Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28242 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28242 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCARCELLA ROCCO N. IL 07/05/1975
avverso l’ordinanza n. 762/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 31/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
-letteientite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 28/05/2014

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2.8.2013 il Tribunale del riesame di Reggio
Calabria, adito a norma dell’art.309 cod.proc.pen., confermava la misura
cautelare della custodia in carcere disposta dal Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Scarcella
Rocco, indagato per i reati previsti dall’art.416 bis commi 1,3,4,5 e 6
cod.pen.per avere partecipato alla ‘ndrina denomina Ascone, e dall’art.12

del 1991( capi A e Dl della ordinanza custodiale).
Il Tribunale del riesame, dopo aver esposto gli elementi ritenuti
indicativi della sussistenza di una articolazione della ndrangheta
denominata cosca Ascone, confermava la sussistenza dei seguenti indizi
circa l’ appartenenza al sodalizio criminoso di Scarcella Rocco ( marito di
Ascone Sonia e genero di Ascone Antonio): partecipazione, unitamente
ad Ascone Antonio, Ascone Vincenzo, Ascone Rocco, Fiumara Carmela,
Fiumara Francesco e Bonarrigo Nicola , ad una associazione finalizzata al
traffico di stupefacenti, costituente l’attività principale della cosca
costituita tra i medesimi soggetti facenti parte dell’associazione
finalizzata al traffico di droga, circostanza da cui il giudice cautelare
traeva la conclusione che l’attività nel campo del narcotraffico svolta da
Scarcella era avvenuta in qualità di membro della cosca al fianco dei
medesimi promotori di questa, ovvero Ascone Antonio e figli; durante la
detenzione di Ascone Michele, il ricorrente si era occupato di gestire
l’autocarro del cognato in modo da evitare che venisse sequestrato; dal
contenuto di una intercettazione ambientale svoltasi all’interno della sala
colloqui del carcere risultava la partecipazione del ricorrente, unitamente
ad Ascone Salvatore, ad una riunione con gli esponenti di spicco della
cosca Pesce, finalizzata alla ricerca di una soluzione per appianare i
contrasti insorti tra le due ‘ndrine; intercettazione telefonica e
intercettazione ambientale di un colloquio in carcere del 16.11.2007, da
cui risultava che Scarcella si era adoperato per intestare fittiziamente
l’autocarro riconducibile ad Ascone Michele
all’evidente fine di eludere le misure

a tale Virgilio Claudio,

di prevenzione patrimoniali;

riteneva la sussistenza dell’aggravante prevista dall’art.7 legge n.203 del
1991 in quanto il settore dei trasporti costituiva una delle fonti di

quinquies legge 356 del 1992 aggravato ai sensi dell’art.7 legge n.203

finanziamento della cosca e l’attività di fittizia intestazione dell’autocarro
era diretta ad agevolare non il singolo proprietario in quanto tale, ma
l’intera cosca di appartenenza.
Avverso l’ordinanza il difensore propone ricorso per i seguenti
motivi: 1)nullità dell’ordinanza per mancata traduzione dell’imputato
all’udienza svoltasi davanti al Tribunale del riesame, poiché l’avviso
notificato all’imputato conteneva l’ordine di traduzione qualora llo stesso

ricorrente aveva dichiarato di voler presenziare all’udienza al fine di
chiarire la propria posizione; la regola secondo cui l’indagato detenuto in
luogo posto fuori dal circondario del Tribunale deve essere sentito dal
Magistrato di sorveglianza del luogo deve essere disattesa quando
l’indagato voglia interloquire per contestare le risultanze probatorie; 2)
violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt.416 bis
cod.pen. e 273 cod.proc.pen.: l’ordinanza gravata risulta del tutto priva
di base logica laddove riconosce la sussistenza di una associazione di
tipo mafioso riconducibile al modello legale di cui all’art.416 bis
cod.proc.pen., affidando le proprie conclusioni ad un pigra formula di stile
asseritamente confermativa della caratura mafiosa della famiglia Ascone
operante sul territorio di Rosarno; il Giudice delle indagini preliminari
prima, ed il Tribunale del riesame poi, giungono ad un’affermazione
apodittica circa l’inserimento dell’odierno indagato nella consorteria sulla
base di indizi del tutto indimostrati, e la pur copiosa e scrupolosa
indagine condotta dalla Procura non ha fatto emergere alcuna
consapevole partecipazione da parte di Scarcella alla presunta
associazione mafiosa; la valutazione del giudice reggino si è limitata ad
evidenziare la mera vicinanza di Scarcella ad ambienti mafiosi ed una
sorta di “disponibilità” del medesimo apoditticamente desunta dal dato
penalmente neutro del legame parentale; 3) violazione di legge e vizio
della motivazione in relazione agli artt.110 cod.pen. ,12 quinquies e 7
legge n.203 del 1991: la citata aggravante è stata ritenuta sulla base di
scarni elementi privi di consistenza indiziaria e quasi per automatismo,
per il semplice fatto che l’agente con la condotta posta in essere ha in
qualche modo agevolato una persona facente parte del sodalizio
criminoso, senza spiegare in che termini la condotta abbia superato il

