Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28239 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28239 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FEMIA VINCENZO N. IL 11/09/1972
avverso l’ordinanza n. 1040/2013 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
12/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
t:n/sentite le conclusioni del PG Dott. 3 Q. ec”, CeoL.0,1Ae ezé kAsi-

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/05/2014

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21.5.2013 il Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Torino rigettava la richiesta di revoca della misura cautelare
della custodia in carcere applicata con ordinanza del 11.3.2013 nei
confronti di Femia Vincenzo, imputato di concorso, unitamente a
Agostoni Gino, dei reati di ricettazione, detenzione illegale di una
rivoltella cal.38 special marca Smith Wesson con matricola abrasa,

Beretta cal.7,65 con colpo in canna, armi detenuto all’interno della baita
in cui Femia trascorreva la latitanza dichiarata in relazione ad altro
provvedimento restrittivo emesso nell’ambito del procedimento
(denominato “Minotauro”) relativo ai delitti di delitti di associazione
mafiosa ed altro; imputato in via esclusiva del reato di cui all’art.497 bis
cod.pen. perché veniva trovato in possesso di una carta di identità falsa
valida per l’espatrio, recante la sua effige e le generalità di Restagno
Salvatore. Con le aggravanti di aver commesso il fatto al fine di favorire
l’associazione mafiosa denominata ndrangheta e di aver commesso il
fatto nel periodo in cui era latitante. In Chianocchio il 8.3.2013.
Con ordinanza del 12.7.2013 la Corte di appello di Torino rigettava
l’appello proposto da Femia Vincenzo avverso l’ordinanza del Giudice
delle indagini preliminari del Tribunale.
Il giudice di appello confermava il giudizio di inattendibilità delle
sopravvenute dichiarazioni rese da Agostoni, indagato anche per il reato
di favoreggiamento personale nei confronti di Femia, che si era attribuita
la esclusiva responsabilità per la detenzione delle pistole; riteneva la non
decisività delle dichiarazioni rese dalla cittadina moldava Aurica, la quale
affermava di non aver reperito armi mentre svolgeva i lavori domestici
presso la baita occupata da Femia, sia perché i rapporti intrattenuti dalla
donna con Femia erano di natura indimostrata, sia perché la dichiarante
aveva riferito che Femia le stava continuamente vicino, rendendo così
impossibile che ella potesse casualmente rinvenire le armi.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello il difensore propone ricorso
per cassazione formulando le seguenti censure: non sono condivisibile ma
appaiono manifestamente contraddittorie ed illogiche le osservazioni
dell’ordinanza impugnata nella parte in cui non ha valutato il periodo

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nonché di detenzione illegale di una pistola semiautomatica marca

assolutamente ristretto (due o tre settimane) il cui Femia è rimasto
latitante presso la baita in cui vennero rinvenute le armi; le dichiarazioni
di Aurica dovevano trovare una differente interpretazione, poiché il
semplice rapporto di cordialità instaurato da Femia con la donna non
poteva escludere la portata probatoria delle dichiarazioni rese dalla
stessa; errore interpretativo nella parte in cui l’ordinanza ha giustificato
l’emissione della misura cautelare e la contestazione dell’aggravante

(denominato Minotauro) del reato di partecipazione al delitto di cui
all’art.416 bis cod.pen., imputazione invece non elevata a carico del
ricorrente; richiama la pronuncia della Corte cost. n.57 del 29 marzo
2013 in materia di esigenze cautelari nei riguardi di soggetti ai quali è
contestata l’aggravante della agevolazione mafiosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta
carenza di interesse. Dalla posizione giuridica del ricorrente acquisita
presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria risulta che in
relazione al procedimento penale in oggetto il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Torino con sentenza del 4.12.2013 ha
condannato il ricorrente alla pena di anni 1, mesi 10 di reclusione ed euro
700 di multa, dichiarando cessata la misura cautelare in corso e
disponendo la scarcerazione del ricorrente.
Nulla sulle spese.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di
interesse.
Così deciso il 28.5.2014.

dell’agevolazione mafiosa con la ritenuta imputazione nell’altro processo

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