Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28241 del 07/04/2016


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Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
Data Udienza: 07/04/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ierardo Marco, nato a Torino il 3/12/1983
avverso la ordinanza del 21/5/2015 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Vito D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 maggio 2015 il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Torino ha convalidato il decreto del Questore di Torino del 6
maggio 2015, notificato il 19 maggio 2015, con cui era stato vietato per otto
anni a Marco Ierardo di accedere agli stadi dove si disputino partite dei
campionati di calcio o della Nazionale Italiana e nei luoghi limitrofi ed imposto
allo stesso per cinque anni di presentarsi alla autorità di pubblica sicurezza in
concomitanza delle partite di calcio della squadra della Juventus.

NO

Penale Sent. Sez. 3 Num. 28241 Anno 2016

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il sottoposto mediante il suo
difensore, affidato a due motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173
disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione di legge penale per la
indebita retroattiva applicazione delle modifiche dell’art. 6 della I. 401/89, in
quanto il provvedimento del Questore di Torino si riferiva a fatti commessi tra il
dicembre 2011 ed il gennaio 2012, anteriori al provvedimento adottato nei
confronti del ricorrente dal Questore di Milano nel 2013, che dunque non poteva
determinare l’automatica ed obbligatoria applicazione dell’obbligo di

Ha inoltre lamentato la mancanza della motivazione della propria
pericolosità ed anche della necessità ed urgenza di provvedere, posto che i fatti
che avevano determinato l’emissione del provvedimento erano di tre anni
anteriori.
2.2. Con un secondo motivo ha denunciato violazione degli artt. 3, 4 e 13
Cost., per l’irragionevolezza della previsione della obbligatorietà dell’obbligo di
presentazione alla autorità di pubblica sicurezza in caso di precedenti divieti,
anche qualora tali divieti, come nella specie, non siano mai stati violati; per il
pregiudizio del diritto al lavoro derivante dal suddetto obbligo di presentazione;
per la mancata previsione della eccezionale urgenza, come richiesto dall’art. 13
Cost., per l’adozione dei suddetti provvedimenti limitativi della libertà personale.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta ha concluso per il
rigetto del ricorso, evidenziando la corretta applicazione dell’art. 6, comma 2, I.
401/89, come modificato dal d.l. 119/2013, convertito in I. 146/2014, rilevando
la emissione di un altro decreto del Questore in data anteriore al nuovo
provvedimento, anche se relativo a fatti antecedenti al primo, e la manifesta
infondatezza della questione di costituzionalità, rientrando nella discrezionalità
del legislatore, nella specie non irragionevolmente esercitata, la fissazione di
trattamenti sanzionatori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata
violazione di legge, per l’aver considerato il ricorrente recidivo (cioè destinatario
di un precedente provvedimento ai sensi della I. 401 del 1989) sulla base di un
provvedimento del Questore di Milano del 24 maggio 2013, anteriore alle
modifiche dell’art. 6 della I. 401 del 1989 introdotte dal d.l. 22 agosto 2014 n.

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presentazione alla autorità di pubblica sicurezza.

119, convertito dalla I. 146 del 2014, ed anche alle condotte poste a fondamento
del decreto del Questore di Torino del 6 maggio 2015, convalidato con
l’ordinanza impugnata, poste in essere tra il dicembre 2011 ed il gennaio 2012,
deve rilevarsi che il testo vigente dell’art. 6, comma 5, I. 401 del 1989, quale
risultante a seguito delle modifiche apportate dal d.l. 22 agosto 2014 n. 119
(secondo cui “Il divieto di cui al comma 1 e l’ulteriore prescrizione di cui al
comma 2 non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque
anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti
dell’autorita’ giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne
hanno giustificato l’emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1,

