a cui è giunto il
provvedimento impugnato, né ha denunciato vizi sotto il profilo logico nella motivazione dello
stesso, limitandosi ad affermare che, in base alla collaborazione prestata, il D’Alteri° non
poteva essere considerato ancora pericoloso.
Trattasi di una critica in fatto che non può essere apprezzata in sede di legittimità, in assenza
di denuncia di vizi logico giuridici nella motivazione dell’ordinanza impugnata.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella

collaboratore di giustizia, ma tenuto conto della posizione che aveva assunto nell’ambito del

proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 11 giugno 2014

DEPOSITATA

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