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ne avesse fatto richiesta e al momento della notificazione dell’avviso il

rapporto interpersonale con il singolo mafioso e sia stata invece diretta
ad agevolare l’attività di questo sodalizio; 4) violazione di legge e vizio
della motivazione per carenza di motivazione in ordine alla persistenza
delle esigenze cautelari di massimo rigore.
Con successiva memoria insiste nei motivi di ricorso con particolare
riguardo alla preliminare eccezione di nullità della ordinanza in relazione
alla violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa per

affermati dalla Corte cost. con sentenza n.45 del 1991 da cui si desume
la nullità assoluta ed insanabile dell’udienza e del provvedimento
conclusivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve essere accolta, per le ragioni di seguito specificate,

la

preliminare eccezione di nullità dell’ordinanza per omessa traduzione
dell’indagato all’udienza camerale di riesame.
Vi è agli atti il provvedimento con il quale il Tribunale di Reggio
Calabria ha dato avviso all’indagato della data dell’udienza fissata per il
riesame, disponendo la traduzione dell’interessato (nonostante lo stesso
fosse detenuto al di fuori della circoscrizione del Tribunale del riesame)
qualora egli ne facesse espressa richiesta; dalla relata di notificazione
dell’avviso risulta che Scarcella Rocco ha avanzato espressa richiesta di
comparire personalmente all’udienza. Ciononostante, l’udienza davanti al
Tribunale del riesame di si è svolta senza che venisse disposta la
traduzione del ricorrente e senza che ne venisse disposta l’audizione da
parte del magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione, ai sensi
dell’art.127 comma 3 cod.proc.pen. richiamato dall’art.309 comma 8
cod.proc.pen.
Questo Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo
cui nel procedimento camerale di riesame (o di appello) avverso le
misure cautelari personali, la mancata traduzione in udienza dell’imputato
o dell’indagato che abbia fatto richiesta di presenziare alla sua
celebrazione, determina la nullità assoluta ed insanabile dell’udienza e del
provvedimento conclusivo ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen..
(Sez. 6, n. 44415 del 17/10/2013, Blam, Rv. 256689; conformi Sez. 2, n.

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omessa traduzione del ricorrente all’udienza, con richiamo ai principi

22959 del 16/05/2012, Dissegna, Rv. 253190; Sez. 6, n. 10319 del
22/01/2008, Di Benedetto, Rv. 239084).
Alla declaratoria di nullità dell’ordinanza di custodia cautelare non
consegue l’inefficacia della stessa, posto che la perdita di efficacia
dell’ordinanza cautelare a norma dell’art. 309 comma decimo
cod.proc.pen. si verifica nel solo caso in cui il Tribunale non provveda nel
termine stabilito, con esclusione dell’ipotesi in cui il provvedimento del

(Sez. U, n. 2 del 12/02/1993, Piccioni, Rv. 193414).
L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio al
Tribunale del riesame di Reggio Calabria perché provveda a nuova
deliberazione assicurando la rituale partecipazione del ricorrente al
procedimento nelle forme previste dagli artt.309 comma 8 e 127 comma
3 cod.proc.pen.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al
Tribunale del riesame di Reggio Calabria.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell’ istituto penitenziario, ai sensi dell’art.94
comma 1 ter norme att. cod.proc.pen.
Così deciso il 28.5.2014.

Tribunale, emesso tempestivamente, sia per qualche ragione annullabile.

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