la durata non puo’ essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne
assumono la direzione. Nei confronti della persona gia’ destinataria del divieto di
cui al primo periodo e’ sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la
durata del nuovo divieto e della prescrizione non puo’ essere inferiore a cinque
anni e superiore a otto anni. La prescrizione di cui al comma 2 e’ comunque
applicata quando risulta, anche sulla base di documentazione videofotografica o
di altri elementi oggettivi, che l’interessato ha violato il divieto di cui al comma 1.
Nel caso di violazione del divieto di cui al periodo precedente, la durata dello
stesso puo’ essere aumentata fino a otto anni”) contempla la precedente
emissione di un altro provvedimento di divieto di accesso quale presupposto di
fatto da considerare al momento della emissione del nuovo provvedimento, con
la conseguenza che se, come nel caso in esame, al momento del compimento
della valutazione di pericolosità risulta sussistente detto presupposto di fatto,
dovranno considerarsi sussistenti le condizioni per la applicabilità dei diversi
termini di durata del divieto e dell’obbligo di presentazione, quali previsti dal
testo vigente dell’art. 6, comma 5, I. 401 del 1989.
Non si tratta, evidentemente, della applicazione retroattiva di una norma
incriminatrice, stante la natura di misure di sicurezza dei provvedimenti del
Questore convalidati dal giudice, ma della verifica, al momento del compimento
del giudizio di pericolosità, dei presupposti a tale momento stabiliti dalla legge
per compiere tale giudizio e determinare la conseguente durata delle misure,
irrilevante rimanendo la anteriorità alla nuova disciplina dei fatti che hanno
determinato il compimento del giudizio di pericolosità, all’esito del quale è stato
emesso il provvedimento del Questore della cui convalida si discute, in ragione
della ricordata natura di misure di sicurezza dei divieti ed obblighi della cui
convalida si discute.
Quanto alla mancanza delle ragioni di urgenza, occorre ricordare che la
giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la motivazione su tale punto si
impone nei soli casi in cui il provvedimento abbia avuto esecuzione prima
dell’intervento del giudice, in relazione a competizioni tenutesi nel breve lasso di

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tempo intercorrente tra la notificazione del provvedimento e la convalida
giudiziaria.
Si altresì aggiunto che il requisito dell’urgenza deve essere considerato non
già con riferimento agli episodi che hanno determinato la necessità della misura,
ma all’attualità o alla prossimità temporale di competizioni sportive (Sez. 3, n.
33532 del 1 settembre 2009) e che è sul ricorrente che incombe l’onere di
dimostrare che il provvedimento ha avuto concreta esecuzione prima
dell’intervento del giudice provando, così, il proprio interesse al ricorso (Sez. 3,
22256/08, cit.).

escludersi anche sotto questo profilo la sussistenza della violazione di legge
denunciata dal ricorrente.

2. Il secondo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione di
legge con riferimento agli artt. 3, 4 e 13 Cost. e proposta questione di
costituzionalità dell’art. 4, comma 8, d.l. 119/2014 e, in subordine, dell’art. 6,
comma 5 e 8, I. 401/89, risulta manifestamente infondato, rientrando nella
discrezionalità del legislatore la determinazione della durata minima dei divieti e
degli obblighi conseguenti alla commissione di episodi di violenza in occasione o
nel corso di manifestazioni sportive da parte di soggetti già in precedenza
sottoposti ad analoghi provvedimenti, e non ravvisandosi contraddittorietà od
illogicità di tale disciplina rispetto a quella generale stabilita per la
determinazione della durata delle misure di prevenzione, in considerazione della
diversità di ambiti, presupposti e conseguenze delle misure applicate ai sensi
della I. 401 del 1989.
Neppure sembra ravvisabile alcuna violazione dell’art. 4 Cost., non avendo il
ricorrente prospettato in quale modo l’imposizione dei divieti e degli obblighi
oggetto del provvedimento del Questore possano incidere sulla sua attività
lavorativa di allenatore della squadra di calcio Borgata Parella, pregiudicandola
od impedendone il pieno e corretto svolgimento, essendosi limitato ad affermare
di svolgere attività lavorativa, senza precisarne oggetto e contenuto, con la
conseguente manifesta infondatezza della censura ed anche delle questioni di
legittimità prospettate.

In conclusione il ricorso deve essere respinto ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.

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Poiché ciò non è stato, nel caso di specie, neppure prospettato, deve

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 7/4/2016

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